Articolo di Manuel Carminati
Cara Diletta,
ci ho pensato e volevo farti i miei complimenti più sinceri. Anzi, sono orgoglioso di te.
Intanto mi presento: sono uno di quei ragazzi, apparentemente pochissimi, che di fronte a cose come quella che ti è capitata in questi giorni, non vogliono partecipare al banchetto mediatico.
Sono anche uno di quei ragazzi, praticamente tutti, che non hanno la possibilità di scegliere: dobbiamo partecipare. “Non puoi non averle viste!”
Sono uno di quei ragazzi, apparentemente pochissimi, che si sentono a disagio a sbirciare, a commentare, a tirare gomitate al vicino di posto che ti ha passato le foto.
E ovviamente non sto parlando del loro contenuto manifesto: non mi scandalizza la nudità o una scena di sesso, anzi mi fa proprio ridere chi si indigna (o finge di indignarsi).
Io ho proprio schifo per quella violenta mancanza di rispetto che queste pratiche nascondono.
Siamo in pochi a dirlo ma sono convinto che siamo molti di più a pensarlo.
Oggi ti scrivo proprio perché, forse, anche grazie a te, questa volta non passerò per pazzo.
Martedì, quando la campanella ha annunciato che la biblioteca chiudeva, stavo studiando da ore. Ho chiuso i libri e ho riacceso il telefono. Inutile dirti che nelle ore precedenti ero stato riempito di tue foto e tuoi video. Anche per evitare questo genere di cose, le mie impostazioni impediscono a chiunque di inviarmi direttamente immagini o video, se non accetto di scaricarle. Pia illusione la mia, perché nonostante queste precauzioni, tutto mi è stato messo sotto gli occhi da alcuni conoscenti pochi minuti dopo. Come tutte le volte.
“Almeno non è il mio 3G”, ho pensato.
In questi giorni è inevitabile andare con la mente alla storia di Tiziana Cantone.
Come sempre, avevo cercato di non partecipare al banchetto, ma mi fu mostrato tutto. Disgustato dalla sua umiliazione, di Tiziana avevo già scordato il nome (o forse non l’avevo mai saputo) quando si è diffusa la notizia della sua morte.
“Scusate, chi è questa Tiziana Cantone?”
“Ma smettila, quella del video… Non puoi non averlo visto!”
Molti amici e moltissimi giornalisti hanno dimostrato di ricordare bene e di aver seguito con particolare attenzione ogni dettaglio della vicenda. Quella stessa particolare, morbosa attenzione che ci siamo abituati a chiamare “gogna mediatica” e che questa volta ha ucciso sul serio.
Sentivo che non avevamo fatto una passo avanti in quell’occasione.
Infatti le tue foto ci hanno riportato le sbirciatine, i commenti e le gomitate al vicino di posto. Come se niente fosse successo, era già un altro giro: il leak, la gogna, la reazione della vittima e il frettoloso lavaggio della coscienza collettiva, che potremmo chiamare “la gogna della gogna”.
Questa definizione funziona: mostra sia la violenza che usa chi offende una persona e la lascia esposta in piazza per denigrarla, sia la violenza di chi subito dopo urla gli stessi insulti negli stessi luoghi, banalmente rivolgendosi al carnefice. Se da un lato c’è chi usa internet per umiliare una donna, dall’altro c’è chi tenta di salvarla con gli stessi mezzi, confermandola nel ruolo di vittima. Non a caso, questi due gruppi di persone sono proprio gli stessi individui, solo scambiate di ruolo da un giorno all’altro.
Ecco perché questa penso sia l’occasione per rompere il circolo vizioso. Per mettere a tacere gli scemi che spulciano le foto e allo stesso modo chi si sbraccia per salvarti.
Il carnefice ha una sola arma, la tua umiliazione. Sii orgogliosa e non ci sarà nessuno da salvare.
Ho letto che ti impegnerai per parlare di quello che ti è successo, rivolgendoti soprattutto a ragazze più giovani di te, che ti senti in grado di affrontare la situazione, e che continuerai a condurre il tuo programma, tra i più seguiti su Sky. Lasciami dire che siamo molto orgogliosi di te.
E se qualcuno avrà ancora da dire o avrà la spocchia di volerti salvare dal chiacchiericcio, potrai sempre sbattergli in faccia la tua carriera, la tua bellezza e se lo vorrai, perché no, anche la tua sessualità.
Buona fortuna per tutto, Diletta.