Il rapporto tra le donne e l’arte non è idilliaco. Le artiste sono state cancellate e dimenticate dalla storia, i loro meriti sono stati attribuiti ad altri o misconosciuti e il loro ruolo è stato considerato sempre secondario. Anche sui libri facciamo fatica a rintracciarle e soprattutto a nominarle. Quelle che ricordiamo sono fenomeni considerati e descritti come assolutamente eccezionali per la loro epoca, meteore di passaggio la cui eredità spesso non è stata valorizzata né resa accessibile ad alte artiste successive, figure quasi mitologiche che sono riuscite a fare l’impossibile, sole, in un mare di uomini.
In principio era l’uomo
La storia dell’arte non è stata esente dal pregiudizio che anche quello fosse un ambito prettamente maschile: per secoli non si è nemmeno cercato di ricostruire il contributo di artiste che sono state dimenticate o mai citate, di tracciare dei possibili fili conduttori tra le loro opere, di studiare lo stile delle autrici con la stessa attenzione riservata ai loro colleghi.
Spesso sono stati resi retroattivi dei potentissimi bias che vedevano lo spazio dell’arte come precluso e completamente estraneo alle donne. Motivo per cui la corretta attribuzione di certe opere è avvenuta con un ritardo clamoroso e inaccettabile e di altre, con buona probabilità, non avverrà mai.
Ma l’invisibilizzazione di cui le artiste sono state vittime non risale unicamente a tempi “recenti”. In questo senso, come sottolinea l’archeologa preistorica Marylène Patou-Mathis, la cecità della storia dell’arte davanti alle donne preistoriche è emblematica. Solo negli ultimi anni si è provato ad approfondire la questione, e ci si è interrogati su un possibile diverso rapporto fra le donne e l’arte. Ha fatto il giro del mondo la notizia, ormai di qualche anno fa, che le prime pitture rupestri, a dispetto di quanto narrato e mai messo in discussione fino ad allora, potrebbero essere state frutto di mani di donne: la “scoperta” è avvenuta a seguito di un interessante studio sulle impronte rinvenute nelle caverne risalenti a epoche lontanissime, condotto da un team multidisciplinare di ricercatori provenienti da diverse università e guidato dall’archeologo Dean Snow, i cui risultati sono stati successivamente pubblicati nella rivista scientifica American Antiquity.
Artiste mancate, artiste dimenticate
L’elenco di artiste bistrattate dalla storia è lunghissimo, probabilmente molto più lungo di quello delle poche autrici riconosciute. Per ogni Frida Khalo la cui grandezza è giunta fino a noi, ci sono moltissime artiste dimenticate che non sappiamo nemmeno come richiamare alla memoria. Per ogni Artemisia Gentileschi, che dopo essere stata stuprata da quello che avrebbe dovuto essere la sua guida è stata anche ingannata con la promessa di un matrimonio riparatore mai avvenuto, esistono diverse Lee Krasmer, principale esponente dell’espressionismo astratto e passata invece alla storia come “Signora Pollock”. Per ogni Peggy Guggenheim che è riuscita a fare del suo nome un simbolo mondiale del mecenatismo e del collezionismo d’arte, ci sono tante Judith Leyster le cui opere migliori sono state indebitamente attribuite al suo maestro.
A tutte le artiste la cui carriera è stata ridimensionata, condizionata, subordinata, rubata si aggiungono poi quelle a cui l’arte è stata in senso assoluto negata, con danni irreparabili in termini di opere d’arte mai venute alla luce e correnti o stili artistici mai affermatisi. Le conseguenze dell’esclusione delle donne vengono per questa ragione pagate a caro prezzo dall’umanità intera e non soltanto dalle donne.
La statua che non esiste
Ma l’arte è stata un universo maschile non soltanto per quanto riguarda gli autori. Le stesse rappresentazioni artistiche sono figlie di questa sistematica esclusione o controllo delle donne. Le Gallerie pullulano di quadri di Madonne, Sante o di figure femminili mitologiche. Le statue sono per lo più tributi a donne o madri generiche, senza nome e senza storia. Persino una città come Roma, patria dell’arte monumentale, è carente di opere che esaltino le gesta delle grandi donne della storia: unica eccezione romana la statua equestre di Anita Garibaldi al Gianicolo che non può bastare davanti a una sovraesposizione del talento e del successo maschile, ovunque celebrato.
Per questa ragione, a Roma e non solo, hanno preso piede iniziative volte alla sensibilizzazione della cittadinanza su questa “Monumentale dimenticanza” che mette al bando le donne, persino le migliori, non solo come artiste, ma anche come modelli di ispirazione, dai libri di storia dell’arte, dai musei e dai siti archeologici, dalla topografia e dalla toponomastica delle città. L’intento non è soltanto di denunciare questa pesantissima assenza, questo vuoto di immagini, di simboli e di rappresentazioni, ma soprattutto di mettere in mostra la possibilità se non di porre rimedio al fenomeno, almeno di invertirne la tendenza e di fare della statua che non esiste, finalmente una statua che esiste.