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Contro la cultura della monogamia
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Contro la cultura della monogamia

Come facciamo a cercare modelli relazionali più liberi e sani, dove poter crescere liberamente dal punto di vista individuale ed espandere la nostra soddisfazione sessuale ed emotiva?

Osare mettere in discussione la monogamia significa finire in un vicolo cieco dove le critiche legate alla presunta frivolezza sessuale si alternano alle immagini di quelle che potrebbero essere le alternative alla coppia convenzionale. Come la chiamiamo, “relazione liberale” come nei film americani, “poliamore” come quando avevi 18 anni e le tue amiche un po’ più grandi sperimentavano nei pochi collettivi non solo maschili che esistevano allora? “Relazione aperta”? Aperta a cosa? Significa che il legame è meno serio?

La centralità che socialmente e culturalmente diamo alla coppia costruisce un muro intorno a essa che ci impedisce di inserirla in un quadro comune con il resto delle relazioni della nostra vita. Questo continua ad accadere nonostante il fatto che la maggior parte delle sue caratteristiche tradizionali abbiano da tempo cessato di essere imperativi sociali: dal “per tutta la vita” si è passati alla normalità della monogamia seriale (diversi cambi di partner nel corso della vita); sempre più coppie eterosessuali scelgono di non avere figliə; molte coppie adulte decidono di continuare a vivere separate piuttosto che andare a convivere, ecc. Sembrerebbe che siamo statə privatə degli strumenti per differenziare la relazione di coppia dal resto dei nostri legami, se non fosse per due elementi chiave: l’esclusività sessuale (o l’apparenza di essa) e una gerarchia relazionale che suddivide i nostri affetti e pone sulla persona con cui stiamo una serie di aspettative non solo ingiuste ma, soprattutto, impossibili da soddisfare. Come diceva Kollontai (già un secolo fa!): è assolutamente irrazionale aspettarsi che una sola persona soddisfi tutti i nostri bisogni affettivi e sessuali.

Rompere con questa gerarchia relazionale imposta, decentralizzando il legame di coppia a favore delle altre relazioni della nostra vita, ci permette di capire che mettere in discussione la monogamia non significa solo ripensare i nostri legami sessuali-affettivi, ma anche e soprattutto problematizzare il modo in cui questi sono delimitati e strutturati diversamente dagli altri affetti della nostra vita. O, per dirla in un altro modo: passare dalla semplice messa in discussione della monogamia come pratica alla critica del sistema monogamico nel suo insieme, come direbbe Brigitte Vasallo. Una presa di posizione contro la cultura della monogamia.

La casa editrice Bellaterra ha appena pubblicato nella nuova traduzione spagnola il volume “En defensa d’Afrodita” (In difesa di Afrodite), una raccolta di articoli pubblicati originariamente in catalano dalla casa editrice Tigre de Paper già un decennio fa. Nonostante siano datati, alcuni dei testi proposti nella raccolta sono tra i più interessanti che si possano trovare sull’argomento. L’articolo centrale, “Desmontando la cultura de la monogamia” (Decostruire la cultura della monogamia), fa tre cose fondamentali: problematizza tutto il nostro quadro relazionale, non solo le relazioni di coppia, dimostrando come la monogamia funzioni come un sistema che genera e legittima la violenza, e smonta alcuni dei più importanti cliché della norma monogamica.

Na Pai, principale autore del libro, concettualizza politicamente la monogamia come un sistema di esclusione che gerarchizza e suddivide i nostri affetti in categorie, che ci reprime sessualmente e condiziona le nostre aspettative di vita. Particolarmente interessante è il modo in cui analizza la gelosia e l’infedeltà, sottolineando che la monogamia non è basata su una reale esclusività sessuale ma sull’aspettativa di essa, e che “mettere le corna” è di fatto parte del sistema monogamico stesso. Salta così all’occhio l’ipocrisia nel tollerare la dissimulazione, l’auto-repressione e la vergogna, ma poi scandalizzarsi per il dialogo e la sincerità reciproca.

Sono molto buone anche le note sul non determinismo emotivo (le emozioni sono socialmente e storicamente costruite, e possono quindi essere elaborate) e la classificazione delle relazioni in base a quattro elementi principali: economia, affinità, affetto e sessualità. Viene quindi a mancare il quadro ristretto dei legami di coppia, ed è uno schema che può essere molto utile per pensare al modo in cui si costruiscono le relazioni genitori-figli o le basi per la costruzione di amicizie solide.

Il fatto che la versione originale di “En defensa d’Afrodita” sia apparsa dieci anni fa spiega forse perché alcuni dei testi al suo interno sembrano essere troppo strettamente orientati verso le sottoculture attiviste. Le discussioni intorno alla cultura della monogamia sono ancora lontane dall’essere un argomento mainstream, ma è indiscutibile che la pubblicazione di “Pensamiento monógamo, terror poliamoroso” (Pensiero monogamo, terrore poliamoroso) di Brigitte Vasallo nel 2018 ha segnato un cambiamento radicale nel modo di affrontare la non monogamia, e un ampliamento della cornice del dibattito. A questo ha contribuito anche l’esplosione femminista degli ultimi anni, con l’importanza data all’amicizia tra donne e alle reti affettive, e al conseguente decentramento del nostro motore emotivo rispetto allə partner.

