È successo anche oggi. Ma è una routine a cui non mi riesco ad abituare, non mi voglio abituare, non mi capacito come uno si possa abituare.
Sono una donna di 34 anni, il mio peccato? Aver scelto di fare due figli prima dei 35 anni, sì sono una mamma. Una donna che è mamma. Una categoria non considerata, non interessante e che deve subire costantemente le domande più irrispettose, in particolare quando deve fare dei colloqui.
Premetto io sono felice di essere diventata mamma prima di avere 35 anni, è stata una scelta, consapevole e voluta col cuore. Ma trovo ingiusto che dal momento che mi sia sposata, la sola parte di me che conta e ogni datore di lavoro che ho incontrato teme, sia proprio il mio utero. Appena ho deciso di convolare a nozze sono automaticamente diventata “portatrice sana di utero riproduttivo”. Non contano la laurea a pieni voti, le esperienze all’estero, gli anni lavorativi io resto e sono solo una mamma. Anche oggi, con un’eleganza incredibile me lo hanno fatto notare.
Rispondo ad un annuncio per mediatore culturale di una cooperativa di assistenza agli immigrati, non erano specificati né orari né stipendio ma era nella la mia città (non sono ipocrita, la vicinanza al lavoro per conciliare la routine famiglia-lavoro non è male) e chiedevano la volontà di aprire la partita iva, mi son detta “rispondi, in fondo dal non avere un lavoro ad averne uno anche in partita iva per quello per cui hai studiato, ma va bene”.
Rispondo e ho incrociato le dita. 24 ore e mi hanno chiamata. Mi parla un giovane uomo senza nemmeno presentarsi dicendomi che aveva ricevuto il mio cv per la candidatura come mediatore culturale, mi chiede se sono mediatore, mi chiede cosa faccio attualmente. Gli rispondo sinceramente, perché non ho nulla da nascondere. Attualmente sono a casa perché è scaduto il mio contratto, ho avuto la mia seconda maternità ma adesso sto cercando attivamente un lavoro.
E da lì parte una trafila fastidiosissima di domande:
Ah ma ha figli?
Sì, due
Ah ma sono piccoli? Che età anno?
5 e 1 anno
Ah e come è organizzata nella routine quotidiana?
Ho risposto, ma l’istinto era mandarlo a quel paese e riagganciare
Ah e sarebbe interessata quindi a lavorare come mediatore?
Ah ok se vuole possiamo incontrarci di persona per parlare nel dettaglio (più dettagliato di così si muore)
Allora è interessata a fare il colloquio?
A malincuore ho detto sì.
Ma sinceramente non mi va di farlo. Non sputo sul lavoro, non sono choosy, perché nella vita ho fatto di tutto con contratti e paghe a volte assurdi pur di lavorare, mi son fatta ben due gravidanze senza avere maternità retribuita perché la prima volta avevo un cococo declassato (5 anni fa esistevano) e la seconda perché mi son detta scegli: o cerchi subito un lavoro e rimandi la gravidanza a data da destinarsi, perché non è corretto nei confronti di un datore di lavoro rimanere incinta dopo due mesi che ti ha assunto, o ti fai la tua gravidanza senza al momento cercare un lavoro e poi cerchi consapevole che a te due figli bastano. Così ho fatto ma io tutte le volte mi sento porre queste domande: hai figli? come ti organizzi? hai intenzione di averne altri?
Ma ad un uomo quando fa un colloquio tutto questo non viene chiesto. Mai!
Non ho mai sentito un datore di lavoro preoccupato se un uomo avesse figli. Non ho mai visto, un uomo che venisse licenziato dopo il primo anno di vita del proprio bimbo come è accaduto ad una mia cara amica. Non ho mai sentito di un uomo a cui venisse data come sola possibilità per firmare un contratto a tempo indeterminato, il fatto che dovesse aspettare 5 anni prima di mettere al mondo il primo figlio, come è successo a mia cognata quando aveva 30 anni. Una mia vicina di casa lavorava per un’agenzia del lavoro e lei mi ha detto che spesso i profili da lei selezionati venivano scartati da alcuni datori di lavoro che non vogliono le donne in età critica, ovvero dai 28 ai 42 anni perchè sono fertili e fanno figli.
Io e mio marito stiamo educando i nostri due figli maschi alla parità nel nostro quotidiano: hanno visto e vedono papà stirare e fare le lavatrici e mamma imbiancare casa. Li stiamo educando che tutti facciamo i mestieri e puliamo perché così poi ci rilassiamo tutti insieme e non che ci sono compiti da maschi e da femmine. Ma mi rendo conto che uscita dall’involucro sicuro di casa ,è lontana la parità, non esiste la parità sul lavoro, gli uomini se hanno figli diventano più affidabili, le donne sono un problema.
Domani chiamo e gli dico no, non lo faccio il colloquio. Perché sì, sono incazzata e sì ti sei permesso di farmi domande inopportune e sì ho una dignità e se permetti voglio che tu mi guardi negli occhi, mi valuti il curriculum, mi chiedi le competenze prima di chiedermi anche quante volte cambio i pannolini a mio figlio.
Perché io sono una donna, un essere umano, non un utero che deambula a piede libero. Sì sono anche una mamma ma il mio essere mamma non ha cancellato la mia persona la ha arricchita ed è triste che per il resto del mondo lavorativo non sia così. Ne conosco tantissime di vicende così, di mamme mie amiche tutte sulla stessa orrenda barca. Spero che in futuro quando i miei figli saranno trentenni si ricordino queste storie come brutte leggende metropolitane, le brutte leggende in cui una donna che fa figli smette di essere persona e diventa solo una parte del corpo.
Consuelo