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Che tipo di rappresentazione inclusiva viene fornita dalle serie TV?
Dark Light

Che tipo di rappresentazione inclusiva viene fornita dalle serie TV?

In questi ultimi anni, le serie TV sono diventate dei vettori culturali fondamentali. Molto più accessibili e diversificate, alcune ridefiniscono le regole imposte fino ad ora sullo schermo. È solo un effetto che segue le mode dei diversi movimenti per la parità o di una vera evoluzione? Le opinioni di persone che lavorano nel settore cinematografico e degli spettatori intervistati testimoniano la complessità della tematica.

In risposta a un pubblico sempre più numeroso ed esigente, il mondo delle serie TV, format proteiforme, si è adeguato e ha saputo garantire nuove forme di identificazione, in particolare mettendo in risalto personaggi sempre più sfaccettati. Questo si applica specialmente ai personaggi appartenenti a minoranze, che acquisiscono finalmente una posizione più centrale, passando da un ruolo quasi marginale a ruoli da veri protagonisti. Possiamo quindi definire inclusivi questi nuovi approcci?

Personificazione di una realtà sociale

Persone razzializzate, non binarie, LGBTQIA+, provenienti da un ambiente sociale svantaggiato o dalla classe media, con appartenenze religiose diversificate, persone disabili… la fiction è in grado di creare identità complesse. I personaggi, appartenenti a una minoranza o meno, incarnano sempre una realtà sociale e/o politica poiché si iscrivono e crescono in uno spazio-tempo selezionato dallo scenario. Le differenze con quello che corrisponde alla “norma” sono talvolta deliberatamente sottolineate, tramite personaggi che rappresentano un determinato punto di vista, una lotta o un messaggio sociale.

Nelle serie TV “Orange is the New Black” e “Murder”, ad esempio, molti personaggi afroamericani o appartenenti alla comunità latina si trovano pietrificati in un sistema che li rigetta o che fatica ad accettarli. Sono quindi intimamente legati al contesto sociopolitico di cui subiscono direttamente le conseguenze. Portano perciò in prima persona un ulteriore messaggio legato alla loro appartenenza a gruppi specifici, assumono un altro ruolo: quello del modello, detto anche catharsis.

Verso un’inclusione più naturale?

“Sempre più serie TV propongono ruoli interessanti ad attori e attrici appartenenti a minoranze. Esiste una reale diversità, ma non è né un pretesto né una questione di marketing, è presente ma non costituisce per forza l’intero retroscena della trama”, fa notare Kessy, una spettatrice nera. Cita quindi l’esempio del personaggio di Luther nell’omonima serie inglese: “È un poliziotto nero, interpretato da Idris Elba, che deve lottare contro i suoi demoni interiori, ma il colore della sua pelle non costituisce mai elemento di rilievo nello sviluppo delle indagini”.

Oifa, giovane spettatrice musulmana, sottolinea: “Nella vita sono le altre persone che ci ricordano costantemente la nostra realtà sociale, ma il vantaggio della fiction è proprio quello di poter occultare le rappresentazioni sociali e di far apprezzare un personaggio unicamente per il suo carattere e le sue scelte”. Perciò, un personaggio proveniente da una minoranza può esistere senza essere collegato a un peso storico. È un processo che consiste nell’uniformare le problematiche per tutti i tipi di personaggi e non nel caratterizzarlo unicamente per la loro appartenenza a una minoranza. “Più è probabile che la serie venga vista da una audience numerosa, più è importante normalizzare questi personaggi nelle relazioni con gli altri personaggi, poiché questo consente alle persone esterne di integrare una nuova visione delle minoranze”, afferma Ben, un ex studente di cinematografia. Indirizzandosi a un pubblico ampio, queste serie permettono di rimettere in discussione la realtà nella quale viviamo e di smuovere i clichés.

