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Gestazione per altri: come ne stiamo parlando oggi?
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Gestazione per altri:
come ne stiamo parlando oggi?

Articolo di Laura Losanna

Una pratica molto controversa e di certo non priva di contraddizioni: la gestazione per altri (GPA) è un argomento che infuoca i dibattiti internazionali e che, soprattutto in Italia, è ferocemente contrastata da una vasta porzione dell’opinione pubblica per ragioni di ordine morale, sociale e psicologico, prima ancora che religioso.

Ne avevamo già parlato approfonditamente un anno fa in questo articolo. Da allora sembrerebbe che la situazione non sia cambiata di molto: vige ancora una diffusa disinformazione in merito e i giudizi dati da gran parte della gente sono il risultato di una sommaria adesione ad una fazione, positiva o negativa che sia, piuttosto che frutto di un serio ragionamento. Insomma, lungi dall’arbitraria demonizzazione dell’una o dell’altra prospettiva, quello di cui abbiamo davvero bisogno al momento è ulteriore informazione e un ascolto attento e senza pregiudizi di entrambe le “campane”.

La trasmissione televisiva Chakra, andata in onda nei mesi scorsi su Rai3, sembra in questo senso venirci incontro: sabato 7 ottobre è stata trasmessa la puntata Le nuove maternità proprio sul tema della GPA (chiunque se la sia persa, può recuperarla facilmente sul sito di RaiPlay).

Lungi dal voler imporre un’unica versione dei fatti, la finalità del programma è quella di creare uno spazio in cui linee di pensiero alternative siano libere di incontrarsi, criticarsi e contrastarsi in un confronto il più possibile aperto e costruttivo, senza lasciare che una particolare prospettiva prevalga incontestabilmente sull’altra. Da questo punto di vista, Chakra è una trasmissione molto coraggiosa, oltre che ambiziosa: nonostante l’estrema complessità degli argomenti affrontati ed il costante rischio di risultare poco esaustiva dato il poco tempo a disposizione, si propone di affrontare ogni questione con la massima completezza possibile. Un lavoro arduo, ma senza ombra di dubbio ammirevole, assai utile e, oserei dire, necessario in una società sempre meno abituata al confronto e al dialogo. Eppure, nonostante le ottime intenzioni, il programma – e la conduttrice Michela Murgia in prima persona – non sono stati esenti da feroci critiche.

Le nuove maternità si apre con il video di Sonia Cellini, la prima donna in Italia ad aver ammesso di aver fatto ricorso alla gestazione per altri, che dichiara in modo provocatorio: “(i miei figli,) li ho partoriti io”. Un’affermazione forte e del tutto inaccettabile per la sociologa Daniela Danna, prima ospite della puntata e una delle maggiori sostenitrici in Italia di una posizione radicalmente contraria alla pratica della GPA.
A suo avviso non si può non distinguere la madre sociale, cioè colei che alleva i figli, dalla madre biologica, che non può essere assolutamente cancellata né sostituita: una volta nato, il bambino ha già instaurato un legame profondo con la madre che lo ha partorito. Da qui il rigetto della GPA in quanto pratica moralmente e socialmente inaccettabile: attraverso di essa infatti vengono messi al mondo bambini destinati fin dalla nascita a essere separati dalla propria madre biologica.
L’altro aspetto profondamente problematico su cui Danna pone l’attenzione è quello economico: i contratti di surrogacy (ovvero i contratti firmati dalla donna portatrice e dai futuri genitori del bambino) spesso prevedono il pagamento di cifre elevate, rendendo questa pratica usufruibile solo dalle coppie che hanno tale disponibilità economica. Di conseguenza la GPA si inscrive in una logica di privilegio – e, inevitabilmente, di sfruttamento di donne povere, poco tutelate e costrette a vendere la propria “capacità gestazionale” per vivere.

Anche la conduttrice Michela Murgia ha una propria opinione a riguardo e cerca di sostenerla per tutto il corso della puntata difendendola, dialogando con i propri ospiti, ponendo domande, criticando e approfondendo gli aspetti più problematici che vengono man mano sollevati.
In particolare, non concorda con Danna nel sostenere che la relazione che si crea tra il bambino e la madre biologica sia esclusiva e insostituibile: le relazioni tra gli esseri umani si costruiscono nel corso del tempo e, anzi, è convinta che l’umanità, a prescindere dai legami di sangue, abbia capacità di conforto e di relazione equiparabili, se non addirittura superiori, a quelle che una madre biologica può offrire al proprio bambino.

In genere, quando si parla di GPA viene data voce alle storie della “committenza” e mai a quelle delle donne che partoriscono per altri, finendo così per alimentare il pregiudizio secondo cui tutte le donne che offrono il proprio corpo alla GPA vivano di stenti e vengano sfruttate senza alcuna pietà. Ciò non rende totalmente giustizia alla realtà dei fatti: la giornalista Serena Marchi, in un’impresa mai tentata prima, ha girato il mondo per intervistare proprio queste donne e raccogliere le loro testimonianze nel libro Mio tuo suo loro. Grazie a questo contributo, ci viene data la possibilità di esaminare il fenomeno della GPA da una prospettiva inedita: al contrario di ciò che si crede, molte di queste donne, di media e agiata condizione, si dicono entusiaste di poter “donare” figli a coppie che non possono averne e dichiarano di non essersi mai sentite sfruttate, in quanto la loro è stata una decisione presa in totale autonomia. Insomma, una testimonianza preziosa che non poteva non essere menzionata durante la trasmissione.

