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Douglas, il ritorno in scena di Hannah Gadsby
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Douglas, il ritorno in scena di Hannah Gadsby

Con “Nanette” avrebbe messo la parola “fine” alla sua carriera di stand-up comedian. O così aveva detto. Proprio quello show, però, con cui contava di appendere il microfono al chiodo, le è valso una fama internazionale (e un Emmy) che nemmeno lei si immaginava. Dopo “Nanette”, non solo Hannah Gadsby è tornata in scena, ma il suo talento, il potere delle sue parole e la forza della sua storia hanno scosso il pubblico al punto da convincerla a scrivere un nuovo spettacolo e a portarlo in giro per il mondo. A fine tour, a Los Angeles, “Douglas” è stato filmato per diventare il suo secondo speciale Netflix, disponibile in streaming dal 26 maggio.

Se avete visto “Nanette”, di cui abbiamo parlato anche qui, sapete che Gadsby aveva annunciato durante lo show di dover smettere di fare stand-up per non arrogarsi il diritto di usare la sua rabbia per diffondere odio tramite la sua storia e le sue parole. “Nanette” è infatti uno show in cui vengono esposti ed elaborati traumi da lei vissuti e, come dice lei stessa, la rabbia è in grado di unire una stanza piena di sconosciuti con lo stesso potere di una risata. Gadsby riconosce di avere tutto il diritto di essere arrabbiata, ma non vuole contribuire all’odio che, contagioso, inevitabilmente scatena dalla sua rabbia. Questo mostra una grande responsabilità e un uso consapevole della propria visibilità davanti alla possibilità di poter esprimere liberamente la propria rabbia in quanto vittima.

Visto il successo riscontrato, però, ammette non avrebbe avuto senso smettere di parlare proprio quando la sua voce iniziava a essere ascoltata e il suo messaggio a essere preso sul serio a livello internazionale. Così Gadsby torna con “Douglas”: uno show che mette alla prova le aspettative di chi preme play dopo aver guardato “Nanette”. Proprio le aspettative sembrano essere l’elefante nella stanza e infatti ne parla lei stessa, proprio a inizio show, per mettere le cose in chiaro e annunciare che “purtroppo questa volta non ha altri traumi da condividere”.

“Douglas” è speciale in modo diverso da “Nanette”. Con “Douglas”, tramite un’ora di risate e spunti di riflessione, Hannah Gadsby ci fa entrare un po’ di più nella sua mente e ci permette di conoscerla più a fondo parlando della sua diagnosi di autismo. Lo show inizia con una premessa che getta le basi dello spettacolo e calibra le aspettative del pubblico spiegando esattamente quello che succederà e “rovinando” alcune sorprese: ci racconta pezzo per pezzo che tipo di battute farà, con chi se la prenderà, quale aneddoto apparentemente frivolo racconterà e – premette – a un certo punto annuncerà di avere scoperto di essere nello spettro dell’autismo. Perché Gadsby ci spoilera il suo stesso show? Quello che forse può inizialmente sembrare fastidioso, si rivela in realtà geniale e in parte necessario. L’intera premessa sull’organizzazione dello spettacolo diventa chiara quando Gadsby spiega che con lo stesso show voleva mostrare cosa significhi per lei essere nello spettro dell’autismo e farne vedere i risvolti concreti, a partire dal suo flusso di pensieri e come questi sono organizzati. Indubbiamente, poi, dire al pubblico cosa aspettarsi da uno spettacolo densamente anticipato da pesanti aspettative è stato un utile modo per procedere con serenità e godersi, sia lei sia noi, quello che non può – per forza di cose – essere un altro “Nanette”.

In “Douglas”, Gadsby decide quindi di strutturare l’intero show seguendo il filo logico dei suoi pensieri, a partire proprio dalla premessa iniziale. Ma sebbene non si parli tutto il tempo di autismo, diventa chiaro, battuta dopo battuta, quanto il tema sia in realtà presente dall’inizio alla fine. Così come aveva fatto in “Nanette”, per esempio con i riferimenti all’omosessualità, Gadsby sa perfettamente inserire un riferimento dietro l’altro all’autismo o a situazioni per cui l’autismo è la chiave di lettura.

“Il giorno in cui mi hanno diagnosticato l’autismo è stata una bella giornata. Perché era come se mi avessero dato le chiavi della città che mi rappresenta. Perché finalmente riuscivo a capire così tante cose che mi avevano confuso […]”

Gadsby racconta per esempio di tutte quelle volte in cui le persone attorno a lei non riuscivano a comprendere le sue reazioni o in cui le sue osservazioni non erano mai espresse nel modo o nel luogo adatto. Ci spiega cosa si prova a essere nello spettro dell’autismo e ad esserlo senza saperlo, in quanto donna lesbica in una società patriarcale. E ci racconta come l’essere donna complichi prima il riconoscimento e poi la diagnosi. Gadsby riesce così nuovamente a portare a galla un argomento su cui sensibilizzare il grande pubblico, tramite la stand-up comedy, facendo di questo show una meravigliosa opera di visibilità per tutte le persone nello spettro che possono così vedersi rappresentate. E questo è possibile solo grazie al fatto che Gadsby adesso, attraverso la diagnosi, è riuscita a comprendersi appieno, a capire aspetti di sé che le erano rimasti oscuri fino a quel momento e a compiere i primi passi per poterne parlare.

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Tutto questo è ovviamente arricchito da una spassosissima lezione di storia dell’arte, infarcita di continue frecciatine al patriarcato odierno e passato; contenuti per cui un pubblico ampissimo di spettatori e spettatrici ha imparato ad apprezzarla. Mentre “Nanette” è incentrato sui traumi legati all’omofobia e alla violenza di genere subita, “Douglas” assume, intenzionalmente, toni più sereni che non mancano però di offrire prospettive diverse e riflessioni, oltre a stuzzicare gli uomini bianchi eterosessuali all’ascolto.

Dalle sue esperienze con l’autismo all’ira contro i golfisti, non c’è momento in cui le parole di Hannah Gadsby non siano preziose.

“Douglas” è uno show nuovo, indubbiamente diverso, che non si esime dal trattare temi complessi e che fa ridere, molto. E adesso che Hannah Gadsby ha trovato il suo modo di rivoluzionare il genere della stand-up comedy e sfruttarlo a suo piacimento per mostrarci cosa pensa e come lo pensa, non ci resta che sperare di rivederla sul palco il prima possibile.

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