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Gaycation: quando l’intersezionalità diventa indagine d’inchiesta
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Gaycation: quando l’intersezionalità diventa indagine d’inchiesta

Poche cose mi entusiasmano così tanto come Ellen Page e i documentari. Potete quindi immaginare i miei livelli di gioia quando, a inizio 2016, è andata in onda la prima puntata del documentario Gaycation, presentato proprio da Ellen Page e dal suo migliore amico, Ian Daniel.

Prodotto e trasmesso su Viceland, il canale televisivo di Vice, questo documentario consta (per ora) di due serie e nove episodi, ognuno girato in una specifica nazione. Attraverso tutte le puntate, Ellen e Ian ci portano alla ricerca delle differenti realtà con le quali le persone della comunità LGBTQIA+ devono scontrarsi quotidianamente, siano esse positive o negative.

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Se quel che mi aspettavo era quindi un documentario prettamente d’inchiesta, quello che ho invece trovato è stato un ricettacolo di idee, esperienze, storie e punti di ricerca che mai mi sarei aspettata prima.

L’intento alla base di Gaycation non è infatti solo quello di analizzare delle specifiche realtà, ma anche di filtrarle attraverso la lente dell’intersezionalità, lasciando poi allo spettatore il compito di riunire tutti i tasselli di un puzzle che, come immagine di sfondo, ha impresso il volto di tutte le discriminazioni: la società patriarcale. Proprio per questo motivo, penso che il documentario debba essere visto da tutti, specialmente da chi mostra rimostranze o tolleranze alterne nei confronti non solo della comunità LGBT+, ma anche di tutte le minoranze.

Se il termine lesbica “suona pornografico”

Fin dal primo episodio in Giappone, Ellen e Ian si ritrovano infatti spettatori passivi di quella che è una società fortemente improntata sugli stereotipi di genere, dai quali è nata l’idealizzazione di una donna docile, naif e perlopiù servile nei confronti dell’uomo. A contornare questa forte separazione dei ruoli di genere, però, c’è anche un Giappone che della sessualità e sensualità ne ha fatto un florido business fra manga, anime e Love Hotel.

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Ellen e Ian si immergono quindi in una comunità LGBT+ che vive una sorta di doppia dose di discriminazioni, in quanto parte di una società nella quale non solo vivere apertamente la propria sessualità è tabù, ma lo è anche esternare pubblicamente il proprio orientamento. Addentratisi nel quartiere LGBT+ di Tokyo, che era prima una zona fatiscente a luci rosse, Ian e Ellen scoprono un mondo nel quale le lesbiche perdono la propria definizione, in quanto considerata pornografica (sia mai una donna provi piacere sessuale senza un uomo!), e locali in cui il cross-dressing è invece visto di buon occhio e incoraggiato.

Un simile mondo di contraddizioni, seppur nella loro accezione più estrema, è dato dal Brasile, terra nella quale il duo passerà alcune serate a ritmo di samba, e altre ad ascoltare le testimonianze di chi, a causa del proprio orientamento sessuale e/o identità di genere, può star tranquill* solamente durante il celeberrimo Carnevale di Rio, dove tutto è concesso. Il resto dell’anno, fra stupri punitivi e botte, chiunque non rientri nell’eteronormatività a stampo patriarcale rischia infatti la vita.

Se a discriminare è la minoranza

Uno degli argomenti più interessanti che affronta Gaycation è quello dato dalla ‘discriminazione che genera discriminazione’, e che spinge chi ha subito secoli di schiavismo e subordinazione a discriminare a sua volta.

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Questa tematica vede la sua trasposizione maggiore nel viaggio di Ellen e Ian in Giamaica, dove neppure il primo Pride è riuscito a portare un po’ di pace nelle vite della comunità LGBT+. Gaycation qui ci mostra, attraverso il racconto di uno degli anziani di una comunità rastafari, come sia facilmente possibile per chi ha subito soprusi diventare a sua volta oppressore. Accusata di essere “contro la vita”, l’omosessualità è aspramente criticata dai rastafari giamaicani, poiché contraria al volere di Dio. Seppur poste sotto una luce diversa, le discriminazioni che il rastafari in questione pratica ai danni della comunità LGBT+ sono le stesse che la società coloniale e post-coloniale aveva praticato nei confronti dei rastafari stessi, presentando quindi a noi una sorta di società-uroboro che continua a mordersi la coda.

Inevitabilmente, la chiacchierata con l’anziano rastafari porta alla luce le tematiche legate all’eterna contrapposizione fra comunità LGBT+ e religione, approfondite poi nel viaggio che Ellen e Ian intraprendono nel Nord America.

Libertà di culto violate?

Con l’irriverenza che contraddistingue il percorso di Gaycation, il viaggio in Canada e negli Stati Uniti è forse il più esemplificativo di tutti in quanto a lotta al patriarcato e promozione dell’intersezionalità.

