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Intervista a Massimo e Silvia di FtM Italia
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Intervista a Massimo e Silvia di FtM Italia

Ho avuto la fantastica occasione di intervistare una coppia di due attivisti, Massimo e Silvia, parte di FtM Italia, community italiana formata principalmente da ragazzi trans* e allies. Ho posto loro alcune domande, per saperne un po’ di più sulla loro comunità nello specifico e per parlare di questioni legate al mondo transgender più in generale, nella speranza di riuscire a portare sempre più alla luce questa realtà.

Benvenuti su Bossy! Quando e com’è nato FtM italia?

SILVIA: Quando Jacopo ha deciso che doveva smettere di abboffarsi di Mogu Mogu rosa e comprare camicie a quadri e ha deciso di dare una svolta alla sua vita andandosene a Roma a studiare infermeria.  E’ riuscito in tutto, tranne che a farsi passare la compulsione a comprare camicie a quadri. No, sto giocando. Anche se a questa domanda preferisco far rispondere più Massimo di me, il canale YouTube da cui è partito tutto esiste dal dicembre 2011, perché Jacopo, dopo un’adolescenza passata a guardare video di ragazzi FtM stranieri che raccontavano la loro esperienza, si è detto che per colmare il silenzio sull’argomento in Italia da qualche parte bisognava cominciare. Mettersi davanti a una telecamera e portare la propria testimonianza, per dimostrare che esiste un’altra maniera di vivere la vita quando si è transgender, ed è più umana, intima, affettiva, facilmente riconoscibile come quella di una persona “qualunque” rispetto a quello che i media vogliono farci credere. Subito dopo Massimo e Christopher si sono aggiunti a fargli compagnia, e poi a poco a poco Andrea (Red), Fede e altri ragazzi che hanno lasciato un’impronta anche se se ne sono andati.Una volta partito il progetto ha avuto più successo di quello che i ragazzi speravano, e quindi è stata un po’ una reazione a catena per approfondire alcune tematiche. Nel 2014 Massimo ha aperto il blog e ha cercato dei collaboratori, ed è stato così che oltre ad essere la sua ragazza ho cominciato a scrivere della realtà transgender per i ragazzi che ci seguono!

MASSIMO: Alla fine del 2011, dalla mente di Jacopo. All’inizio eravamo 7 persone, col tempo (ormai 5 anni) come succede anche nei migliori gruppi di lavoro alcuni se ne vanno e altri restano.. e a volte ritornano. Ora siamo noi cinque più Silvia, e da questa collaborazione sono nate anche delle belle amicizie che vanno oltre l’essere anche “colleghi” in questa avventura. Posso dire che FtM Italia è nato per l’esigenza di fare informazione e impedire che altri ragazzi si sentissero soli, confusi e spaventati dal vuoto attorno alla tematica, dato che noi per primi abbiamo fatto fatica a trovarla non volevamo che fosse difficile anche per altri.

L’idea del blog è nata dopo anni che avevo aperto la pagina Facebook di FtM Italia, per contenere la portata delle domande relative alla transessualità FtM e nella speranza di approfondire un po’ di cose, e quasi insieme al mio fidanzamento con Silvia! Grazie a lei ho riscoperto la scrittura e questo per me è stato fondamentale. Ammetto che non sono quello più bravo a fare video, con la scrittura riesco ad esprimermi, ed arrivare di più alle persone.

Quali sono le tematiche trattate che vi stanno più a cuore?

SILVIA:  Quelle che fanno comprendere a chiunque che, se andiamo a scavare oltre ogni etichetta, stereotipo e preconcetto, un ragazzo FtM (e in generale una persona transgender è una persona quanto chiunque altr*. Quindi quelli relativi alla scoperta di sé, alla propria identità, al dover scendere a patti con una società talvolta non inclusiva, la famiglia, le amicizie, il coming out, il bullismo, le faide interne al movimento transgender, innamorarsi, avere un percorso di transizione che non sia soltanto fisico. Ecco uno degli scopi fondamentali per cui FtM Italia/Voloversolavita2012 è nato: fare informazione ad ampio raggio sulla transessualità FtM, spiegare che esiste una componente umana spesso dimenticata nei discorsi dei media.
MASSIMO: Credo quelle più umane di tutte e per un mondo più pacifico, anche senza dimenticare un po’ di provocazioni. Cito un commento che mi è stato scritto sulla pagina: “Questa è FtM Italia, non Volemosebbeneh Italia”.

Perché c’è bisogno di attivismo e visibilità?  Le cose stanno cambiando, a vostro giudizio, il paese si sta un po’ evolvendo? 

