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Attorno ai sessi: la realtà Intersex
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Attorno ai sessi: la realtà Intersex

Articolo di Manuel Carminati

Tra i vari colori della comunità LGBT+ passa spesso sotto tono la presenza del variegato gruppo Intersex. Raccolte sotto una bandiera gialla con un semplice cerchio viola al centro, “a simboleggiare la pienezza e la completezza e il nostro potenziale”, troviamo persone con storie uniche e irripetibili.

Quando diciamo Intersex è pressoché impossibile assegnare una definizione univoca a ciò di cui stiamo parlando: Intersex, infatti, è un termine ombrello che racchiude le persone le cui caratteristiche sessuali differiscono da quello che in medicina si intende biologicamente “maschio” o “femmina”.

Si può affermare che in natura esiste un continuum tra il maschile e il femminile biologico, che essi non sono isolati e indipendenti l’uno dall’altra, e che il risultato dello sviluppo sessuale di ogni individuo non varia soltanto “dentro” i due poli noti come maschio e femmina ma “attorno” e “attraverso” di essi. È possibile infatti che in una persona si sviluppino, in tutto o in parte, caratteristiche primarie o secondarie dell’uno o dell’altro.

Per via della difficile definizione, le stime sono poco chiare: alcuni autori affermano che le persone intersex sono una ogni 2000, ma statistiche recenti parlano dell’1,7% della popolazione. Le cifre sono in crescita per diversi motivi, la più importante delle quali è la lenta ma progressiva presa di coscienza delle differenze dello sviluppo sessuale, sia tra i genitori che nella comunità medica. L’identificazione sessuale e l’autodeterminazione di queste persone si incontra, e spesso si scontra, con le categorizzazioni e le diagnosi embriologiche, pediatriche, endocrinologiche, ginecologiche e andrologiche. Le organizzazioni Certi Diritti, OII Italia e ILGA Europa hanno creato la campagna “Io sono Intersex” per provare a rispondere ad alcune domande.

Per comprendere quanto possa essere variabile il sesso biologico basta pensare a cosa avvenga dal concepimento al parto. Avvenuta la fecondazione, per giorni non esistono distinzioni sessuali. Solo a partire dalla terza settimana di gestazione nell’embrione inizia la differenziazione dei tessuti e degli organi, inclusi gli apparati sessuali. La differenziazione sessuale è dettata da un processo ormonale complesso, della durata di un paio di mesi, che solitamente esita in un feto maschile o in un feto femminile. I due esiti tipici, quindi, derivano dall’innesco di un meccanismo multifattoriale che comprende ormoni, enzimi, recettori e altri fattori genetici e ambientali. Basta che uno di questi sia in qualche modo “atipico” per modificare lo sviluppo sessuale del feto nelle maniere più diverse.

Esiste un grande numero di varianti intersex. Ne elenchiamo alcune, ma qui potete approfondire.

Partiamo dalle sindromi di Klinefelter e di Turner: nel genoma di queste persone è proprio il numero di cromosomi sessuali a essere insolito. I primi sono maschi con una X in più della norma (cariotipo 47,XXY) mentre le seconde sono persone di sesso femminile in cui è presente una sola X (cariotipo 45,X). Altre variazioni dei cromosomi X e Y, come la sindrome di Jacobs (47,XYY) o la sindrome della tripla X, sono più rare. Le variazioni cromosomiche portano con sé caratteristiche fisiche specifiche, incluse quelle sessuali.

A livello genetico, altre persone intersex presentano forme di chimerismo, ovvero nel loro DNA sono compresenti due cariotipi “mescolati” nella stessa persona. Il caso più frequente è il mosaicismo X0/XY: in base alla proporzione dei due cariotipi, queste persone svilupperanno caratteristiche più femminili o più maschili, lungo un continuum. Anche l’identificazione di genere, in questo caso, è molto variabile.

La ghiandola surrenale svolge un importante ruolo nella regolazione ormonale: l’iperplasia surrenale congenita (CAH), la quale può presentarsi in molte forme diverse, è associata a una variazione dei livelli steroidei e alla conseguente disgenesia (sviluppo insolito) delle gonadi o dei genitali. Anche le persone con CAH o con simili anomalie della regolazione ormonale si distribuiscono su un continuum di identificazione di genere simile alle proprie caratteristiche biologiche. Uno sviluppo sessuale molto particolare è dovuto all’assenza dell’enzima 5-alfa reduttasi, che ha il compito di trasformare il testosterone in diidrotestosterone: queste persone nascono con un aspetto femminile fino a quando, durante la pubertà, si sviluppano come uomini.

Il romanzo di formazione “Middlesex” scritto da Jeffrey Eugenides, si sviluppa attorno a questa rara condizione.