Sono quindi presenti in alcuni dei testi che compongono il libro determinati approcci che sono stati superati negli ultimi dieci anni. Troviamo anche discussioni che possono essere utili per le persone che vogliono lavorare sulla non monogamia, ma che non servono ad allargare il dibattito, perché presuppongono un soggetto di lettura omogeneo nei loro ambienti relazionali e codici culturali. Alcuni testi, soprattutto quello sui codici di classificazione e quello dedicato al sesso collettivo, contribuiscono a questa sensazione. Come facciamo a portare avanti questo dibattito? Come facciamo a cercare modelli relazionali più liberi e sani, dove poter crescere liberamente dal punto di vista individuale ed espandere la nostra soddisfazione sessuale ed emotiva?
Sulla base di conversazioni che ho avuto con persone amiche e partner e un sacco di letture fatte prima e dopo, e riflettendo su molte delle idee contenute in “En defensa d’Afrodita”, ecco alcuni spunti:

1. C’è una significativa assenza in tutto il libro di qualsiasi problematizzazione del fattore tempo. L’unica volta che vi si fa esplicitamente riferimento, Na Poi lo risolve con un rude e sprezzante “non guardo la televisione”, che nega indirettamente l’esistenza di un reale problema di scarsità di tempo nella società capitalista contemporanea. Prendersi cura delle relazioni, di qualsiasi tipo, richiede un’enorme quantità di tempo. Molte delle difficoltà che abbiamo nel costruire e mantenere amicizie solide e durature derivano proprio da questo: difficilmente riusciamo a trovare il tempo per dedicarci adeguatamente a una o due persone. Qualsiasi messa in discussione globale del nostro quadro relazionale dovrebbe partire da questo.

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2. Alcuni capitoli trascurano o ignorano erroneamente l’importanza della responsabilità affettiva – o, in altre parole, partono da posizioni di forte egoismo emotivo. Suppongo che questa sia una fase che abbiamo attraversato tuttə: se razionalmente una scelta è giusta, perché dovrei limitarmi nel portarla avanti? Le nostre azioni hanno conseguenze, che a volte comportano il dolore di altre persone. Ignorare questo dolore o fingere che non ce ne importi, solo perché la sua origine è una serie di pregiudizi e tabù socialmente stabiliti, può essere utile per il nostro piacere immediato, ma non ha altre conseguenze oltre alla possibilità di danneggiare le persone a cui teniamo. Il confine tra cedere al ricatto emotivo e assumersi la responsabilità delle conseguenze delle nostre azioni può essere labile, ma non dovrebbe essere ignorato.

3. L’apprendimento emotivo (e in misura ancora maggiore il disapprendimento) è lento e costoso, come viene riconosciuto più volte nel corso del libro. Passare dalla comprensione e accettazione razionale di un problema (in questo caso, l’insensatezza dell’esclusività sessuale e la gerarchizzazione e suddivisione dei nostri legami in categorie) alla sua interiorizzazione è sempre un processo lungo. Senza un momento di riflessione e discussione, il progresso non è possibile; come non è possibile senza la sperimentazione pratica dei nostri affetti. Comprendere la monogamia come un sistema, come un insieme che condiziona la nostra vita anche e fondamentalmente al di fuori della coppia, ci permette di rompere con l’idea trita e ritrita che rifiutarla consiste nell’espandere la nostra vita sessuale mantenendo intatto il resto del nostro schema relazionale. In questo senso è rilevante il capitolo intitolato “Relazioni infinite”, dove viene spiegato che è da una rottura con la visione tradizionale di come dovrebbe essere l’amicizia tra uomini che l’autore comincia a ripensare tutte le relazioni della sua vita.

4. Desacralizzare il ruolo del sesso, toglierlo dal piedistallo con cui gli attribuiamo la capacità di definire e trasformare la forma e il significato delle nostre relazioni, dovrebbe permetterci di agire in modo molto più rilassato rispetto alla sua importanza dentro e fuori dalla coppia. Molti capitoli del libro insistono giustamente su questo fatto: la nostra sessualità ha un valore, e può essere legata in molteplici modi al piano affettivo. La presenza o l’assenza del sesso non determina nulla, e la sua pratica può generare legami che non competono tra loro ma si completano e si arricchiscono a vicenda. Dare al sesso l’importanza che ha realmente (come espressione di affetto e amore, o come desiderio reciproco di divertirsi insieme) non solo contribuirebbe a porre fine allo stato di crisi sessuale in cui viviamo, ma è anche un ottimo strumento per sdrammatizzare i nostri legami e cominciare a lavorare sull’insicurezza e la gelosia.

“En defensa d’Afrodita” è un libro coraggioso, e lo era certamente anche di più dieci anni fa. “Desmontando la cultura de la monogamia” rimane tutt’oggi una delle risorse migliori sull’argomento, e anche alcuni altri testi offrono contributi estremamente utili per coloro che sono riluttanti a impegnarsi nel dibattito sulla non-monogamia. Al di là delle formulazioni concrete, proponiamo due idee chiave: che l’amore non è un bene scarso da razionare, ma da moltiplicare esercitandolo; e che la comunicazione e la piena disponibilità ad ascoltare e capire, senza bisogno di nascondersi, sono ingredienti fondamentali per qualsiasi relazione sana. Nessuno di questi fattori trova posto nella cultura della monogamia.

Fonte
Magazine: ctxt
Articolo: Contra la cultura de la monogamia
Scritto da: Julia Cámara
Data: 31 dicembre 2021
Traduzione a cura di: Michela Perversi
Immagine di copertina: Courtney Cook su Unsplash
Immagine in anteprima: freepik

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