SILVIA: Dal 2011 a oggi, sicuramente la comunità transgender ha ottenuto più visibilità, nel senso che adesso finalmente se ne parla. Abbiamo potuto avere Vite Divergenti, Transparent su Real Time, dibattiti in televisione (anche nel mondo della rete, da sempre più liberale, ci sono molti più articoli sull’argomento pure su testate molto famose!), e adesso abbiamo avuto anche il primo numero del 2017 del National Geographic su identità e ruoli di genere intervistando ragazzini transgender di 8 Paesi del globo! Però naturalmente c’è sempre una reazione di paura, ignoranza e di rifiuto, a partire dalla censura spaziando per la bufala della teoria gender fino ad arrivare alle aggressioni e i linciaggi verbali e purtroppo anche non verbali. Come attivisti, ce ne accorgiamo anche noi, a giudicare dall’ondata di troll in più che abbiamo avuto anno dopo anno, persone che correvano a dare dei “malati” a chi non conoscevano e se ne uscivano con assurde teorie del complotto. Anche nelle associazioni LGBT finalmente si comincia a parlare di istanze e diritti transgender assieme a quelli della comunità omosessuale. Ma qualche volta vengono sbandierati solo quando fa comodo e poi messi in secondo piano.
MASSIMO: Per come la vedo io c’è bisogno di Attivismo con la A maiuscola, non quello usato solo come mezzo per avere visibilità illimitata (che per alcuni combacia con popolarità), ma quello di chi si espone in prima persona dando il buon esempio. Le cose sicuramente stanno cambiando. In bene? In male? Direi un misto di tutte e due, ma l’Italia rimane la prima in Europa per reati a sfondo transfobico assieme alla Turchia. E direi che non è un caso che abbiamo avuto più visibilità (perché chiariamoci, ce la siamo presi da sol*) dopo il gran parlare che si è fatto (giustamente) sulle unioni civili. Quello che mi domanderei io come persona comune sarebbe: “Ma prima di allora le persone (e i diritti delle persone) T dove stavano?!” Siamo sempre esistite, ma i nostri problemi potevano attendere, per la maggior parte delle associazioni LGBTQIA+ sul territorio nazionale e non, anche perché la transessualità continua a fare più scandalo dell’omosessualità, per le persone ignoranti, ed ecco anche spuntare le bufale sulla teoria gender.  Vorrei continuare a scrivere ma rischio di essere prolisso, quindi posso dire che si, adesso tocca a noi persone transgender crescere e metterci la faccia per i nostri diritti, sembra che questo stia succedendo anche grazie ad Attivisti capaci e preparati.

Qual è la realtà quotidiana di una persona trans, in Italia?

SILVIA: Premesso che ogni percorso di vita è unico e irripetibile, diciamo che il comune denominatore per una persona transgender italiana è doversi destreggiare tra una giungla di definizioni (soprattutto straniere; i ragazzi più informati sono quelli che durante la crescita sono stati a contatto col mondo di Internet, YouTube, Tumblr, i blog anglosassoni) e un retroterra culturale non molto preparato, senza sapere magari che anche nella cultura italiana ci sono esempi di identità gender non conforming da secoli (tipo la realtà dei femminielli napoletana). E’ tutto un fatto di cultura, di accettare il mondo oltre la porta di casa e contemporaneamente provare a integrarlo con ciò che si è sempre vissuto nella propria vita di tutti i giorni e a cui non si vuole rinunciare. Ma chiaramente il proprio percorso personale di presa di consapevolezza, accettazione di sé, non sempre va di pari passo con quello della società, ed è per questo che molte persone fanno i conti con reazioni di rifiuto, disgusto, violenza. Ecco perché è importantissimo fare rete e avere una comunità in cui provare senso di appartenenza, comprendere che anche se siamo tutti unici c’è chi sta attraversando le stesse cose da una prospettiva simile, e ha persone accanto che anche se non fossero transgender hanno la cultura e l’empatia necessaria per affrontare luoghi comuni e preconcetti a testa alta.
MASSIMO: Quella di qualsiasi persona che vive una difficoltà, che sia motoria o linguistica, etnica o di genere. Sicuramente non siamo dei privilegiati, e siamo una minoranza che fa parecchia paura ai bigotti. Ma va detto che anche all’interno della T c’è chi se la passa meglio e chi peggio, e un esempio è sul sessismo e sulla trans-misoginia. Un ragazzo FtM (da femmina a maschio) ha sicuramente meno problemi di una donna MTF (da maschio a femmina) che purtroppo ogni mattina deve misurarsi con un pregiudizio più pesante del nostro, ma che negli ultimi anni sta lentamente diminuendo, li dove l’unica scelta era la prostituzione obbligata ora molte donne MtF (chi grazie a risorse esterne e a modelli da seguire, chi grazie a se stessa) hanno un impiego che non è di sicuro il marciapiede.  Per il resto ritorno a dire che la vita in Italia non è più facile di quella di altre minoranze.

