Sguardo dolce e look androgino, così si presenta Ezra Furman, cantante statunitense classe ’86, durante le sue performance sul (e fuori dal) palco.
La vita di Ezra non è sempre stata facile da capire (soprattutto per se stesso), specialmente quando si è ritrovato, lui giovane adolescente bisessuale e genderfluid, a scendere a patti con la società che lo circondava. È rimasto un piccolo punk-rocker spaurito solo fino a quando, però, ha incontrato le voci e i lavori d’influenti musicisti ribelli, che nulla temevano nello scendere sul palco mostrando il proprio vero io.
Il 3 luglio 2015 Ezra ha deciso di raccontare al Guardian la sua storia, la sua musica, la sua visione delle identità di genere e quanto reputi importante, per personaggi importanti come i cantanti, scendere sul palcoscenico presentandosi – senza paure – per quello che realmente si è: se stessi.
Il suo racconto parte dal 2001 quando il giovane Ezra, nel fulcro della sua adolescenza, si è ritrovato a girare in macchina con la ragazza che allora gli piaceva, ascoltando musica e vagando senza una meta precisa. Quella serata, per quanto fosse una tipica serata fra adolescenti, segnerà per sempre la sua vita.
Incontra infatti per la prima volta il sound dei Velvet Underground con la voce di Lou Reed, e nella sua testa si aprono un mare di orizzonti in più che fino ad allora non aveva ancora esplorato.
Da giovane adolescente impaurito dall’idea che qualcuno potesse scoprire lui fosse di attratto sia da ragazze che da ragazzi, Ezra si innamora seduta stante della libertà di espressione di Lou Reed, dichiarato bisessuale che, sul palco, esplorava tutte le sfumature possibili fra maschio e femmina.
Ezra trova quindi finalmente qualcuno da poter guardare come ideale, decidendo di esplorare ancora di più il mondo di quei cantanti che, unendo avanguardisticamente il punk-rock alla libertà d’espressione del proprio corpo, riuscivano alla perfezione a dare un volto al senso di inadeguatezza che sempre aveva sentito.
Da lì il passo verso l’ascolto delle parole e delle musiche di David Bowie, Grace Jones, Boy George e molti altri artisti di quelle decadi fu breve, ed Ezra ricorda bene come questa loro non conformità ai canoni di espressione del proprio genere fosse a lui congeniale, soprattutto se abbinata alla musica pop (ma non solo).
Deciso quindi a proseguire questa tradizione di artisti ‘ribelli’, ha iniziato a esibirsi sul palco sempre più spesso in abiti che sono per antonomasia associati al genere femminile, tenendo però a precisare una cosa: questo suo essere genderfluid non è assolutamente legato solo alla sua figura pubblica sul palcoscenico, ma è una parte intrinseca del suo Io, che non abbraccia né un totale genere maschile, né un totale genere femminile.
Non ho ancora deciso un’identità di genere. Potrei anche non deciderla mai e andrebbe comunque tutto bene. Sono così orgoglioso di essere vivo e di essere in uno stato ambiguo, indeciso.
Così conclude il suo bell’articolo Ezra, allungando la lista degli artisti ‘ribelli’ con un altro bellissimo, e di grande ispirazione, esempio.
Grazie per il tuo articolo. Ho da poco scoperto Ezra. Ha avuto il coraggio di portare sul lato artistico l’incertezza della sua identità. È per me un esempio di come non posso espormi nella mia identità. Ma almeno nessuno potrà disprezzarmi perché ascolto la sua musica.
Mario