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“La buona educazione” che unisce e divide: intervista alla scrittrice Alice Bignardi
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“La buona educazione” che unisce e divide: intervista alla scrittrice Alice Bignardi

Articolo di Alessandra Vescio

“La buona educazione” è il primo romanzo di Alice Bignardi, che per il suo esordio ha scelto di affrontare temi delicati come la malattia, il rapporto madre-figlia, l’educazione e il passaggio dall’infanzia all’età adulta. È il modo in cui lo fa, però, che rende questo breve romanzo pubblicato da Edizioni e/o del tutto inaspettato. Attraverso una scrittura leggera e ironica, infatti, Bignardi ci conduce nella vita e nel rapporto tra Antonella e Lisa, una madre e una figlia tanto innamorate quanto arrabbiate e spesso anche infastidite l’una dall’altra. Con una costruzione dei personaggi puntuale, fatta di elementi che portano facilmente all’identificazione da parte di chi legge e di tratti bizzarri che lasciano il sorriso, l’autrice esplora un rapporto altalenante e simbiotico, che dà e vuole dare tanto ma che spesso fa mancare il respiro.

In questa intervista, Alice Bignardi ci racconta del suo libro, di Antonella e Lisa, e dell’ispirazione che l’ha portata a scrivere questo suo primo romanzo.

Come ti sei avvicinata alla scrittura e qual è stato il processo che ti ha portato a scrivere il tuo primo romanzo?

Ho iniziato per lavoro, in una agenzia di comunicazione dove ho imparato soprattutto a scrivere senza aspettare l’ispirazione: a farlo a basta. Scrivevo di cibo e libri, articoli brevi e notizie lampo. Per “La buona educazione”, infatti, ho iniziato raccogliendo una serie di episodi che ho messo insieme successivamente.

Da dove nasce l’idea di raccontare la storia di Lisa e Antonella e perché dedicare il tuo primo romanzo al rapporto madre-figlia?

Perché per me è stato, per molto tempo, l’unico rapporto che ha definito chi ero. Una relazione sulla quale ho lavorato tantissimo, osservando tanto anche quelle delle altre persone. Quando non è stato più così, mi è venuto naturale scriverne.

Cos’è la “buona educazione” e cosa rappresenta nel rapporto tra Lisa e Antonella?

Ciò che all’inizio le unisce e più avanti le divide. È soprattutto il retaggio di un’educazione piena di formalità e povera di contenuti che un tempo era tutto e oggi è niente. È per questo che si crea un’enorme voragine tra la madre, che senza quelle regole non sarebbe sopravvissuta, e la figlia, che non sa che farsene e le odia perché la fanno sentire sempre sbagliata.

In questo libro succede un grande evento drammatico – la malattia di Antonella – e una serie di situazioni che derivano soprattutto dall’utilizzo di parole potenti, pregne di significato, penetranti, spesso veri e propri insulti o espressioni utilizzate in maniera offensiva. Perché secondo te ancora si dà troppo poco peso alle parole che scegliamo di rivolgere alle altre persone, soprattutto a quelle a noi care?

Penso che sia perché emozioni intense chiamano parole forti. Solo che queste ultime sono liberatorie per chi le pronuncia e devastanti per chi le riceve, che la maggior parte delle volte le prende sul personale, dimenticando che sono espressioni che appartengono a chi le dice e non a chi le ascolta.

Oltre ad Antonella e Lisa, grandǝ protagonistǝ di questa storia sono i non detti e le “fissazioni”. Ti sei data una spiegazione sul motivo per cui Antonella abbia scelto di trasmettere alla figlia un’educazione che sembra a un certo punto del tutto finta, basata su informazioni e insegnamenti, comportamenti da mantenere e scelte appropriate da fare, piuttosto che sulla semplice trasmissione di amore, ascolto e accoglienza? Come mai questa necessità da parte di Antonella di plasmare la figlia, e di farlo solo con lei e non – da come si percepisce nel libro – con la sorella e il fratello di Lisa?

Lisa si interroga proprio su questo e non riesce a trovare una risposta netta. In parte sa che si tratta di una educazione che un tempo era considerata necessaria. Poi capisce che, per la madre, la scusa dell’educazione è diventata una sorta di scudo protettivo, che le dà la possibilità di non affrontare sentimenti che non riesce a spiegare neanche a se stessa. Così, inizia a rifiutarla e a litigarci senza più nessun ritegno.

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È possibile che sia l’incapacità di Antonella ad accettare la condizione di vulnerabilità che la malattia porta con sé a spingerla a tacere con la figlia riguardo la sua situazione di salute?

Si, è proprio questa la conclusione, anche se non esplicitamente dichiarata, a cui giunge Lisa e che genera in lei il terribile senso di colpa che sente nei confronti di sua madre. Dopo aver capito il suo dolore, infatti, Lisa non riesce ad affrontarlo e usa la scusa dei “non detti” per continuare a non aiutare Antonella; ma non può mentire a se stessa e per questo si odia.

Come si supera, secondo te, o come pensi sia riuscita Lisa a superare la necessità di assecondare i desideri della madre e il senso di colpa di non corrispondere ai desideri (detti e non detti) di Antonella?

Qui si apre il tema del perdono, che per Lisa si traduce in “azioni”. Lisa riuscirà a perdonare se stessa e la madre interrompendo l’immobilità che la costringe da sempre a subire e diventerà parte attiva nel rapporto iniziando, per esempio, a prendersi cura della madre anche quando non le viene richiesto.

Ci sono altri temi, altre dinamiche che ti piacerebbe esplorare in futuro? Immagini già un secondo romanzo?

Spero davvero che un secondo romanzo sia dentro di me! Per ora sto ancora scoprendo tutto su quello che ho scritto 🙂

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