Quali sono le discriminazioni più frequenti / stereotipi comuni  che vivete sia singolarmente che in quanto coppia?

SILVIA: Nel mio caso, parlo da partner di un ragazzo FtM.  Per fortuna siamo circondati da persone tolleranti e/o sensibili, ma vivo assieme al mio ragazzo le microaggressioni ignoranti che lo colpiscono (ad esempio, adesso che ha i documenti difformi, non poter prenotare una camera in albergo senza trovarsi di fronte sguardi allucinati, domande offensive e mancanza di rispetto per la privacy), ma le gestiamo bene. A me al limite dà solo un po’ fastidio quando, sia all’esterno sia all’interno del mondo LGBTQIA+, mi si chiede come faccio ad essere informata sull’argomento/prendermelo tanto a cuore essendo eterosessuale e cissessuale, o quando mi si chiede come mai sono innamorata di Massimo “nonostante la mia eterosessualità”. Ma visto che io amo gli uomini, non strettamente i maschi, il problema per me non esiste.

MASSIMO: Per nostra fortuna non subiamo discriminazioni irreparabili, le mie sono quelle di qualunque altro ragazzo FtM che si muove in una società non sempre pronta ad accettare. Ma uno stereotipo purtroppo ci è stato affibbiato come coppia. Alcune persone erano/sono convinti che Silvia sia lesbica perché sta con me, quando invece Silvia è eterosessuale.

Cos’è per voi il femminismo? Vi definite femministi?

SILVIA: Per me è uno dei movimenti che hanno plasmato di più la mia vita fin da quando ero ragazzina e neppure ero consapevole di cosa questa parola significasse, allineato con i miei valori, e nel rispetto di ogni donna, uomo, persona queer come essere umano, appunto. Mi definisco femminista con orgoglio perché vorrei che le persone capissero che i diritti delle donne, la parità di genere, non solo non sono un appannaggio esclusivo delle donne, ma danno benefici a chiunque, perché è una delle tante facce della lotta contro ogni discriminazione. C’è da dire che la comunità transgender secondo me ne giova parecchio quando la parità di genere fa passi avanti, anche la comunità FtM, che purtroppo è molto fallocentrica anche quando non c’è un maschilismo epidemico.

MASSIMO: Non mi definisco femminista, perché per ritenermi tale dovrei saperne moltissimo del movimento e farlo mio. Ma se lo prendo come una lotta per la parità di genere, ci credo.

Il DSM 5 toglie il “disturbo” di identità di genere e sostituisce invece con “disforia di genere”. Che ne pensate?

SILVIA: Senza dubbio parlare di “disforia” anziché “disturbo” aiuta a togliere un po’ di stigma attorno alla parola transgender, ma c’è da dire che non tutt* sperimentano la disforia di genere, e anche tra chi ce l’ha i livelli di profondità del malessere variano da individuo a individuo. Forse ai fini del percorso di transizione (per i transgender in terapia ormonale che vogliono intraprenderlo) comunque parlare di disforia serve, o altrimenti non avrebbero una diagnosi per cominciare, e in Paesi dove gli interventi chirurgici non sono coperti dallo Stato passerebbero per interventi di chirurgia estetica a spese della persona. Credo però che listarlo tra le patologie legate al fisico anziché alla mente (come nel caso dell’intersessualità), possibilità di cui si discuteva ai tempi del DSM-IV, sarebbe stata una buona soluzione. Avrebbe aiutato a comprendere come mai è l’unica “malattia” che viene curata assecondandola; perché per riallineare il corpo con lo spirito, per permettere a ogni persona transgender di esprimere il proprio genere d’elezione nella maniera che preferisce e che sente propria, è necessario, qualche volta, fare l’iter legale, burocratico, psicologico e chirurgico con conseguente rettifica anagrafica del nome.

(Massimo è d’accordo; fa notare quanto possa essere un’arma a doppio taglio in quanto non si saprebbe se permetterebbe le tutele – economiche e non – di una “malattia”)

Quanto è importante/necessario “passare” all’interno della comunità trans*, a livello personale e a livello sociale? Ci sono delle discriminazioni all’interno della comunità trans* riguardanti chi non passa o decide di non voler necessariamente passare?

