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Björk: l’ipnotica incantevole islandese
Dark Light

Björk: l’ipnotica incantevole islandese

Paesaggi in continuo cambiamento.
Movimenti tellurici.
Distese di verde, azzurro e nero.
Crepe nella terra.
Ogni inquadratura è un’immersione dentro quei paesaggi.
Come se i polpastrelli sfiorassero l’oceano, e la mano accarezzasse la roccia.

In sottofondo un mix di elettronica ed archi e una voce che cadenza ogni singola parola.

È il 1997.

Il videoclip è quello di Joga diretto da Michel Gondry, lo stesso di Se mi lasci ti cancello.
MTV è probabilmente la fonte primaria della conoscenza di nuova musica internazionale per un ragazzino di dodici anni.

L’interprete del brano è Björk.
Ipnotica.bbbjork
Incantevole.
Islandese.
E del video, la protagonista, è proprio la sua Islanda.

Cantante, produttrice, attrice.
Quattro Brit Awards.
Palma d’oro a Cannes per la sua recitazione in Dancer In the Dark di Lars Von Trier.
Il Moma di New York le ha dedicato una retrospettiva.

Björk è un’artista a trecentosessanta gradi.

Ed altrettanto ampio è il raggio dei generi che ha toccato da quando ha iniziato ad ascoltare musica e quando ha iniziato a farla.

Pop, jazz, punk, trip hop, elettronica.

Non c’è uno stile che non abbia sperimentato.

Ha una voce inimitabile per estensione e timbro.
Imparagonabile ad altre artiste.

Un viso speciale, così particolare.
Lineamenti delicati e unici.

La chiamano l’elfo dei ghiacci.bjork3

Di elfico ci trovo ben poco.

Di fascino, così lontano dalla bellezza dozzinale che ci propongono i media con le supersexy del pop, davvero tanto.

Quanto lo stile, sempre estremamente sui generis.
Stravagante, marcatamente e volutamente spiritoso, trasformista.

Catapultata a dodici anni nel mondo discografico, ha raggiunto il successo mondiale con gli Sugarcubes, di cui è stata la leader fino al loro scioglimento, momento che ha sancito l’inizio della sua carriera solista.

Se escludiamo l’esordio adolescenziale, Debut è stato il suo primo disco da sola, ed è stato pubblicato nel 1993.

Da quell’anno non ne bbbbbè passato uno in cui non abbia ricevuto un riconoscimento per la sua fervente attività creativa.

Atmosfere incantate, estranianti.

Fiati, archi, percussioni, high tech.
La tecnologia che si mischia agli strumenti tradizionali.
Questa è la sua musica.

A Debut è seguito Post, impreziosito dalle ospitate di Tricky e Howie B.

Homogenic, l’album in cui è contenuta Joga.

Vespertine intimista e “carillonizzato”.

Medúlla, il disco che contiene il brano che ha eseguito durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Atene 2004.

Volta, antropologico, femminista, attivista – come dichiarato da lei stessa a Pitchfork – esattamente com’è lei.

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È una filantropa, nei suoi testi parla di arte, sentimenti, persone.
È un’attivista, e fortemente ecologista.
Schierata a favore dell’indipendenza del Tibet, del Kosovo.
Contro lo sconsiderato sfruttamento del pianeta e delle sue risorse.
Fortemente legata alla sua terra, nella quale si rifugia per ritrovare la sua dimensione.
Al contempo, Björk è un’avanguardista, una sperimentatrice accanita.
Ma sempre in perfetto equilibrio tra tecnologia e natura.

Biophilia, pubblicato nel 2011, è il simbolo di questa armonia: un disco incentrato interamente sulla natura e sull’universo, in cui l’uomo manca in toto, realizzato grazie ad uno strumento appositamente brevettato, ed acquistabile non solo nella sua classica versione ma anche come app: ad ogni canzone corrisponde un’app per Ipad.

Il suo ultimo album, Vulnicura, è invece l’estrema rappresentazione della sua sensibilità spiccatissima.
E della sua umanità.

Vulnicura la mette a nudo, parla della sua relazione finita con il suo ex compagno e padre della sua bambina.
Vulnicura parla di sofferenza, di dolore, ma anche della guarigione.
Vulnicura è un manifesto del potere salvifico della musica, la sua capacità di curare e cullare l’anima e un cuore scalfito.

Ed è stato proprio in occasione dell’uscita di Vulnicura che è scesa in campo nuovamente, a distanza di anni, dall’uscita di Vespertine, o meglio, come da lei dichiarato, si è alzata in piedi, a sostegno delle donne.
E lo ha fatto anche molto più recentemente, esponendosi non solo sulle sue velleità sessuali animalesche, ma anche su come la recente ondata di giovani femministe può essere solo un segnale positivo.

bkBjörk è cresciuta con una madre femminista proprio negli anni del boom del movimento, quasi venendo bombardata dai lamenti, dalle rivendicazioni e dalle lotte di quel tempo.
Al punto da mal sopportare l’atteggiamento e le riflessioni materne.

Per anni ha taciuto su queste tematiche, sembrava quasi se ne discostasse nonostante sia stata, fin dai suoi esordi, fortemente schierata contro gli stereotipi di genere, sempre a favore della libertà non solo femminile, ma anche quella di essere se stessi, tutto ciò che si vuole essere.

L’occasione per tornare a parlare apertamente del movimento è scaturita dall’attribuzione erronea dell’intera produzione del disco ad Alejandro “Arca” Ghersi.

Le parole di Björk non sono state cariche di astio o rabbia, nonostante non fosse la prima volta che si trovasse a vivere una situazione del genere, ma sono andate lì, con consapevolezza, a toccare quei tasti che è sempre più difficile suonare quando ci troviamo davanti a un’ingiustizia, quando ci ritroviamo a dovere ripetere, come dice lei, le cose cinque volte, mentre a un uomo, per essere ascoltato, basta spesso dirle una sola unica volta.
Ha ricordato quanto sia importante per una donna impegnarsi nel proprio lavoro, sudarlo, senza il bisogno di ostentarlo, e continuare a combattere quell’infelice retaggio culturale che porta a svilire le potenzialità femminili, comprese quelle creative, al punto di credere che se un uomo e una donna si trovino nella stessa stanza, l’idea geniale è sicuramente di lui.

Sentire parlare di sessismo è sempre deprimente, ma lo è ancora di più quando a esserne oggetto, nel suo campo, è un crogiuolo di velleità artistiche come Björk, che ha dimostrato negli anni di avere un allungamento di braccia così esteso da toccare gli apici che ha toccato senza aver bisogno di nessuno a farle da scaletta.
Sentire parlare personaggi come Björk di questi fenomeni, anche per averli vissuti sulla loro pelle, è un conforto e un incoraggiamento a non smettere di continuare la battaglia, contro la discriminazione e il sessismo. Una lotta che sembra eterna, infinita. Che per molti è stata già vinta.
Ma i fatti, daibjou nostri uffici ai piani alti della discografica, parlano chiaro in merito alla sua radicata presenza.

Intanto, il nuovo disco di Björk è ufficialmente in lavorazione.
A confermarlo, è la sua stessa casa discografica che con un tweet non solo è andata a ribadire che sta lavorando al nuovo album, ma anche che «she’s the boss», lei è il capo al cento percento dei suoi dischi, e che «she needs no one».

Poche parole, ma un ottimo “memento” per tutte.
Siamo i capi di noi stesse, capacissime di farcela da sole e meritevoli di attribuirci tutto il merito che meritiamo senza maggiordomi, cavalier serventi o spalle interposte sulle quali sembrare appoggiate.

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