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Ci servono gli eroi?
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Ci servono gli eroi?

Adesso che c’è una distanza temporale e mediatica dalla morte di Kobe Bryant, possiamo cominciare a ragionare insieme sul problema che ha suscitato l’enorme eco dell’accusa di stupro che lo ha colpito. Le vicende processuali e non sono note a tutt* e ciascuno si può fare la propria idea in proposito, anche se dato che lui stesso ha detto “capisco ora che lei sente di non aver acconsentito a quel rapporto” mi pare ci sia poco da discutere. Quello di cui sarebbe il caso di parlare è: perché non riusciamo a sostenere che la persona che è un nostro modello di comportamento, o un benefattore per la nostra situazione sociale ed economica, sia anche una persona capace di gesti riprovevoli e di condotte socialmente spregevoli? Perché ancora nel 2020 pretendiamo eroi senza macchia e non esseri umani, capaci di essere d’esempio ma anche di sbagliare?

La retorica dell’eroe ha una storia lunghissima e nasce ambigua. Nessuno creda che gli eroi del mondo classico siano stati immuni da nefandezze: Achille, già in Omero ma soprattutto in testi meno conosciuti, era noto come “la bestia”, famoso per la rabbia incontrollabile e la capacità di calpestare qualsiasi sacralità; Ulisse è uno che arriva dalla fedele Penelope dopo otto anni di vita con Calipso, e chiede a Telemaco di dimostrarsi uomo uccidendo le schiave che non sono state fedeli alla loro famiglia.

Escluso qualche eroe letterario inventato, non ce n’è uno che sia stato anche protagonista di un’azione infamante, bassa, meschina – anche perché, col passare del tempo, ci rendiamo conto che l’idea di eroe è un’idea storica e che quindi quei valori che una volta potevano essere considerati eroici forse ora non lo sono più, oppure quello che in un certo contesto è considerato eroico, altrove non lo è. Ad esempio, ci piace sempre o comunque un eroe che ammazza i cattivi? Perché uccidere? E chi sono i cattivi? Giovanni Falcone e Lorenzo “Orso” Orsetti sono eroi per moltissime persone, ma non hanno nulla in comune, sembrano incompatibili tra loro. In Italia poi tanti considerano eroi i due marò, oppure Mussolini. In questi tempi di Covid-19, sono eroi tutti gli operatori sanitari proprio perché fanno il contrario di ammazzare qualcuno; come fanno da sempre i medici di MSF o Emergency, dei quali però ci si ricorda più raramente. Passano i secoli ma un criterio per decidere chi è un eroe pare non esserci.

Molto probabilmente è la nostra idea di eroe quella alla quale abbiamo fatto poco caso, lasciando che venisse costruita da molte influenze culturali contraddittorie che non abbiamo mai esaminato accuratamente. L’eroe di un manga difficilmente sarà quello di un fumetto Marvel; un militare e un medico condividono poco del loro eroismo; possibile che tra i vigili del fuoco – sempre indicati come eroi civili – non ci sia un imbecille? E quando un qualsiasi mestiere di cura diventa eroico? Perché per molti e molte sono eroi i propri genitori? Quanti film poi raccontano di eroi diversi: è un eroe Harry Stamper di “Armageddon” o Thomas di “Toto le héros”? E quante poche donne sono in questo immaginario. Tante poche che ce le ricordiamo facilmente – soprattutto dopo che un noto libro di eroismo femminile è diventato un bestseller.

Il problema di questa figura monolitica, l’eroe, sta proprio nella sua unicità: è irraggiungibile, inimitabile, non è umano, quindi non può sbagliare, avere un difetto, avere compiuto anche azioni odiose o stupide. Chi vorrebbe assomigliare a un rivoluzionario chirurgo maschilista? Chi vorrebbe essere un nostalgico fascista in prima linea contro la criminalità? Chi vorrebbe emulare un grandissimo artista stupratore? A chi piacerebbe essere un geniale designer pedofilo?