SILVIA: Qui rischiamo di sollevare un polverone! Sì, come devi aver intuito, è un argomento scottante, con tanto di video interi su come passare meglio e sfottò e insulti per chi non ci riesce, e invidia profonda per chi ci riesce anche in pre-T (prima di cominciare anche solo la terapia ormonale sostitutiva)! Secondo me il concetto di fondo di “passare da uomo/donna” è sbagliato, suggerisce un inganno. Ma una persona transgender che si presenta direttamente per com’è non sta ingannando nessun*, anzi, sta smettendo di ingannare se stessa e chi la circonda. Credo che si dovrebbe dire “passo da cisgender” anziché “da uomo/donna”. Comunque ho la fortuna di essere collega del mio ragazzo e dei suoi amici, che non si sono mai permessi di deridere chi non ci riesce bene quanto loro. Chiaramente a un livello sociale “passare” dà i suoi vantaggi, finché non bisogna tirare fuori i documenti difformi. Nel caso di una coppia etero, come me e Massimo, da quando lui ha un aspetto molto più maschile non veniamo fissati, segnati a dito quando ci teniamo per mano o baciamo per strada, ed è uno degli esempi più banali. La banalità dell’essere una coppia vista come “normale” in un mondo omo/bi/transfobico. Ogni tanto potersi mimetizzare tra la folla, anche singolarmente, dà un sollievo enorme.
MASSIMO: Passare o non passare, questo è il dilemma (con tutti i suoi risvolti ideologici dietro)! All’interno della comunità trans ci sono discriminazioni per qualsiasi cosa, e anche moltissimi stereotipi per essere accolti dalla maggior parte dei ragazzi. Una persona che esce dal tracciato del ragazzo FtM “modello” (che per molti è la fotocopia di un uomo etero, cissessuale e sessista) allora sicuramente verrà discriminato da qualcuno, è inevitabile.  Un consiglio a chi si sta avvicinando a questo microcosmo: “Non pensate di aver trovato un’oasi di unicorni rosa in un Eden queer”, esattamente come in ogni ambiente che incontrerete nella vita troverete persone da evitare.

Ci sono altri tipi di discriminazioni, all’interno della comunità LGB? Se ci sono, secondo voi perché?

SILVIA: Come attivisti, non sempre abbiamo incontrato rispetto, volontà di comprendersi e di militare insieme da parte della comunità LGB, e purtroppo la nostra esperienza è parecchio condivisa. Si può capire perché ogni movimento ha una gerarchia interna e dà “priorità” alle istanze di chi è più in alto/ha più visibilità/è una categoria più “comoda” da mostrare alla maggioranza eterosessuale e cissessuale perché fa meno scandalo. E poi perché ci sono ancora moltissimi pregiudizi su chi è transgender, come ad esempio, che siano omosessuali repressi che cambiano sesso per avere la vita più facile in un mondo omofobo (dimenticando l’esistenza di transgender gay, lesbiche, bisessuali, pansessuali, asessuali, aromantici etc…).

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MASSIMO: Ne avremmo di preconcetti da raccontare… ma si possono ridurre a due macro categorie: quelli relativi a una cosiddetta “promiscuità” propria dell’essere transgender e quelli che confondono identità di genere e orientamento sessuale

Che progetti avete per il futuro?

SILVIA: Beh, di recente io e Massimo abbiamo scritto un libro, “Volo Verso La Vita: Guida sentimentale e umana alla transessualità” , che raccoglie due anni e passa della nostra storia d’amore e di attivismo, ampliando e correggendo gli articoli del blog e scrivendo due inediti! L’abbiamo fatto sia per avere un po’ di fondi per lui, per il suo percorso di transizione, e per FtM Italia, perché possa eventualmente diventare un’associazione con uno spazio al di fuori del web, e per continuare a informare come al solito i ragazzi, i loro partner, amici e familiari. Mi scalda il cuore che stia avendo un piccolo successo, sia stato accolto con calore, e che ad apprezzarlo siano altr* attivist*, persone transgender, e anche chi ne sa poco e nulla della tematica! MASSIMO: Operarmi finalmente, e continuare a fare il mio lavoro di attivista nel migliore dei modi perché ho migliorato me stesso. Come ho scritto nel libro, vorrei poter finalmente leggere sui miei documenti che mi chiamo Massimo Tiberio, e che nessun* potrà portarmelo mai più via.

 

Ringraziamo Massimo e Silvia per la loro disponibilità e pazienza, e auguriamo loro e a tutta la community di FtM Italia di crescere e acquistare sempre più visibilità. Penso di poter affermare, a nome della redazione di Bossy, che quando cerchiamo di contribuire al diffondere consapevolezza e conoscenza riguardo la realtà trans*, stiamo facendo il nostro lavoro, promuovendo la parità tra le persone.

 

Trovate qui un recap di tutti i contatti FtM Italia.

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Potete scoprire di più su FtM Italia con il libro di Massimo e Silvia “Volo Verso La Vita: Guida sentimentale e umana alla transessualità” 

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