All’interno della puntata non mancano considerazioni da un punto di vista strettamente psicologico: in un videoclip, Paola Marion, della Società Psicoanalitica Italiana, evidenzia il fatto che i bambini nati dalla gestazione per altri si troveranno presumibilmente in una situazione più complicata rispetto agli altri perché, nel momento in cui cominceranno a fare domande sulle proprie origini, dovranno ricostruire la loro identità a partire da più figure, alcune delle quali potrebbero rimanere addirittura sconosciute, col rischio che si crei una crepa profonda nel loro sviluppo psicologico.

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Il secondo ospite è l’ex governatore della Puglia, Nichi Vendola, che, insieme al suo compagno, è padre di un bambino nato grazie alla GPA. Vendola racconta che la loro è stata una decisione sofferta, frutto di una riflessione durata una decina d’anni e non di un capriccio del momento. Loro figlio, dice, oggi non esisterebbe se non lo avessero sognato e desiderato con tutto il loro cuore. A causa di tutti i tabù e i pregiudizi esistenti, non solo sulla pratica della GPA in sé ma anche sulla questione delle adozioni di bambini da parte di coppie omosessuali maschili, la loro scelta ha suscitato polemiche violentissime che hanno reso particolarmente duro il loro percorso. Tuttavia, nonostante le difficoltà, oggi Vendola può sentirsi parte di una famiglia composta non solo dal compagno e dal figlio, ma anche da Britney, la donatrice dell’ovulo, e Charlie, la portatrice del bambino.

La puntata, che qui mi sono limitata a riassumere molto sinteticamente per esigenze di spazio, ha il merito di presentare tanto gli argomenti a favore quanto quelli contrari alla pratica della GPA senza censure né banalizzazioni, offrendo molteplici e interessanti punti di riflessione. Inoltre il confronto tra le due prospettive si svolge in un dialogo rispettoso da ambo i lati, bandendo i toni accesi e le grida prevaricanti a cui siamo, purtroppo, abituati – aspetto che, a mio avviso, rende il programma particolarmente vincente.
Una puntata dunque pienamente riuscita, un lavoro arduo ma portato a termine con grande competenza ed estrema precisione.

Nonostante ciò, essa è stata recepita da gran parte del pubblico come chiaramente schierata a favore della GPA, tanto che è stato chiesto alla Rai una puntata “riparativa”. Tale reazione è stata generata dal fatto che Michela Murgia, in qualità di conduttrice, non ha mantenuto una posizione di neutralità ma ha, al contrario, sostenuto con forza le sue idee.
Ma tutto ciò costituisce davvero un problema? È lecito accusare il programma di parzialità solo per il fatto che la conduttrice abbia deciso di non rinunciare al suo punto di vista sull’argomento? E, del resto, perché avrebbe dovuto farlo? Non è proprio attraverso il confronto pacifico tra le idee che si impara a non nascondersi dietro a facili pregiudizi, a non chiudersi nelle proprie convinzioni ma, al contrario, a ragionare, ascoltare, accogliere anche ciò che è diverso da noi – in definitiva, a vivere civilmente in società?

Michela Murgia, notiamo bene, non ci sta imponendo nulla: al contrario, sta esponendo un possibile punto di vista – tra l’altro molto coraggioso, in quanto fortemente impopolare – su una questione complessa, confrontandosi con ospiti e testimonianze tanto contrarie quanto a favore della sua tesi. Una volta finita la puntata, possiamo decidere se accogliere o rigettare la prospettiva che la Murgia ci presenta: Chakra lascia liberi di scegliere, invita a ragionare con la propria testa – e, facendo questo, dà fiducia e dignità a ogni singolo telespettatore.
E questo, dal mio punto di vista, costituisce il grande punto di forza della trasmissione, piuttosto che una debolezza.

View Comment (1)
  • Non capisco perché per tutta la durata dell articolo vi siete riferiti a questa pratica solo con il termine “gestazione per altri” . La definizione utero in affitto vi suona così male ? Il politicamente corretto è troppo forte e dovete circuire la verità anche attraverso alla scelta dei vocaboli? Perché immagino che il “utero in affitto ” dia un idea di compravendita , che getti in ombra su una pratica che si cerca sempre di più per far passare per legittima (e ci potrebbe pure stare) ma persino per nobile. Perché anche le parole hanno un peso , e parlare di gestazione per altri sembra un atto quasi di amore . Ma siamo sinceri , amore non è. Se fosse una pratica GRATUITA , ovvero io mi offro con tutto l amore e la generosità del mondo il mio corpo per una altra donna gratis, si potrebbe parlare di gestazione per altri. Ma non è così. Una sorella lo farebbe per un altra , una madre per la figlia ,ee via dicendo.. una sconosciuta per un altra , mah ho dubbi ! Quindi perché non definirlo utero in affitto e basta ? Questo è, se c è dietro un compenso ! Detto tutto questo, che doveva essere una breve premessa ma ne è uscito un poema , reputo che continuare a portare avanti queste battaglie sia del tutto inutile. Perché invece di imputarsi a volere un figlio che contenga il nostro patrimonio genetico, non ci si impunta per migliorare la pratica delle adozioni? Che diventi più veloce e aperta a tutti etero , single e omo. Su questo si dovrebbe lottare .

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