Articolo di Rachele Agostini
Mi piace immaginare questo articolo come la conclusione – o forse nemmeno, forse solo un altro tassello – di un percorso.
Un percorso iniziato la scorsa settimana, quando Irene ha raccontato la sua esperienza di donna femminista seduta fra il pubblico dello spettacolo milanese di Louis C.K. (riassunto rapido del contesto che Irene ha illustrato molto più a fondo: comico americano il cui nome è da moltissimo tempo tra i più conosciuti e amati della stand-up a livello internazionale, ma che dall’anno scorso è anche tra quelli degli uomini coinvolti nello scandalo #MeToo perché – come ha ammesso lui stesso dopo essere stato denunciato – amava masturbarsi davanti alle colleghe).
Pochi giorni dopo, Manuel ha continuato, raccontandoci la sua versione. Perché era seduto nello stesso pubblico, ma condividendo con Louis C.K. il privilegio di essere uomo, il suo sguardo era diverso.
Entro in gioco qui, non con un ulteriore punto di vista (perché io là non c’ero) né con una qualche sintesi dei loro discorsi (che meritano tutto il contrario: una lettura attenta, che ne prenda in considerazione l’individualità).
Piuttosto, arrivo con suggerimenti concreti.
Perché da due teste diverse e due esperienze diverse è comunque emerso, alla fine, un punto comune: certi modi di far ridere e certe cose di cui ridere, hanno una data di scadenza. Quella di Louis C.K., o piuttosto della categoria di cui è il volto particolarmente riconoscibile – maschi bianchi etero e cis senza disabilità, che sono tanto arrabbiati con tutti ma soprattutto con le donne, e giustificano con l’etichetta del black humor esternazioni che feriscono intere comunità – è arrivata.
La ragione per cui accorgersene non è sempre facile è che le alternative, purtroppo, non hanno il giusto spazio né la giusta visibilità. Perché lasciare la via vecchia per quella nuova non piace mai granché.
In generale, come esseri umani. In Italia in particolare ci fa proprio schifo, o almeno così sembrerebbe.
Allora vorrei avere la presunzione di contribuire, in misura infinitesimale, a un cambio di direzione.
Con una piccola lista di nomi che su Netflix Italia (il più comodo fra i possibili mezzi di fruizione, ma comunque non l’unico) compaiono accanto a quello di Louis C.K. nella sezione Stand-Up Straniera, ma – dati alla mano – vengono guardati molto meno. Non esattamente sconosciuti, ma molto meno noti di quel che meriterebbero.

John Mulaney
È stato per anni fra gli autori del leggendario comedy show americano Saturday Night Live, mettendo la sua firma – e molto più raramente la sua faccia – su sketch e personaggi già entrati nella storia del programma (se non avete mai visto gli sketch di Stefon, vi prego, correte su youtube) prima di passare dall’altra parte dei riflettori e conquistare palchi sempre più prestigiosi. Si muove, si veste e articola le frasi come uno che è piombato qui direttamente dagli anni Quaranta, ma la sua ironia sembra arrivare dal futuro. Trovate su Netflix i due comedy special più recenti, The Comeback Kid (2015) e Kid Gorgeous (2018), mentre spezzoni consistenti dei suoi spettacoli precedenti sono reperibili cercando il suo nome su Youtube o anche su Spotify, nella versione digitale dei cosiddetti comedy albums (che sono una tradizione in via d’estinzione ma, come dicevamo, anni Quaranta).
Bo Burnham
Giovanissimo (deve ancora compiere ventinove anni) ma già maestro della self deprecation, il meccanismo comico che fa coincidere chi fa le battute con chi ne è la vittima. Un meccanismo usato e abusato, ma vestito da lui di originalità e unicità, grazie all’uso della musica e dei suoi brani originali. Oltre allo spettacolo Make Happy (2016) che trovate su Netflix, e alle canzoni che non riuscirete a togliervi dalla testa, il consiglio è di recuperare Eighth Grade – Terza Media, film che ha scritto e diretto e che, lo scorso anno, ha riscosso un grandissimo successo al Sundance Festival.

Hasan Minaj
Americano di seconda generazione (figlio di indiani emigrati in California dallo stato dell’Uttar Pradesh), cresciuto in una famiglia che non ha mai abbandonato la propria cultura d’origine e la fede musulmana a essa legata, ma immerso in un mondo occidentale. Nello speciale Netflix Homecoming King (2017) Minaj guarda con ironia, lucidità e una discreta dose di cinismo a tutto questo. Nella serie Il Patriota Indesiderato – originale Netflix anche questo, ma parzialmente reperibile anche su Youtube – trasporta questa stessa visione su temi di politica e attualità, espandendo al massimo il lavoro che fino a non molto tempo fa ha svolto come corrispondente del Daily Show di Trevor Noah.

Daniel Sloss
Forse di lui si è parlato un po’ di più. Non tanto per la sua carriera in generale, quanto per un suo specifico pezzo che celebra la vita da single, diventato famoso come “il video che sfascia le coppie”. Lo stesso Sloss tiene il conto delle persone (ormai migliaia) che principalmente tramite social lo ringraziano, perché sono state quelle parole la spinta a terminare una relazione insoddisfacente. Netflix presenta i suoi spettacoli live come fossero episodi di una serie, e nel secondo – che per il momento è anche l’ultimo – lo sentiamo spendere parole di ammirazione per Hitler nei primi tre minuti (un “uomo appassionato, per le cose sbagliate certamente, ma comunque appassionato, come i veri artisti”). Giusto per ribadire che c’è una grossa differenza fra black humor e pezzi comici che si reggono sull’offesa sistematica di specifiche comunità discriminate.
Gad Elmaleh
Lo stereotipo che vuole i francesi totalmente avversi a parlare qualsiasi lingua non sia la propria, e con una certa puzza sotto il naso, viene spazzato via di fronte a American Dream (2018), in cui l’attore e comico francese di origine marocchina ironizza in inglese sulla propria esperienza americana. La propria storia di immigrato e l’identità di padre sono gli altri grandi temi intorno cui ruota la sua comicità, che su Netflix non si ferma alla stand-up (interpreta infatti una versione vagamente caricaturale di sé stesso nella serie originale HUGE in France) e sempre con l’aiuto di Youtube può essere ulteriormente approfondita (anche se i video sono quasi tutti in francese).
Grande ma indimenticato assente (sicuramente scorrendo la lista vi sarete aspettati di vedere il suo nome) è Trevor Noah…ma solo perché sto preparando un articolo intero dedicato a lui.
Eccoli qui i miei nomi, le mie proposte per ridere davvero.
Sì, sono tutti maschi.
Sono tutti cisgender e senza disabilità e solo due su cinque non sono caucasici.
Proprio per dimostrare che anche senza allontanarsi dal privilegio di cui gode l’impronta comica maschile, anche restando prevalentemente attaccati al tipo di persona che di default ha più spazio per fare il proprio mestiere, le alternative sono tante.
(Sulla stand-up femminile e queer facciamo un discorso a parte, che dite?)
John Mulaney e Hasan Minaj sono probabilmente i miei comici preferiti! Proprio stamattina facevo un discorso con mia madre su come per fare umorismo non ci sia necessità di offendere nessuno e le ho portato come esempio John Mulaney, sono molto contenta di vedere un blog italiano parlare di lui