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Batman V Superman: ma quindi, questa Wonder Woman, com’è?
Dark Light

Batman V Superman: ma quindi, questa Wonder Woman, com’è?

Devo ammetterlo: dopo essermi dilettato con Supergirl e Jessica Jones sto cominciando a prendere seriamente il mio ruolo di “osservatore” dello scenario supereroistico femminile negli adattamenti live action.

È con questa predisposizione d’animo che mi sono fiondato al cinema per vedere Batman v Superman: Dawn Of Justice, pellicola che oltre a mettere in scena il primo incontro “filmico” dei due storici supereroi ospita anche il primo adattamento cinematografico del personaggio di Wonder Woman, finora apparsa “in carne ed ossa” soltanto nella celebre serie televisiva degli anni settanta con Lynda Carter.

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Ma quindi, questa Wonder Woman, com’è?

Ma quanta impazienza! Prima contestualizziamo il personaggio.

Dietro l’identità di Wonder Woman si cela Diana Prince, Amazzone guerriera dalla forza sovrumana e principessa di Themyscira, isola fittizia dell’universo DC Comics a conduzione fieramente matriarcale.
Ispirata – secondo la professoressa di Harvard Jill Lepore – alla figura di Margaret Sanger, una delle fondatrici del movimento sul controllo delle nascite, Wonder Woman viene creata nel 1941, poco prima dell’intervento statunitense nella Seconda Guerra Mondiale: come scrive Paul Levitz, quando i giovani americani vengono strappati ai loro lavori quotidiani per andare al fronte, le donne si vedono inevitabilmente costrette a sostituire la manodopera maschile, diventando così sempre più parte attiva della società civile.

A creare il personaggio femminile più celebre della DC Comics è un uomo, William Moulton Marston. E prima che pensiate, esercitando un lecito pregiudizio, che si tratti dell’ennesima primitiva trovata di un maschio nerd ed etero di dare in pasto ai propri acerbi lettori la classica eroina ipersessualizzata e ammiccante per vendere più copie, sappiate che Marston era un luminare esperto di psicologia dei comportamenti sociali, nonché attivista espressamente a favore della lotta per l’estensione del diritto di voto alle donne. Uno a cui va attribuita l’invenzione di una delle prime macchine della verità, per intenderci, non certo uno sprovveduto. Wonder Woman è di fatto una sintesi fra la passione del suo autore per la mitologia, le donne e i suoi studi su dominio e sottomissione come ruoli sociali. Quindi, se ve lo stavate chiedendo da tempo, sì, il famigerato “lasso della verità” (toh) di Wonder Woman è una non troppo camuffata allusione al bondage, che creerà a Marston non pochi problemi con la censura; se volete approfondire la questione e se soprattutto amate il fumetto americano è in questo senso imprescindibile la lettura del romanzo premio Pulitzer “Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay”: nelle origini del character di Luna Moth troverete molti riferimenti alla vera genesi produttiva di Wonder Woman.

Ma quindi, questa Wonder Woman, com’è?

Un momento, fatemi finire la storia!

Nel corso delle decadi Wonder Woman subisce numerose riletture, passando per il periodo “buio” degli anni Cinquanta (durante il quale viene ridotta a caricatura dallo sceneggiatore Robert Kanigher, apertamente avverso ai movimenti femministi), affrontando anche interi cicli editoriali in abiti “civili” e non da supereroina, fino a godere di nuova linfa vitale fra gli anni ‘60 e ‘70 quando assurge a icona della seconda ondata del Femminismo grazie, fra le altre cose, alla scelta del magazine liberal Ms. che inaugura il suo primo numero mettendo il personaggio in copertina.
Il fortunato telefilm che partirà di lì a poco non farà che consolidare Wonder Woman nell’immaginario collettivo, conferendole la stessa popolarità dei suoi “colleghi” uomini.

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Sì, ma quindi, questa Wonder Woman, com’è?

Beh, va intanto precisato che prima di questa nuova trasposizione erano stati fatti altri tentativi di riportare in auge il personaggio sullo schermo, fra cui ha senso menzionare un episodio pilota commissionato dalla NBC e mai andato in onda – a sentire i rumours di chi l’avrebbe visto si direbbe “per fortuna” – e il film abortito sulla Justice League diretto da George Miller, che avrebbe avuto nei panni dell’Amazzone una certa Megan Gale. Ok, prima che sghignazziate, vi ricordo che George Miller è lo stesso che ha diretto quella satira sul patriarcato che è Mad Max: Fury Road, in cui l’attrice e modella australiana fa una figura dignitosissima, alla faccia del ruolo oggettivizzato affidatole in precedenza da una certa compagnia telefonica.

Ho capito, ma quindi, questa Wonder Woman, com’è?

No, aspettate, lasciate lì un attimo Wonder Woman, questa ve la devo raccontare che è proprio buffa: dopo il cinema io e la mia ragazza avevamo fame, quindi abbiamo ordinato due piadine. Io volevo stare leggero e ne ho preso una con le verdure, lei una col crudo. Dopo averle preparate, il ragazzo del locale ce le porta rifilando con fare risoluto a me quella col crudo e porgendo quella con le verdure alla mia ragazza. Avrà forse pensato che mangiare una piadina vegetariana sia da donnette, mentre che i veri uomini preferiscono il prosciutto? Non ci è dato saperlo, ma perlomeno questa volta io e la mia ragazza abbiamo provveduto a sovvertire lo stereotipo che albergava nella testa di quel giovane solerte.

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Ma insomma! Questa Wonder Woman, com’è?

Ah già, intendete il personaggio che compare in Batman v Superman, vero?
Ma che vi devo dire. Non lo so. Davvero.

Nel senso che il film è una ciofeca indifendibile, se lo si giudica da un punto di vista strettamente cinematografico. E, nel disastro completo di scrittura che funesta l’opera, Wonder Woman non è altro che uno dei tanti – troppi – personaggi che affollano la storia, una figurina monodimensionale dal minutaggio esiguo e senza peso specifico. Ma non per sessismo, sia chiaro, quanto per l’evidente inconsistenza di tutto il film. A un certo punto compare, fa cose eroiche standard, fine. Pertanto, il mio giudizio è necessariamente rimandato al suo esordio “in solitaria”, previsto per il 2017. Posso solo dire che il costume design mi è piaciuto: una buona commistione fra fedeltà al fumetto, suggestioni mitologiche (ricorda in effetti un’armatura greca) e plausibilità in live action (con l’inevitabile desaturazione di quei colori primari che su carta connotano i buoni).

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Mi lasciano un filo perplesso quegli assoli di chitarra alla Def Leppard che ne accompagnano l’entrata in scena. E se siete fra quelli che imputano a Gal Gadot di non essere abbastanza giunonica per interpretare la parte, o non avete capito bene il senso del personaggio o non vi siete letti con attenzione questo articolo. Guardando altrove agli altri ruoli femminili del film, Lois Lane fa esattamente Lois Lane – che più che uno stereotipo è proprio l’ARCHETIPO della donzella in perenne pericolo salvata dal suo eroe – e in generale ho capito che [MEZZO SPOILER] Batman e Superman si sciolgono se nomini le loro mamme – manco fossero italiani (sì sì, lo so, stereotipo).

Altro non saprei proprio dirvi. Ah, sì, ecco: ignorate il film e approfittatene per farvi in casa una bella piada con le verdurine. In mezzo ci mettete anche una foglia di basilico, ed è fatta.

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