Nel processo di scrittura di una serie, la costruzione dei personaggi implica spesso l’utilizzo di archetipi. Stella, attrice e sceneggiatrice, spiega: “Ci sono personaggi stereotipati in tutte le storie, è molto difficile non cadere nei clichés. È necessario partire da questi archetipi perché sono riferimenti culturali, dei linguaggi comuni. Tuttavia, possiamo decostruirli e andare oltre. È in questo senso che intervengono gli autori e le autrici”. Gli stereotipi sono ancorati nelle nostre vite e influenzano la nostra maniera di comprendere il mondo: i clichés rassicurano il pubblico.
Il rischio che permane nella scrittura dei personaggi è allora quello di imprigionarli in schemi che non fanno altro che alimentare gli stereotipi. È il caso della figura del droghiere immigrato indo-americano, Apu, nei Simpson, la cui caricatura razzista è stata denunciata nel film documentario “The problem with Apu”. Si tratta della rappresentazione di una comunità o di una popolazione attraverso un unico prisma che può diventare sgradevole e fastidioso quando costituisce una percezione generalizzante per le altre persone.

Fortunatamente, altre serie – come “Master of None” di Aziz Ansari e “Never have I ever” di L. Fisher e M. Kaling – si liberano dalle proiezioni preconcette, presentando personaggi più reali.
A questo proposito, Oifa cita come esempio la serie svedese SKAM e dice che “apprezza che la protagonista sia una giovane donna musulmana con il velo che si afferma ed è molto lontana dallo stereotipo del mondo occidentale ovvero: la donna sottomessa”.

Per un cambiamento più radicale

La struttura della norma tradizionale sta diventando più sfocata e flessibile, attraverso la rappresentazione di protagonistə più singolari e complessə. Infatti, “le serie della nostra infanzia erano molto formattate. Ora lo sono meno, perché la morale, gli interessi e i mezzi di distribuzione sono cambiati. Ma la ricetta rimane la stessa: catturare lo spettatore fin dal primo episodio”, dice Patrick, che lavora nell’industria cinematografica.

Tuttavia, è ancora indispensabile identificare le serie che usano questa leva solo per marketing, aggiungendo personaggi di gruppi minoritari senza contribuire alla trama. Forse dovremmo gioire per il fatto che la diversità stia finalmente comparendo sullo schermo, in contrasto con le serie in cui i protagonisti sono prevalentemente bianchi, cis, etero, di classe media, come “Friends”, “Two and a Half Men”, “Desperate Housewives”, “Sex and the City”…

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Tuttavia, la lotta per la parità non è ancora conquistata, come afferma Adèle Potel, creatrice della serie LGBT “Venus” attualmente in produzione: “Molti prodotti fiction sono ancora realizzati da uomini bianchi, per uomini bianchi, a volte su argomenti che non padroneggiano nemmeno. Quando vedo un film sulle lesbiche realizzato da un uomo bianco, che manca completamente il senso del film, mi rendo conto di quanto sforzo sia ancora necessario.

Ci sono diverse ragioni per essere ottimistə: ci sono stati dei cambiamenti a livello di regia e di sceneggiatura e diverse donne stanno assumendo la guida della creazione cinematografica e televisiva. Più inclusivi, i loro sguardi e le loro voci portano una nuova maturità allo schermo variando i personaggi, le storie e le percezioni.

Sono stati fatti progressi in termini di rappresentazione delle minoranze sullo schermo. Oggi, personaggi di minoranze che prima erano timidamente relegate in secondo o addirittura in terzo piano sono alla ribalta. Ma c’è ancora molto lavoro da fare. Ogni medium che ritrae le minoranze – nel modo corretto – rende più visibile la loro stessa esistenza nella società. È quindi essenziale che il pubblico colpito dalla discriminazione non sia solo sullo schermo, ma anche dietro la macchina da presa e la sceneggiatura, per permettere finalmente alla fiction di aprirsi nel modo più autentico possibile, culturalmente e umanamente.

Come il libro, la serie dovrebbe ispirarsi al concetto di “voce propria” che richiede agli scrittori di preoccuparsi delle situazioni e delle emozioni vissute dai loro personaggi provenienti da gruppi emarginati e quindi di condividerle con i loro lettori o, quando l’autore non è direttamente coinvolto, di fare appello ai sensitivity readers che assicurano una rappresentazione più veritiera della diversità.

Fonte
Magazine: Les Ourses à plumes
Articolo: QUELLE REPRÉSENTATION INCLUSIVE DANS LES SÉRIES TÉLÉ ?
Scritto da: Sianourse
Data: 3 aprile 2022
Traduzione a cura di: Charlotte Puget
Immagine di copertina: Nicolas J Leclercq
Immagine in anteprima: catalyststuff

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