ə bambinə si rendono conto molto presto che il mondo che li circonda distingue gli esseri umani in due diverse categorie: uomini e donne, maschi e femmine. Essere accettatə come membri di questa società vuol dire spesso conformarsi alle norme sociali e culturali imposte al proprio genere di appartenenza. E così, già da piccolə, ə bambinə sanno che cosa ci si aspetta da loro in quanto maschi e in quanto femmine. I maschi sanno quali sono le attività, i colori, le emozioni, i comportamenti e i vestiti che si confanno al loro genere e cosa invece rischia di categorizzarli come “femminili”, anzi “femminucce”. Per le bambine, invece, si ha una maggiore tolleranza e si permette loro di svolgere attività e adottare posizioni codificate come maschili, anche se sempre e solo fino a un certo punto.
Moltə insegnanti e professionistə che lavorano nelle scuole dell’infanzia affermano di trattare maschi e femmine allo stesso modo. Diversi studi hanno dimostrato tuttavia che ə bambinə sono orientatə verso attività diverse a seconda del loro genere. Così, invece di essere un luogo in cui combattere le disuguaglianze, le scuole dell’infanzia finiscono per diventare luoghi in cui i ruoli di genere tradizionali vengono consolidati. ə adultə, infatti, in maniera più o meno conscia si rivolgono ai bambini e alle bambine in maniera diversa e ripongono su di loro precise aspettative di genere. E poiché l’educazione ha conseguenze concrete sul futuro di questə bambinə, essə stessə finiscono per interiorizzare e riprodurre gli stereotipi di genere e le aspettative sociali che vengono loro trasmessi.
Nelle scuole dell’infanzia tradizionali i maschi sono maggiormente incoraggiati a prendere parte a giochi di gruppo e attività che stimolano la motricità, il senso dell’esplorazione, lo spirito scientifico e l’abilità manuale. Le bambine giocano con le bambole o con la cucina, imparando da subito a dedicarsi alle altre persone e sviluppando una certa predilezione per i mestieri legati all’introspezione o alla cura del prossimo. Durante la ricreazione, i bambini occupano la maggior parte dello spazio, spesso giocando a calcio, mentre le bambine restano in disparte lungo i bordi. Per quanto riguarda gli sport, le bambine tendono a privilegiare gli sport individuali come la danza o la ginnastica artistica, mentre i maschi sono coinvolti soprattutto in sport di gruppo dove imparano cos’è la competizione e il fallimento. Il punto è che sono esortati a farlo.
Gli stereotipi di genere si ritrovano anche nella musica: per le bambine si prediligono strumenti più delicati come il violino, il flauto e l’arpa, mentre ai bambini si fanno suonare la batteria, la chitarra o la tromba. Alle bambine si insegna a essere obbedienti, composte e a non arrabbiarsi. Ai bambini si permette molto più facilmente di esprimere la propria rabbia, ma meno la propria tristezza, limitando l’esplorazione di un più ampio spettro emotivo. I bambini crescono quindi facendo molta più difficoltà a riconoscere le proprie emozioni e privi del linguaggio necessario per descriverle. Si tende inoltre a dare molta più attenzione a come una bambina è vestita e a rivolgerle più complimenti sulla sua apparenza. Ai maschi invece è permesso di vestirsi in maniera molto più comoda, e questi stessi vestiti più comodi permetteranno loro di esplorare molto più facilmente lo spazio circostante, di arrampicarsi, sporcarsi e cadere.
Da circa vent’anni in alcune scuole dell’infanzia in Svezia, quarto Paese al mondo per parità di genere e primo nell’Unione Europea secondo l’indice sulla parità 2021 dello European Institute for Gender Equality, si cerca di educare bambini e bambine allo stesso modo.
Come riportato dal New York Times, i primi esperimenti ebbero inizio nel 1996 con Ingemar Gens. Di professione giornalista, Gens era appassionato di archeologia e studi di genere e aveva condotto uno studio sugli uomini svedesi che cercavano moglie in Thailandia attraverso dei siti matrimoniali. Nominato esperto di pari opportunità, Gens volle eliminare l’idea dell’uomo svedese stoico e privo di emozioni e le scuole dell’infanzia gli sembrarono il luogo ideale da cui iniziare. A partire dall’età di un anno, infatti, ə bambinə svedesi passavano fino a 12 ore al giorno nelle scuole dell’infanzia finanziate dal Governo. Così, a Trodje, una piccola città sul mar Baltico, due scuole decisero di mettere in pratica una strategia di genere compensativa. Per parte della giornata, maschi e femmine venivano separati e ogni gruppo riceveva gli insegnamenti che normalmente venivano riservati al genere opposto. I maschi si massaggiavano i piedi a vicenda e le femmine potevano andare a piedi scalzi sulla neve, spalancare le finestre e urlare. “Cercammo di insegnare ai maschi quello che le femmine già sapevano, e viceversa”, affermò Gens. Ovviamente, le critiche non tardarono ad arrivare e Gens e il suo team vennero accusati di indottrinare ə bambinə. Gens allora rispose che tuttə noi indottriniamo ə bambinə, il semplice atto di farli crescere significa indottrinarli. ə insegnanti erano statə filmatə durante l’esperimento ed erano statə invitatə successivamente a rivedere i video e notare quali erano i comportamenti discriminatori che avevano adottato. Con grande sorpresa iniziarono a individuare pattern precisi riservati a uno specifico genere, quali la tendenza a parlare alle bambine in maniera più complessa e quella di aiutare i bambini a vestirsi prima di uscire. Con il tempo, la strategia di genere compensativa lasciò il posto a un approccio gender-neutral, in cui ə insegnanti erano sollecitatə a trattare maschi e femmine allo stesso modo. L’obiettivo era quello di smantellare gli stereotipi di genere tradizionali e liberare ə bambinə dalle aspettative culturali e sociali imposte loro sin dalla nascita.
