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Giornata Internazionale della visibilità Transgender: facciamo il punto della situazione
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Giornata Internazionale della visibilità Transgender: facciamo il punto della situazione

Articolo di Eloisa

Come ogni 31 marzo anche oggi si celebra la Giornata Internazionale della visibilità Transgender (Transgender Day of Visibility). A differenza del Transgender Day of Remembrance, che si celebra in novembre e serve per commemorare le vittime di transfobia, questa non dovrebbe essere una giornata di lutto. Anzi, dovrebbe avere lo scopo di celebrare i traguardi raggiunti, riflettendo sull’importanza della visibilità al fine di ridurre la discriminazione e le difficoltà che le persone trans affrontano.

Ovviamente visibilità è una parola piuttosto vaga e qualsiasi discorso sulla visibilità transgender rischia sempre di rimanere a un livello troppo superficiale. Senza dubbio le persone transgender in questi ultimi anni hanno ottenuto una visibilità mediatica senza precedenti, e questo può portare qualcuno a chiedersi: che senso ha parlare ancora di visibilità transgender?

In quanto persona trans che ha il privilegio di poter essere visibile, cercherò di rispondere a questa domanda partendo da un presupposto: esistono diversi tipi di visibilità; non tutti sono uguali e non tutti sono desiderabili.

Rappresentazione mediatica delle persone transgender

Cominciamo dalle cose facili e parliamo di Netflix. Facendo zapping fra una serie queer e la successiva, di questi tempi potrebbe sembrare che la rappresentazione mediatica sia ormai eccellente (soprattutto con prodotti come Sense8, Pose, e molti altri esempi virtuosi). Purtroppo, se si guardano le cose da un punto di vista un po’ più ampio, ci si accorge subito che le persone transgender non sono affatto visibili come potrebbe sembrare, e la poca visibilità che ottengono è spesso negativa, subordinata a una narrativa mediatica che, invece di migliorare le cose, le peggiora.

Ad esempio ancora oggi sui media tradizionali le persone trans (quasi unicamente donne trans, e troppo spesso sex workers) vengono citate solo in relazione a vicende di cronaca nera, scandali, episodi di discriminazione. In televisione e nella cinematografia la transessualità è sfruttata facendo leva sugli stereotipi correnti e sulla transfobia del pubblico (qui un esempio recente di quanta strada c’è ancora da fare). La transfobia è usata per ottenere un effetto comico (fenomeno da baraccone), o per effetto sorpresa (tipico lo shock quando si scopre che una ragazza è trans) o ancora per rendere la storia più problematica e quindi interessante. Tutto questo dipingendo personaggi caricaturali e spesso commettendo grossolani errori, come l’uso di pronomi scorretti ancora diffusissimo nel giornalismo di bassa qualità. Nonostante gli enormi progressi degli ultimi anni, la situazione rimane molto insoddisfacente.

È insoddisfacente perché è un tipo di visibilità che non arricchisce la cultura del pubblico. Anzi, solitamente ne rafforza gli stereotipi transfobici. Per citare solo un esempio, salta all’occhio una scarsissima varietà di rappresentazione: la visibilità data a persone non binarie, o a uomini trans, è minima se non inesistente. E sono rarissimi gli esempi di persone di successo che, fra le varie cose, sono anche trans. Se una persona trans non rinforza qualche stereotipo o non fa ridere, non intrattiene o non commuove, non indigna o non è scandalosa, è probabile che non sia mediaticamente interessante e quindi non ottiene visibilità. Le cose stanno lentamente cambiando, ma al momento lo status quo è questo.

Come migliorare la visibilità transgender

Vivendo tutto ciò sulla mia pelle quotidianamente, non è poi così difficile identificare alcuni semplici passi per migliorare la situazione. Il primo è ovviamente mostrare l’enorme spettro di variabilità che sta dietro alla parola “transgender”. Mostrare donne, uomini, persone non binarie, modelle, attrici e prostitute ma anche sindaci, medici e avvocati. Persone giovani e meno giovani, ricche e povere, italiane o straniere, atee, religiose, di destra o di sinistra… Potrei andare avanti molto a lungo, perché la variabilità delle persone trans è paragonabile alla variabilità delle persone non trans. Dovrebbe essere ovvio, e se non lo è possiamo ringraziare la pluridecennale rappresentazione stereotipica monocolore fornita dai media tradizionali.

Il secondo passo è normalizzare l’esistenza delle persone trans. Questo si ottiene da un lato comprendendo che “essere trans” è solo un aspetto della vita di una persona, che non la definisce né la esaurisce; dall’altro cominciando a pensare che le persone trans siano potenzialmente colleghi, parenti, amici, vicini di casa e, perché no?, partner. Le persone trans non vivono solo nei quartieri trans dove fanno le cose da trans (per la cronaca, non esistono né quartieri trans né cose da trans). Inoltre è utile evitare di parlare di persone trans solo quando succede qualcosa che le riguarda in quanto trans (come un omicidio transfobico o un film sulla transessualità) o in occasione di commemorazioni. Le persone trans, come tutte le altre, hanno competenze e personalità che vanno oltre l’essere trans. Sarebbe bello tenerne conto.

Il terzo passo per migliorare la visibilità è passare il microfono. Va bene parlare di persone trans, ma è molto meglio parlare con persone trans, ascoltandole direttamente e senza filtri. E non parlo di una o due persone, perché una o due persone trans non saranno mai rappresentative della variabilità di cui parlavo prima. Questi sono solo tre passi di una lunga camminata, ma per iniziare credo possano bastare.

