Nel 1936 lo scrittore americano Munro Leaf pubblica “La storia di Ferdinando”, un toro che piuttosto che passare il tempo a combattere con gli altri maschi preferiva annusare i fiori e inseguire le farfalle.
Il toro Ferdinando è anche il tatuaggio che campeggia sul braccio destro del protagonista di “Elliott Smith. Going Nowhere”, nuovo graphic novel scritto e disegnato dal tarantino Holdenaccio ed edito da Bao Publishing che ripercorre la vita del fenomenale cantautore di Portland.
Ora, è assolutamente possibile che non abbiate mai sentito parlare di Elliott Smith, ma se chiedete al sottoscritto vi dirà che insieme a Jeff Buckley è stato il più grande cantautore degli anni Novanta. Artista schivo di ballad grunge-beatlesiane quasi sussurrate, figlio del fervente circuito alternative che animò quegli anni – moltə ricordano la timida esibizione con cui fece capolino nello show business suonando la sua “Miss Misery”, brano presente nel film di Gus Van Sant “Will Hunting – Genio Ribelle” durante la notte degli Oscar del 1998. Per la cronaca, la statuetta venne vinta da una certa cantante canadese per un film su una barca che affonda: il contrasto fra l’esibizione malinconica e fuori posto di Elliott Smith e quella navigata (no pun intended) e teatrale di Céline Dion in quella serata ispirerà l’imprescindibile saggio sul gusto condotto dal critico musicale Carl Wilson nel suo “Let’s Talk About Love: Why Other People Have Such Bad Taste”.
Proprio da questo episodio comincia il racconto di Holdenaccio, che con una ouverture cinematografica restituisce da subito a chi legge l’introversione del personaggio. Elliott si volta verso la platea infarcita di stelle del cinema, dove incrocia – lo vediamo per la prima volta – lo sguardo complice del toro Ferdi, amico immaginario che lo accompagna fin dall’infanzia. Un timido sorriso, e comincia a cantare.
Quello che segue è il classico racconto biografico di ascesa e caduta, in cui gli eventi cruciali della vita del cantautore (l’asfissiante patriarcato texano, il cambio di città e di nome come affermazione della propria identità) si susseguono incrociandosi con il politico (i comizi di Angela Davis, la nascita delle riot grrrl con il bello spazio dato a Joanna Bolme) fino al tragico epilogo… Se non fosse che Smith una vera e propria ascesa in vita non la vivrà mai perché, con le dovute proporzioni, non stiamo parlando di una stella internazionale come Freddy Mercury o Elton John.
Il tratto cartoonesco di Holdenaccio è perfetto per il tono della storia e aiuta a imbastire un equilibrio “weird” fra tragedia e candore che sembra quasi illustrare sinesteticamente il suono delle canzoni di Elliott Smith, arricchendo ogni tavola di citazioni a profusione (da Dostoevskij agli Hüsker Dü, passando per Matt Groening, altra celebre anima di Portland). L’autore – al suo secondo lavoro dopo “Umberto” – dimostra ottime doti di storytelling grazie a una gestione spaziale delle vignette che scandisce con molta intelligenza i tempi della storia e le emozioni dei personaggi. Il ricordo degli anni Novanta (suffragato dalla fanzine fai da te che Holdenaccio ha confezionato come allegato introduttivo al fumetto) non è uno sterile esercizio nostalgico, quanto un invito a recuperare il meglio delle esperienze alternative di quell’epoca per agitare culturalmente le acque di oggi. L’affetto sincero verso il protagonista emerge infine dal tatto con cui ne vengono raccontate la depressione e la tossicodipendenza: non sono mai un artificio narrativo con cui romanticizzare il genio compositivo di Smith (argh, il topos tossico e abusato dell’artista maledettə), bensì qualcosa che rimane sotto pelle, che semmai ne minaccia la creatività. Unica concessione onirica è, appunto, il toro Ferdi, controparte introspettiva del protagonista i cui scambi ricordano le dinamiche di Kurt Cobain con i suoi amici immaginari in due altre riuscite biografie a fumetti: “Quando ero un alieno” di Deninotti & Bruno e “Nevermind” di Tuono Pettinato, alla cui memoria è dedicato proprio questo volume.
Elliott non urlava, ma sussurrava. Non era una rockstar machista, ma un outsider in punta di piedi che avrebbe lasciato volentieri le sue musicassette nel seminterrato in cui le aveva registrate. “Elliott Smith. Going Nowhere” l’ha capito benissimo e sceglie di tenere in vita il ricordo dell’artista offrendo una preziosa occasione di conoscerlo a quei tori Ferdinando introversi là fuori per cui la gentilezza è un atto di ribellione sistemico e che probabilmente non amano Elliott Smith solo perché ancora non hanno avuto la scusa giusta per ascoltarlo. Questo fumetto è la scusa che stavate aspettando.