Abbiamo incontrato Chimamanda Ngozi Adichie in Colombia e abbiamo fatto il punto sul suo impegno femminista.
Stabilita tra la Nigeria e gli Stati Uniti, a Chimamanda Ngozi Adichie piace raccontare storie. A 25 anni, l’autrice pubblica il suo primo romanzo “L’ibisco viola”. Tre anni dopo appare “Metà di un sole giallo”, sulla guerra del Biafra e nel 2013 esce “Americanah”, forse il suo testo più autobiografico. In questo libro racconta il suo arrivo negli Stati Uniti e la scoperta del suo status di “donna nera”. In parallelo ai suoi romanzi, Chimamanda Ngozi Adichie si è fatta conoscere per le sue posizioni femministe che ha reso pubbliche nei suoi TED talk. La sua conferenza “Dovremmo essere tutti femministi” è stata tradotta in diverse lingue e Beyoncé ne ha inserito una parte nel suo brano “Flawless”. In “Cara Ijeawele” (2017), cerca di dare delle dritte per educare le bambine. L’abbiamo incontrata all’Hay Festival di Cartagena, in Colombia.
Nel 2014 dicevi di essere una femminista africana felice. Lo sei sempre?
Se sono sempre contenta? No, per niente! Sono molto triste (Ride.) Scusate, stavo scherzando. Quando ho detto di essere una femminista africana fortunata era sia uno scherzo che una cosa seria. Stavo rispondendo a quelle persone che mi consigliavano di non dire che sono femminista. “Le femministe sono delle donne infelici che non riescono a trovare marito!” Allora ho aggiunto che ero felice. Poi mi hanno detto che la parola femminista era una parola riservata alla popolazione bianca e occidentale. Quindi ho precisato che ero africana. Poi, c’è questa idea che una femminista non ami truccarsi… Quindi ho aggiunto che “sono una femminista che ama il gloss”! Poi c’è stato un momento in cui mi sono stancata di giustificarmi. Credo che le donne abbiano il diritto di essere molte cose allo stesso tempo: di essere intellettuali e di portare i tacchi alti, di avere una carriera e dei figli. Abbiamo, anche noi, il diritto alla complessità e non voglio che nessuno mi limiti nel mio femminismo.
Ti immaginavi che un giorno saresti diventata un’icona femminista?
Diventare un’icona non è mai stato parte del mio piano! Io racconto storie. Sono nata per questo ed è ciò che mi rende felice. Allo stesso tempo, sono una persona molto sensibile riguardo alle ingiustizie sociali e questo viene dall’infanzia. Di colpo, le storie che racconto sono diventate un luogo per esprimere quello che mi indigna. Parlo, forse egoisticamente, di quello che ho sofferto di persona: il genere e la razza. So cosa significa essere guardati in questo mondo perché si è donna o perché si è nera. Scrivendo queste storie, la mia speranza è che si smetta di giudicare la gente in base all’apparenza e che ciascuno possa essere considerato come un individuo. Quando hanno iniziato a dirmi che stavo diventando un’icona, non mi sono sentita molto a mio agio. Ma soprattutto, non voglio questo ruolo! Sono un’artista e voglio soprattutto il diritto di andare controcorrente o di essere irriverente. Non voglio seguire le regole ed essere questa figura perfetta che ci si aspetta da un’icona. La perfezione uccide l’arte e l’arte è ciò che ho di più caro.
“Mi piace dire che saper cucinare non è un software preinstallato nella nostra vagina!”
Qual è la posta in gioco femminista riguardo la tua posizione di artista?
Credo che sia importante riflettere sulla relazione tra donne e talento. Il talento è ripartito in parti eque tra donne e uomini. Tuttavia, si scuserà più facilmente un uomo brillante: “È fuori di testa ma ha talento, non si occupa della famiglia ma ha talento”. Questa clemenza non esiste per le donne che verranno giudicate molto più severamente se agiscono in questo modo. È d’altronde interessante vedere chi ha il tempo di mettere a profitto il proprio talento. E mi sembra che le donne perdano sistematicamente, qualunque sia il Paese in cui si trovino, perché sono loro che si occupano delle faccende domestiche. Questo tempo, lo potrebbero anche utilizzare per sviluppare le proprie capacità artistiche.
E tu sei riuscita a trovare questo equilibrio nella tua vita personale?
Ho la fortuna di avere un marito che è un vero compagno. Non mi considera come la sua schiava che si dovrebbe occupare di tutte le faccende domestiche e ce le dividiamo. Mi piace dire che saper cucinare non è un software preinstallato nella nostra vagina! Tutti possono imparare.
Fonte
Magazine: Cheek Magazine
Articolo: Chimamanda Ngozi Adichie: “Je Ne Veux Laisser Personne Me Limiter Dans Mon Féminisme”
Autrice: Margot Loizillon
Data: 13 febbraio 2019
Traduzione a cura di: Gloria Spagnoli