Aspetti negativi in evidenza

Fino a questo punto può sembrare che la visibilità sia una cosa positiva, e che più visibilità sia sempre una cosa buona, a patto che sia di qualità. Purtroppo le cose non sono così semplici. Infatti, come dice la scrittrice Julia Serano:

A volte essere più visibile ti rende solo un bersaglio più facile per la discriminazione. E questa apparenza di visibilità può dare una falsa sensazione di progresso a coloro che non affrontano personalmente tale discriminazione.

La visibilità, da sola, non è per niente la soluzione di tutti i mali. Certo, da un lato può portare più consapevolezza e comprensione, ci sono migliori informazioni e in maggior quantità, si possono distruggere vecchi stereotipi ed è più facile che le voci delle persone trans siano sentite direttamente e senza filtri. Ma d’altro canto molte persone si sentono minacciate da quel che non si conosce, e la transessualità non è certo un argomento così popolare. Se si parte da una situazione di ignoranza e pregiudizio, con un’improvvisa maggiore visibilità la transfobia può accentuarsi, e quel che prima era indifferenza ora diventa accesa ostilità. Il diverso che prima era invisibile o ignorato, ora è più visibile e fa paura. Ora il diverso è dappertutto e, Dio non voglia, lo insegnano pure ai bambini nelle scuole (il famoso gender). E come diretta conseguenza, con una maggiore visibilità delle persone trans e in mancanza di un’adeguata cultura in alcune fasce della popolazione, la transfobia può diventare anche un’arma politica.

Tutto ciò può sembrare un discorso astratto e distante, ma per una persona trans questo ha conseguenze dirette sulla vita quotidiana. Persone che prima ti ignoravano ora ti odiano. Il rischio di omicidi e violenze si moltiplica. Si sprecano frasi come “ormai è una moda”, e magari lo Stato in cui vivi propone e approva leggi esplicitamente transfobiche (come negli USA, dove negli ultimi anni, anche in conseguenza di una maggiore visibilità delle persone transgender ed estese campagne di disinformazione, ci sono stati moltissimi casi di legislazione transfobica).

Per questo a mio avviso il Trangender Day of Visibility è strettamente collegato al Transgender Day of Remembrance. Perché le vittime di transfobia diventano vittime proprio perché visibili. Ed essere visibili, in quanto persona trans, non è per niente facile. Non è un caso che proprio chi ha più visibilità in assoluto (donne trans, spesso sex workers e attiviste), siano anche più soggette a violenza transfobica (in questo link trovate alcune statistiche impressionanti e poco note).

Certo, per una persona trans la visibilità è una conquista, e può significare libertà. Ma troppo spesso visibilità è sinonimo di paura. Paura di essere un bersaglio. Paura di essere minacciata, insultata o aggredita senza nessun motivo oltre a quello di essere transgender. Non a caso è diffuso lo stealth, ovvero cercare di vivere senza che nessuno sappia del tuo status di persona trans. Per questi motivi è importante non rivelare mai che una persona che conoscete è trans se non avete il suo esplicito consenso.

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Per concludere: visibilità interna e accessibilità

Proprio per via delle oggettive difficoltà che comporta essere una persona trans in una società transfobica, è essenziale parlare del tipo di visibilità forse più importante di tutte: la visibilità fra le persone trans. È la visibilità più preziosa. Non si può sottostimare l’importanza di sapere che esistono altre persone come te, che ora vivono una vita felice, che ce l’hanno fatta, nonostante tutto. Soprattutto quando ancora tu non hai iniziato nessun percorso di transizione, sei chius* in camera e vivi con genitori transfobici, non hai ancora fatto coming out e non vedi nessuna via di uscita. Poter pensare “le cose miglioreranno” e mantenere una speranza, è indissolubilmente collegato al poter avere esempi positivi e visibili.

Ma non è finita qui. È importante che ci siano persone trans, alleati e organizzazioni trans-friendly accessibili. La fama di Laverne Cox è utile, ma ha un significato diverso rispetto alla visibilità di un’associazione a supporto delle persone transgender nel mio paesino di provincia. Per questo reputo altrettanto fondamentale lo sviluppo e la visibilità di servizi di supporto dal basso, gruppi di mutuo aiuto e associazioni sparse sul territorio.

La visibilità di attrici famose è dolorosamente in contrasto con la difficoltà che si ha nel trovare aiuti concreti nelle realtà locali nei momenti del bisogno. In Italia non è raro che ci si debba spostare di centinaia di chilometri per trovare il supporto cercato. Banalmente anche solo cercando su Google, alla parola transgender sono spesso associati siti pornografici, disinformazione e teorie del complotto, e se va bene articoli su modelle e attrici e i loro celebratissimi coming out.

È davvero difficile trovare ciò che serve a chi ne ha bisogno: associazioni e gruppi di supporto, consigli, confronto, divulgazione corretta. Tutti strumenti utili per le persone trans, ma anche per i loro amici, i loro partner, i loro parenti, i loro colleghi e datori di lavoro. Fosse anche solo per questo, parlare di visibilità transgender sarà necessario ancora per molto.

Se volete approfondire queste tematiche potete seguire Eloisa nel suo canale YouTube!

Alcuni link utili rivolti a persone transgender:

Circolo Pink (Verona)
Sportello ALA (Milano)
MIT (Bologna)
Azione Trans (Roma)
Servizio LGBT (Torino)
Consultorio TRANSgenere (Torre del Lago)
Centri ONIG
Agedo Nazionale

View Comments (3)
  • Complimenti per la chiarezza, mi sarebbe piaciuto trovare degli esempi concreti delle rappresentazioni mediatiche variamente trans discriminatorie di cui parli.

  • a volte scoprire che qualcuno è transgender può essere davvero una sorpresa e non c’è transfobia. quanto a Ted, la sua comicità è politically uncorrect verso chiunque ma quello spezzone è davvero problematico

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