Un discorso simile vale per le diverse forme di insensibilità agli androgeni (AIS), in cui sono i recettori a essere parzialmente (PAIS), moderatamente (MAIS) o completamente (CAIS) insensibili ai segnali ormonali. Le persone AIS possono essere uomini o donne, nonostante il cariotipo sia sempre 46,XY. Le donne completamente insensibili agli androgeni sono indistinguibili fisicamente ed esteticamente dalle donne 46,XX nonostante al posto delle ovaie abbiano dei testicoli, interni e funzionali.

La sindrome da insensibilità completa agli androgeni non va confusa con la sindrome di Swyer. Qui si tratta di variazioni genetiche specifiche per lo sviluppo sessuale, le quali impediscono la differenziazione dei tessuti sessuali in fase embrionale, con uno sviluppo fenotipico femminile. In questo caso, come in altri in cui il cariotipo contiene un cromosoma Y, i tessuti fibrosi che si formeranno al posto delle gonadi sono ad alto rischio tumorale: ecco perché di fronte a questa diagnosi si procede con una gonadectomia preventiva e una terapia ormonale sostitutiva.

Questo genere di operazioni chirurgiche è inevitabile. Ognuna delle sindromi elencate porta con sé caratteristiche molto specifiche. Non tutte, ma alcune di queste condizioni sono associate a sindromi patologiche, anche gravi: in questi casi, i medici sono tenuti a intervenire, anche in tenerissima età, per migliorare la qualità di vita della persona.

Certamente non si può dire lo stesso delle tante e inutili operazioni a sfondo puramente estetico che tuttora sono praticate in Italia e nel mondo. Fuori dalle questioni mediche necessarie, infatti, gli interventi su quelli che vengono definiti “genitali ambigui” vengono realizzati spesso senza interpellare i genitori, secondo principi non scientifici e con effetti irreversibili che trascendono la semplice biologia del corpo umano.

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Un caso eccezionale e che merita di essere citato è quello di David Reimer, nato Bruce e “convertito” in Brenda dopo un errore chirurgico appena nato e la conseguente scelta dei medici di “femminilizzarlo”, guidati dalle teorie dello psicologo e sessuologo americano John Money. Potete leggere una nostra recensione del libro “Bruce, Brenda e David. Il ragazzo che fu cresciuto come una ragazza” in cui lo stesso David ci narra quali sono le reali necessità della comunità intersex, mostrando le dimensioni dell’identità e dell’autodeterminazione ancora oggi ignorate, confuse e sottovalutate da gran parte della società e della medicina.

Ma qualcosa si muove.

Sin da quando il 26 ottobre 1996 l’Intersex Society of North America partecipò al congresso annuale dell’Accademia Americana di Pediatria per ribaltare la diffusa idea che ci fosse qualcosa da “mettere a posto” nei corpi intersex, questa data è stata scelta come Giornata internazionale della coscienza intersex (Intersex Awereness Day), parallelamente all’8 novembre, proclamato “Intersex Day of Remembrance” perché ricorre l’anniversario della nascita di Herculine Barbin, le cui memorie furono riprese e commentate da Michel Foucault.

Dal Terzo Forum Internazionale Intersex di Malta del 2013 è nata la Dichiarazione di Malta, un documento voluto per rivendicare una depatologizzazione dell’Intersex e per chiedere “l’interruzione di ogni forma di discriminazione […] e per assicurare il diritto all’integrità corporea, l’autonomia fisica e l’autodeterminazione”.

Le iniziative riguardano oggi tutti i continenti e alcune Istituzioni hanno implementato apposite leggi per il rispetto delle differenze dello sviluppo sessuale (ancora note come “disturbi”) e per impedire le pratiche chirurgiche non necessarie. Soltanto all’inizio del 2019 il Parlamento Europeo ha votato una denuncia alle violazioni dei diritti umani delle persone intersex, frutto del lavoro dell’intergruppo LGBTI, coordinato dall’italiano Daniele Viotti, e ha chiesto alla Commissione e agli Stati membri di intervenire per garantire il diritto all’integrità fisica e all’autodeterminazione.

Un punto importante da sottolineare è anche quello relativo al linguaggio, su cui si sta facendo un lavoro importante. Da un lato ci sono associazioni che utilizzano i termini medici, dall’altro ci sono realtà che invece si pongono sulla posizione opposta e si dicono contrari a ogni forma di intervento, anche quelli preventivi. In linea generale, negli ultimi anni, chi se ne occupa ha smesso di utilizzare “disorder” e preferisce “differences”. In Italia, siamo un passo indietro: si è smesso di utilizzare “disturbo” e si è iniziato a usare “disordine”.

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