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Ma gli eroi o non esistono nella realtà oppure sono esseri umani. Ricordare non l’uomo ma il fatto, la situazione, l’aspetto, l’occasione del suo eroismo ci permetterebbe di pensare non che solo lui o lei avrebbero potuto fare quella cosa, ma anche noi: l’esempio è imitabile, l’eroe no. L’esempio può educare sempre, l’eroe solo finché non ci accorgiamo che è un essere umano come tutti, e allora ci sentiremo traditi, come non importasse più quello che ha fatto, ma chi è. “Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”, fa dire Brecht al suo Galileo, che abiura pur di continuare a ricercare la verità in un mondo che l’ha rinnegata.

Si discute a lungo su Cristiano Ronaldo come esempio per i giovani, sulla grandezza di Roman Polanski come artista. Nessuno o quasi ricorda John Stuart Mill, Andy Murray, Malala Yousafzai, Alan Alda, Irena Sendler, Daniel Radcliffe, Nellie Bly, Joseph Gordon-Levitt, Patrick Stewart, Ann Makosinski, Giorgio Minisini che si sono distinti o distinte per un gesto, per le loro parole, per un’invenzione o per aver lottato contro forme di discriminazione odiose. Com’è odiosa la realtà che li lascia sullo sfondo: sono meno efficaci di un famoso sportivo o di un grande regista perché vendono molto meno e, se è questo il criterio giusto per definire un eroe, forse è proprio il caso di farne a meno.

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  • Polanski è sicuramente un grande artista ma non è un eroe e questo a prescindere dall’orrendo stupro che ha commesso, non è un eroe perchè non basta fare dei bei film per essere eroi, secondo me E per l’appunto: secondo me perchè è vero non esiste un criterio per definire in maniera univoca cos’è l’eroismo e chi sia un eroe o un eroina, ed è questo il bello, questa ambiguità, questa indefinitezza è feconda, è affascinante, è una ricchezza. E sì le persone definite eroi, che hanno compiuto azioni considerate eroiche sono esseri umani con le loro debolezze, insicurezze (ciò vale anche per gli eroi immaginari ormai, i famosi “super-eroi con super-problemi”) e alcuni “eroi” sono tutt’altro che senza macchia, hanno fatto o detto cose discutibili nella loro vita, talvolta hanno fatto azioni deprecabili oltre agli atti positivi per cui sono ricordati.

    questo vale anche al contrario: un serial-killer può pure aiutare una vecchietta ad attraversare la strada o salvare un gattino che si è arampicato su un albero ma questo non cambia molto: resta un serial-killer

    io trovo che questa ambiguità che esiste non sia un motivo sifficiente per rinunciare al comcetto di eroismo, ma per renderlo più complesso e problematizzarlo.

    sfortunato il paese che non ha eroi ed eroine.

    quanto all ‘”uccidere i cattivi” bè sì a volte è necessario: i militari tedeschi che il 20 luglio 1944 tentarono di uccidere Hitler sono giustamente considerati martiri in Germania e se fossero riusciti nel loro intento oggi sarebbero considerati eroi, poco importa se molti di loro in passato avevano simpatizzato per quel regime criminale al cui capo avevano giurato fedeltà, poco importa se alcuni dei militari del 20 luglio avevano espresso in passato dei pregiudizi verso gli ebrei (anche se erano moralmente disgustati dalla violenza genocida del regime e delle SS), quel che importa, quel che oggi ce li fa guardare con rispetto è ciò che hanno fatto nell’ultima parte della loro esistenza: hanno cercato di eliminare uno dei più terribili tiranni della storia europea, e avendo fallito hanno affrontato la morte.

    quindi sì abbiamo bisogno di eroi ed eroine, e sì a volte è necessario uccidere i cattivi o almeno tentare. Tu mi dirai “non è facile capire chi sono i cattivi, il tuo cattivo può essere l’eroe di qualcun’altro e viceversa”..certo tutto vero ma in certi momenti il relativismo deve essere messo da parte: Hitler doveva crepare male punto e basta

  • il gruppo di partigiani dei gap che nel ’44 fecero l’attentato di Via Rasella in cui morirono 33 militi nazisti dopo il quale si scatenò la rappresagli delle Fosse Ardeatine sono eropi? Io dico di sì

    i partigiani cecoslovacchi che uccisero a Praga il gerarca nazista Heydrich (la cui morte provocò anchè lì una feroce rappresaglia nazista) sono eroi? Per me sì

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