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E se Flaubert avesse scritto Monsieur Bovary?

E se Flaubert avesse scritto Monsieur Bovary?

Articolo di Andrea Patrizio

Se la mia vecchia maestra delle scuole elementari leggesse il titolo che ho deciso di assegnare a questo articolo, penserebbe sicuramente che i suoi insegnamenti non siano serviti a nulla. Se Flaubert avesse scritto Monsieur Bovary… Beh, evidentemente non è andata così. “Con i se non si fa la storia”, ci ripeteva sempre la maestra, interrompendo sul nascere qualunque domanda cominciasse in quel modo.

L’interrogativo, però, ha senz’altro del curioso. Ammettiamo per pochi minuti l’ipotesi che Madame Bovary sia un uomo, fingendo che il titolo del più celebre romanzo di Gustave Flaubert sia – trattenere le espressioni di disgusto, grazie – Monsieur Bovary. Che cosa ne sarebbe, oggi, di uno dei romanzi francesi più letti e conosciuti nel mondo se la celebre protagonista dell’opera fosse stata un uomo?

La storia, quella vera, la conosciamo tutti. Emma Rouault, ragazza di campagna, accetta di sposare Charles Bovary, goffo e incapace ufficiale sanitario, credendo così di poter realizzare tutti i suoi sogni, frutto delle sue numerose letture romantiche. Conoscendo invece la monotonia della sua nuova vita e la mediocrità di suo marito, la donna cade in un pericoloso vortice di tradimenti, che, insieme a gravi perdite economiche, la porterà al suicidio.

Se Madame Bovary fosse stata un uomo, Flaubert non avrebbe subito alcun processo per oltraggio alla morale. Pubblicato nel 1856, il romanzo in questione fu subito messo sotto inchiesta, per poi ottenere un enorme successo nel 1857, quando, malgrado l’assoluzione, il giudice condannò moralmente il romanzo, poiché la missione della letteratura deve essere di onorare e di ricreare lo spirito innalzando ed epurando i costumi. Il richiamo mediatico fu tale da rendere lo scritto un bestseller letto da masse di curiosi, un vero e proprio romanzo scandalo: nessuno accettava che una donna potesse trascorrere una vita tanto dissoluta (sono ben due gli uomini con cui Emma tradisce il marito), ma nessuno si stupiva della cattiva condotta morale di alcuni personaggi maschili. Rodolphe, ad esempio, uno dei due amanti della protagonista – descritto da Flaubert come un dongiovanni – è solo superficialmente incuriosito da Emma, per la quale in realtà nutre ben poco sentimento. È la solita vecchia storia: when a woman is assertive, she’s a bitch. When a man is assertive, he’s a boss (quando una donna è assertiva, è una prostituta. Quando un uomo è assertivo, è un capo).

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Mia Wasikowska nel film Madame Bovary (2014) di Sophie Barthes.

Se Madame Bovary fosse un uomo, non si stupirebbe di avere un amante. Se avete letto il romanzo, non avrete di certo dimenticato il passo in cui Emma, davanti allo specchio della sua camera da letto, si guarda pronunciando compiaciuta la frase “Ho un amante”. Mettendo da parte qualunque implicazione morale legata alla fedeltà nel matrimonio, Emma sembra riappropriarsi, davanti al suo specchio, di una libertà che, in quanto donna, le è negata. Non solo quella di tradire. Ma quella più grande di sbagliare, anche:

“Diventava lei stessa parte vera di quelle immaginazioni, e realizzava il lungo sogno della sua giovinezza contemplandosi in quel tipo di amante che aveva tanto invidiato. D’altro canto, Emma assaporava la soddisfazione della vendetta. Non aveva forse sofferto abbastanza? Ma ora trionfava, e l’amore, così a lungo trattenuto, sgorgava intatto con gioiosa effervescenza. Lo assaporava senza rimorsi, senza inquietudini, senza turbamenti”.

See Also

Gustave Flaubert, Madame Bovary, Seconda parte, Capitolo 9, pagina 158
La biblioteca dell’Espresso, 2011, Roma
Traduzione di Sandra Teroni

Se Madame Bovary fosse un uomo, amerebbe sua figlia. È un’asserzione, questa, senz’altro provocatoria, ma ci permette di approfondire un tema importante del romanzo di Flaubert. Per realizzare il suo desiderio di emancipazione, Emma vorrebbe che un figlio maschio, possibilità di vendetta e riscatto sociale, nascesse dal matrimonio con suo marito Charles. Dopo la nascita di Berthe, una femmina, Madame Bovary vede in lei la propria impossibilità di emanciparsi, il volto del suo fallimento sociale. Emma non riuscirà mai ad amare sua figlia come vorrebbe: se talvolta prova pena per la vita miserabile che Berthe dovrà trascorrere in quanto donna, più spesso si ritrova invece a rifiutare il suo essere madre di una figlia femmina. Alla fine della storia, dopo il suicidio di Emma, Berthe viene lasciata sola e mandata a lavorare in una filanda di cotone.

Se Madame Bovary fosse stata un uomo, Flaubert non avrebbe mai scritto questo romanzo o, almeno, non avrebbe riscosso lo stesso successo: nessuno si sarebbe stupito di un uomo infedele. È proprio dalla storia vera di una donna, infatti, che Flaubert trovò l’ispirazione per scrivere Madame Bovary: si chiamava Delphine Delamare e, dopo aver tradito il marito medico con diversi amanti e aver contratto numerosi debiti, si suicidò a soli ventisei anni. Nel 1848, la sua storia fece scandalo sui giornali, anticipando tra i cittadini francesi la stessa curiosità che, alcuni anni dopo, il romanzo di Flaubert susciterà nel pubblico di lettori. Che si tratti di Delphine Delamare o di Emma Bovary, di realtà o finzione, l’occhio del pubblico si è sempre dimostrato particolarmente giudicante e curioso nei confronti dell’adulterio femminile. Le conseguenze, Emma e Delphine, le pagarono con la vita: ebbero la sfortuna di non nascere uomo.