Nel 1998 un emendamento della legge svedese sull’istruzione sancì che ə insegnanti nelle scuole dovevano lottare contro gli stereotipi di genere. Diverse scuole dell’infanzia decisero quindi di adottare delle politiche gender-neutral all’interno dei propri istituti. Tra le pioniere di questo approccio c’è Lotta Rajalin, direttrice di cinque scuole dell’infanzia per bambinə da uno a sei anni. Nelle sue scuole ə bambinə sono incoraggiati a esplorare tutte le possibilità a loro disposizione senza essere categorizzatə e limitatə dal proprio genere. ə insegnanti si rivolgono aə bambinə utilizzando i loro nomi, la parola “amicə” o il pronome neutro hen. Questo pronome, preso in prestito dal finlandese, è entrato ufficialmente nel dizionario svedese nel 2015 e viene utilizzato al posto del pronome femminile hon e quello maschile han. ə insegnanti, dopo essere stati filmati e aver notato i propri comportamenti discriminatori quali l’utilizzo di specifici aggettivi solo in riferimento a un genere piuttosto che a un altro, hanno iniziato a evitare frasi come “Frida è così bella, dolce e disponibile” o “Mohammed è così forte e sfrenato”. Come Rajalin spiega nella sua presentazione TEDx nelle sue scuole si cerca di trasmettere aə bambinə “the whole life spectra”. Questo spettro comprende diversi comportamenti, colori, attività, emozioni e aggettivi e solitamente nella maggior parte del mondo viene suddiviso in due macrogruppi: maschile e femminile. Nelle sue scuole invece si cerca di non categorizzare ə bambinə e mettere a loro disposizione l’intero spettro. In tal modo una bambina può gridare, arrabbiarsi, essere prepotente, arrogante, vivace e un bambino può piangere, essere dolce, spaventato, triste. Si vuole insegnare loro che il genere non è un limite o un ostacolo alle loro possibilità, il loro comportamento, le loro emozioni e i loro sogni. Si cerca di ampliare le loro scelte senza limitarle a quelle che la società si aspetta da loro. Rajalin sottolinea che non si tratta, come alcuni detrattori potrebbero affermare, di confondere la percezione del proprio genere in giovane età quanto piuttosto di promuovere la parità e mostrare aə bambinə che tutto è possibile al di là del proprio genere. ə bambinə sono liberə di riconoscersi e riconoscere ə altrə come appartenenti a uno specifico genere, ma sono aiutatə a non ridurre quello specifico genere a determinati ruoli e a evitare di sviluppare un’immagine stereotipata.
Nelle scuole gender-neutral, i libri per ragazzə contengono un ampio spettro di emozioni in modo tale che ə bambinə possano imparare a riconoscerle e disporre del lessico adeguato a descriverle. Le storie che vengono proposte cercano di non riproporre figure genitoriali stereotipate e ruoli di genere tradizionali. Fiabe come “Cenerentola” e la “Bella addormentata nel bosco” sono sostituite da storie di animali quali quella di una coppia di giraffe che adotta un cucciolo di coccodrillo abbandonato.
Le scuole dell’infanzia gender-neutral rappresentano un fenomeno relativamente recente e sono ancora troppo poche per costituire un campione di ricerca sufficiente. Alcune ricerche, tuttavia, cominciano a gettare luce sugli effetti che un’educazione gender-neutral può avere suə bambinə.
Una ricerca pubblicata sul Journal of Experimental Child Psychology e condotta da alcunə ricercatorə dell’Università di Upssala su un campione di 80 bambinə (30 iscrittə a una scuola gender-neutral e 50 iscrittə a due scuole dell’infanzia tradizionali) ha mostrato che ə bambinə che hanno ricevuto un’educazione gender-neutral sono più propensi a giocare con bambinə di genere opposto che non conoscono e sono meno influenzatə dagli stereotipi di genere. Quando è stato chiesto loro di abbinare diverse immagini rappresentanti femmine, maschi, gonne, jeans ecc., questə erano meno portatə a fare associazioni che rispecchiavano le norme culturali tradizionali. Si è visto, tuttavia, che come ə bambinə delle scuole tradizionali, anche quellə delle scuole gender-neutral tendono a raggruppare le persone che li circondano secondo il loro genere. In conclusione, la pedagogia gender-neutral ha un impatto su come ə bambinə vedono e percepiscono il genere, ma non sulla loro tendenza a riconoscerlo.
I dati e gli studi a disposizione sono limitati ed è ancora presto per determinare quale sia l’impatto sul lungo termine di questo nuovo modello pedagogico. Resta tuttavia la speranza che luoghi simili possano rappresentare un punto di partenza verso una società più equa e meno intrisa di stereotipi di genere.
l’ essere maschi o femmine non c’entra con gli stereotipi di genere, si è maschi o femmine a prescindere dal colore dei vestiti o dai giocattoli. un bambino che gioca con le bambole fa una libera scelta, un bambino che non vuole giocare con le bambole fa una libera scelta, idem per le bambine