In un doppio viaggio alla ricerca sia della cultura dei nativi americani, che semplicemente accettano i facenti parte della comunità LGBT+ chiamandoli two-spirit, sia di quella degli evangelisti fondamentalisti cristiani, da secoli riversatisi nella Bible Belt, Ellen si ritrova testimone sia di una bellissima società che dell’uguaglianza ha fatto il proprio cardine, sia di una comunità chiusa e dalla visione univoca, che dell’apparente tolleranza ha invece fatto bandiera.

Attraverso un acceso scontro con Ted Cruz, ex candidato alle primarie del Partito Repubblicano, e uno scambio di opinioni con una famiglia di musicisti itinerante, Ellen dà voce a chiunque sia tutt’oggi costretto a condividere il proprio tetto, posto di lavoro o scuola, con chi pensa che l’omosessualità e la disforia di genere non solo siano sbagliate, ma anche innaturali e addirittura pericolose. Quest’episodio solleva molte domande, tutte sfaccettate e collegabili ai soprusi di una società patriarcale che non solo ha imposto la propria visione di un credo tendenzialmente misogino, ma dal quale è anche spesso difficile discostarsi almeno in parte.

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Tenendo ben alta la bandiera dell’intersezionalità, Gaycation riunisce qui tutte le discriminazioni nate da colonialismo, post-colonialismo, segregazione razziale e intolleranza religiosa, ribadendo a noi forte il concetto che ogni sopruso, seppur lontano dalla nostra quotidianità, vada combattuto e denunciato sempre.

Quando il viaggio non è solo geografico

Da Ellen Page in Giappone, a Ian in Francia, il duo si ritrova a fare i conti anche con le proprie paure passate, quelle vissute da giovani individui che ancora rimanevano ben ‘chiusi nell’armadio’. Ellen racconta del periodo nel quale non era dichiarata, e di come lo vivesse nel puro terrore, quando si ritrova a Tokyo, città della quale si era già innamorata in passato ma anche della quale aveva accuratamente evitato il quartiere LGBT+.

Il delicato tema del coming out si ripresenta quindi anche con Ian, che si ritrova perso nei ricordi per le strade di Parigi, quelle in cui aveva vissuto apertamente, seppur non senza timori, la propria omosessualità.

Il viaggio di Ian ed Ellen diventa quindi non solo geografico, ma anche emotivo e toccante, e mette inoltre perfettamente a nudo le fragilità e le preoccupazioni di una persona che, semplicemente, ama deve affrontare in un mondo non sempre tollerante e accogliente.

Le buone occasioni per far cambiare idea alla gente

Tra discriminazioni, l’episodio speciale sulla strage di Orlando, statistiche che vedono stimate trecento persone uccise all’anno in Brasile per via del proprio orientamento e/o identità di genere, Gaycation può sembrare inizialmente un documentario estremamente drammatico e poco incline a infondere coraggio.

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In realtà ogni puntata, anche quella che meno sembra presagire a un futuro roseo, è infarcita dal coraggio, dalla speranza e dalla voglia che i suoi protagonisti hanno di combattere tutte le discriminazioni.

L’esempio più toccante è forse dato da un ragazzo ucraino che, dopo la scuola di giornalismo, ha scoperto l’arte delle drag queen, innamorandosene perdutamente. Nonostante viva letteralmente al confine con una delle nazioni che più aspramente discriminano chiunque non rientri nei tasselli dei ruoli di genere eteronormativi, questo ragazzo si presenta fiero al mondo, contento di potersi esibire ogni sera con il suo alter ego da drag queen. Dopotutto, come dice lui stesso: «è una buona occasione per far cambiare idea alla gente», così come una buona idea è far vedere Gaycation a chiunque dubiti ci sia ancora molto da fare per raggiungere, finalmente, l’uguaglianza nella sua accezione più ampia.

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  • L’iniziativa Della Page è interessante purchè non diventi un motivo di lotte e scissioni. Abbiamo bisogno di integrazione, questa va facilitata. Attenzione a non confondere la “disforia di genere” con l’omosessualità o lesbismo. sono due cose molto diverse piscologicamente anche se sembrano simili. L’omosessualità non è un disturbo se vissuta in modo sano; l’eterosessualità non è un disturbo se vissuta in modo sano. Generalizzare è sempre pericoloso e ogni essere umano, come la relazione, va considerata sempre nella sua particolarità. Per il resto ognuno è libero di vivere la vita, che è solo sua , nel modo in cui più desidera e nel rispetto di se stesso e degli altri. Ci sarebbe da dire molto. Inoltre la famiglia patriarcale può far danni quanto una famiglia matriarcale dove il padre viene considerato inutile, come nel caso di alcune culture ancora esistenti. Quindi, nonostante la trasmissione sia interessante, mi preoccupa la presa di posizione , alcune volte estremista, che può allontanare dal progetto di una più possibile integrazione umanitaria. Inoltre credo che chiunque voglia portare avanti una lotta per i diritti umani, debba raggiungere un buon livello di equilibrio interiore e una determinata pace con il proprio passato; specialmente chi ha il potere di grossa visibilità e dunque può essere preso come modello dai più giovani. Consiglio la lettura di Alice Miller. Grazie per la possibilità del commento e complimeti per il vostro sito.

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