Articolo di Margherita Brambilla
L’autrice
Caitlin Doughty è una persona particolare – talmente particolare da rendermi difficile iniziare questa recensione. Esattamente, da cosa posso partire per parlare di lei? C’è troppa carne al fuoco*.
La mia prima difficoltà risiede nel tradurre il termine mortician in italiano. Prima di essere un’autrice, blogger e YouTuber, la Doughty è una mortician, cioè una… becchina? Impresaria di pompe funebri? Necrofora, affossatrice, beccamorta?
Nessun termine in italiano è privo di un’accezione negativa, o comunque nessuno è abbastanza scientifico e tagliente quanto mortician – “addetta alla morte”.

Doughty è, più di ogni altra cosa, una donna “appassionata di morte”, dal punto di vista antropologico, culturale, ma anche effettivo e pratico.
Dopo una laurea in Storia Medioevale, decide di cercare lavoro in un’impresa di pompe funebri; passato un anno come addetta al crematorio, decide di studiare Scienze Mortuarie e, nel 2011, inaugura la serie YouTube Ask a mortician, nella quale risponde a domande comuni sulla morte, sui funerali, sulle pratiche funebri nel mondo – ma discute anche di temi in qualche modo legati alla morte.
Contemporaneamente fonda The Order of the Good Death, un’associazione di professionisti del settore – ma aperta a chiunque condivida le sue premesse – che si prefigge di riformare il tabu della morte nella società occidentale.
Nel 2014 pubblica il suo primo libro.
Fumo negli occhi
Fumo negli occhi – e altre avventure dal crematorio è il bestseller di cui parliamo oggi. È un memoir del 2014 – edito in Italia quest’anno da Carbonio Editore con la traduzione di Olimpia Ellero – e racconta esattamente di come e perché una ragazza di 23 anni sia finita a lavorare nell’impresa di pompe funebri Westwind Cremation & Burial.
Iniziamo col dire che è un libro esilarante.
Non saprei in che altro modo definirlo, sebbene la Doughty non sembri voler scrivere un libro ironico e non abbia velleità particolarmente comiche. Anzi, il suo stile è un misto di freddezza e accademismo che in alcuni punti mette il lettore a disagio, e paradossalmente questi non sono punti in cui si parla di morte o di cadaveri imbalsamati.
Probabilmente questo connubio di risate e disagio è esattamente la ragione per cui la Doughty fa quello che fa. L’ilarità che sorge non nasce tanto dalle vicende che vengono raccontate, ma dall’imbarazzo, forse, del sentire parlare di morte in questo modo così normale, tranquillo e quasi asettico.
E lo scacco è questo; il nostro disagio di fronte alla morte, sia come questione esistenziale che come questione fisica – la decomposizione, la gestione del corpo morto – viene dal distacco che la nostra cultura e società ha effettuato con la morte.
La Doughty lavora contro questo distacco; Ask a mortician è il primo passo assieme all’Order of the Good Death, per ritornare a parlare di morte e riportare la morte nella vita delle persone – in alcuni casi letteralmente, come quando lamenta il fatto che la gente non muoia quasi più in casa, ma negli ospedali, la qual cosa porta all’alienazione ed estraniazione della famiglia da tutto il processo della morte lasciando che solo i professionisti se ne occupino.
Il libro alterna brani quasi saggistici sugli usi e costumi funebri di culture “lontane” da quella occidentale – come il cannibalismo funerario dei wari, o la pratica di passarsi le ossa del defunto con le bacchette in uso in Giappone – ad aneddoti più o meno divertenti sui morti che passano tra le mani della Westwind Cremation & Burial.
Quanto tempo serve perché un corpo bruci completamente? Durante la giornata lavorativa, è preferibile bruciare prima una persona grassa o una persona magra? Che cosa comporta effettivamente l’imbalsamazione? Cosa si prova a rasare e truccare un morto?
Fumo negli occhi è un bellissimo modo di entrare più nel merito di come la Doughty sia finita a pensare e credere quello che pensa e crede, a partire dalle storie d’infanzia sui suoi primi incontri col concetto – ma anche con l’esperienza – della morte, fino alle decisioni maturate durante il lavoro al crematorio.
A me ha decisamente aperto un mondo.
*E questa è decisamente una battuta sulla cremazione.