La prima regola per fare coming out è che non ci sono regole.
Qual è quindi l’utilità di questo articolo? Leggete tutto ciò che ho da dirvi e (spero) lo capirete.
Iniziamo con le basi.
Per chi vive ancora nell’età della pietra e ha come migliori amici Fred e Wilma Flintstone o per chi semplicemente si avvicina per la prima volta a queste tematiche – ehi, benvenuti! -, coming out è un termine usato nella comunità LGBT per indicare, ad esempio, una ragazza che in una determinata fase della propria vita se ne esce fuori con frasi del tipo: «Ehi, a me piace andare a letto con altre donne!»; o un uomo che, sposato e con tanto di figli, afferma «Sì, mi sento donna e ho la necessità di cambiare sesso!». Insomma, tutte quelle persone che per la prima volta parlano liberamente di ciò che sono, che decidono di rivelare la loro vera identità.
“Coming out of the closet” cioè “uscire dal nascondiglio”, è infatti una perifrasi che può essere utilizzata da chiunque, siano essi uomini o donne, persone bisessuali, transgender o asessuali.
Riuscire a fare un coming out interiore è il primo passo per tentare quello “pubblico”. Si tratta di un processo che può durare anni, che può manifestarsi a vari livelli (come sottolineato dalla Scala Kinsey) e nei momenti più inaspettati.
Molto diverso dal coming out è l’outing, cioè quando qualcuno spettegola con frasi come «Ehi, senti un po’ qui: lo sai che Tizio va a letto con Caio?»; in altre parole è “la pratica politica di rivelare pubblicamente l’orientamento sessuale di persone segretamente non eterosessuali”.
Ahimé, ancora oggi ne leggiamo tanti di articoli che, con l’unico obiettivo di creare scandalo, scrivono a caratteri cubitali sulle testate dei giornali: “PersonaFamosa è GAY!!1!!!1”. Come se, detto tra noi, nel 2016 ci sia ancora qualcosa per cui scandalizzarsi se anche la presunta omosessualità di PersonaFamosa fosse vera.
In ogni caso, reputo l’outing una delle cose più meschine che si possano fare, per cui evitiamolo come la peste.
Durante un’adolescenza trascorsa guardando Sex & The City, cartoni animati Disney e cercando di capire qualcosa di matematica (con pessimi risultati, se vi interessa), quando ho realizzato di essere gay le prime domande che mi sono posto sono state: “Come faccio a dirlo a qualcuno? Quando posso dirlo? Di chi mi devo fidare? Dovrei dirlo proprio a tutti?”
E soprattutto: “Otterrei dei benefici nel rivelare che sono gay?”
Col senno di poi, la risposta è… SÌ!
Su quale pianeta è lecito che le persone parlino liberamente della loro religione, del loro orientamento politico o del loro piatto preferito, mentre la sessualità continua a restare un argomento tabù? Il nostro, già.
Poter dialogare apertamente dei propri appuntamenti, dell’amore o più semplicemente di una cotta per un’altra persona, è qualcosa di vitale importanza e che fa parte della vita di tutti. Dover tenere tutto questo dentro di sé nascondendo i nostri sentimenti a coloro che ci circondano non è mai un bene.
«Mi sono tolto un peso dal cuore» dissi a mia madre dopo averle detto di essere gay. Un cliché, ne sono conscio, ma vi posso assicurare che è stato davvero così.
A meno che non abbiate dei parenti incredibilmente all’avanguardia e al passo coi tempi, la paura prima del coming out non vi abbandonerà mai; ma al tempo stesso rimarrete sorpresi nello scoprire che gli amici e la famiglia possono dimostrarsi molto comprensivi e di grande supporto in situazioni del genere. Non temete: molto spesso è probabile che mamma e papà abbiano già intuito il vostro orientamento sessuale ma non ve ne abbiano mai parlato. Fare coming out sarà solamente un modo per stringere ancora di più il rapporto che avete con le persone a cui volete bene.
Come tutti noi ben sappiamo, gli esseri umani amano per definizione le etichette, quindi mentre per molti è semplice identificarsi come gay, bi o trans, per altri la situazione è molto più complessa di quanto possa sembrare, per cui è necessario che prendiate il tempo di cui avete bisogno prima di uscire dal nascondiglio. Non abbiate fretta. Per comprendere ancora di più voi stessi, provate a parlare con coloro che hanno già fatto coming out da tempo, condividete con loro le vostre esperienze e ciò che percepite in voi stessi.
«Se dicessi a mio padre che sono gay mi caccerebbe di casa!» è la frase che ho sentito più spesso da ragazz* che devono ancora uscire dal loro nascondiglio, e sono le parole che io stesso ripetevo nella mia testa mentre una strada cosparsa di petali arcobaleno ed unicorni si costruiva davanti a me sulla soglia dei diciassette anni. Inutile mentirvi dicendo che sia un’ipotesi irrealizzabile: moltissimi ragazzi dopo aver detto ai genitori di far parte della comunità LGBT sono stati costretti ad andar via di casa, tanto era diventata un inferno la loro vita. Nel caso in cui i vostri amici abbiano difficoltà ad accettarvi, poco male: ve ne farete di nuovi. Se doveste essere costretti ad andar via di casa, ricordatevi che ci sono tantissimi gruppi di supporto, amici e famiglie che non aspettano altro che accogliervi.
Dopo aver fatto il coming out interiore – che vi assicuro è la cosa più difficile inclusa nel pacchetto – come poter far fronte ad un coming out pubblico meno doloroso possibile? Dicevamo che non ci sono regole, ma esistono alcuni consigli che potrebbero esservi utili (sta a voi giudicare):
1. Tastate il terreno.
Cercate di capire cosa pensano i vostri amici ed i vostri genitori degli omosessuali e della comunità LGBT in generale.
2. Attendete il momento che per voi è quello più giusto.
Inutile affrettare le cose urlando “A ME PIACE IL CA**O!” durante il matrimonio di vostra sorella. Aspettate di sentirvi a vostro agio per far fronte a ciò che verrà dopo, senza ascoltare le pressioni che un vostro possibile partner potrebbe farvi per gridare al mondo che state insieme.
3. Apritevi con il vostro migliore amico o con la persona con cui vi sentite più in sintonia.
Evitate un coming out scritto o – ancora peggio – sui social network. La parola messa frettolosamente per iscritto può essere fraintesa, e a meno che non abbiate solo dieci amici su Facebook, l’omofobo di turno sarà sempre pronto a commentare “””con la sua opinione””” così da farvi sentire ancora peggio.
4. Ditelo ai vostri genitori o a tutti coloro a cui volete bene.
È sicuramente il passo finale, quello grazie al quale potrete mostrare a tutti la vostra vera essenza e gridare di essere liberi. Una volta giunti qui, beh… complimenti!
Come vi ho detto poco più su, non tutti i genitori saranno lieti di sapere di aver allevato un/a figlio/a sessualmente attratto/a da una persona del suo stesso sesso o che addirittura vorrebbe procedere ad una transizione dal sesso biologico a quello opposto. Potrebbero urlare, piangere, riempirvi di domande o non parlarvi per giorni. Il tempo, state sereni, è capace di risanare qualsiasi ferita. Non sto dicendo che sia facile, sto dicendo che si può affrontare.
5. Avete visto? Ce l’avete fatta!
Da questo momento in poi preparatevi psicologicamente a domande come: “Sei sicuro non sia una fase? Potresti tenerlo solamente per te, per favore? Adesso inizierai a vomitare arcobaleni?”
Personalmente non è mai capitato, ma sono sicuro che in tutti i casi avrei risposto ballando It’s Raining Man in una tutina in latex dorata. Così, giusto per fomentare lo stereotipo.
Il coming out è un processo personale proprio come la vostra identità, per questo motivo vi ho detto che non esistono schemi fissi o regole da seguire. Fatelo quando vi sentite pronti, e ricordatevi che ci sono tante persone, noi di Bossy in prima fila, che saranno onorate di potervi dare tutto il supporto di cui avete bisogno.
ho letto il tuo articolo, hai dato dei consigli favolosi, sono pienamente d’accordo su ciò che hai detto, però ti consiglio di aggiungere anche una parte più approfondita, sull’affronto del coming out interiore durante l’adolescenza