Articolo di Beatrice Carvisiglia
Shrill è una serie televisiva breve, arguta e irriverente, disponibile sulla piattaforma Hulu dal 15 marzo. La protagonista è Annie, una giovane redattrice che scalpita per trovare il suo posto nel mondo, in bilico tra relazioni sentimentali precarie e le difficoltà lavorative.
La serie si basa sul libro “Shrill: notes from a loud woman” di Lindy West e mette al centro il discorso sul corpo: tutti fanno notare ad Annie il suo sovrappeso, nonostante questo non costituisca alcun limite per lei. La prima scena mostra infatti un dialogo dai toni surreali con una giovane insegnante di fitness, secondo la quale c’è in Annie “una persona minuta pronta a uscire”. Annie però non è una persona “minuta” né nel corpo né nell’indole: è una “loud woman” ed è stanca di sentirsi giudicata per il suo aspetto. Uno dopo l’altro, gli episodi di Shrill riflettono la naturale inclinazione della società a giudicare le persone grasse come pigre e indolenti, a disumanizzarle perché non ritenute attraenti secondo i canoni standard imposti dalla società.
La serie non indulge affatto nel buonismo e nelle ricette di felicità facile da commedia rosa: la nostra protagonista non è complessata e alla ricerca di un riscatto, ma è invece una giovane donna brillante e frizzante, che non ha paura di chiedere spazio e voce. In questo, nella sua formula leggera e briosa, Shrill compie un piccolo passo avanti rispetto a ciò a cui siamo abituati: la serie TV infatti non mette in scena il desiderio di accettazione di Annie attraverso lo sguardo maschile o piegandosi ai diktat della società e non crea un personaggio accondiscendente. Annie è una donna grassa e solare, convinta del proprio talento e con nessun problema ad affermare la sua bravura. Al tempo stesso, è una donna che mette al centro le altre donne senza spirito di competizione: dalla sua coinquilina Fran (Lolly Adefope) alle stripper di un locale, che le regalano ispirazione per un suo articolo.
Fran è l’amica di sempre e la sua più fidata consigliera, un vero e proprio uragano di energia. È lei a far aprire gli occhi ad Annie sulla relazione con Ryan (Luka Jones), un ragazzo che la protagonista frequenta da mesi e che sembra poco incline a voler costruire un rapporto duraturo. Fran vive una sessualità molto libera e, nonostante la nostra protagonista non approvi le relazioni aperte che la sua coinquilina ha con diverse donne, perché finisce sempre per affezionarsi a ogni ragazza, non può fare a meno dell’esuberanza di Fran. Le stripper sono invece le protagoniste del primo e fortunatissimo articolo di Annie, il cui punto di forza è proprio la curiosità. Queste donne possono sembrare a prima vista schiave di un sistema che mercifica i loro corpi ma la realtà è completamente diversa: si tratta infatti di persone che scelgono la propria professione e che con il proprio corpo esercitano un potere ben preciso, come spiegano a una divertita e interessata Annie.

La scena madre di Shrill è forse quella del “fat baby pool party”, un evento organizzato da un gruppo di donne che in comune hanno solo il proprio sovrappeso. Annie è letteralmente stregata dal principio liberatorio della festa, dai colori shocking, i bikini audaci, l’atmosfera pop e spumeggiante. Le donne che vanno a un party del genere delineano i confini di un luogo in cui l’accettazione di sé non è un’utopia, realizzano una positività del corpo effettiva, non soltanto teorica. La scena in cui Annie si libera di jeans e camicia per ballare sulle note di “One last time” di Ariana Grande è potente, esaltante. La protagonista prende coscienza dello spazio fisico che occupa e troverà l’ispirazione per scrivere un articolo concepito come manifesto di visibilità: “Hello, I’m fat” è infatti il titolo. Il pezzo che Annie pubblica sul suo blog rivendica un diritto di rappresentazione che ovviamente scatena le reazioni di chi lo legge.
È evidente come il corpo di Annie non rispetti uno standard e come questo porti con sé una disputa: è un corpo su cui ognuno si sente in diritto dire quello che vuole. Il troll che commenta ogni articolo di Annie è il prototipo perfetto dell’odiatore seriale: detesta Annie e tutto quello che incarna, dall’essere una donna per lui indesiderabile (o viceversa desiderabile suo malgrado), alla sicurezza che la protagonista infonde in tutto quello che fa, specialmente nella sua scrittura.
Shrill è un prodotto leggero ma che fa riflettere, una serie che mostra quanto sia facile e legittimo rappresentare tutti i corpi nei media. Quella che offre Shrill è una rappresentazione non fine a se stessa, ma equa: la serie TV illustra chiaramente che una ragazza grassa può essere forte, brillante, di successo. Scontato forse, eppure di voci come questa c’è ancora bisogno. Annie è continuamente messa in discussione per il suo aspetto fisico, e nonostante ciò compie un percorso di crescita che la porta a guadagnarsi spazio, rispetto, valore per il proprio talento. È un tipo di empowerment di cui abbiamo bisogno e che una serie come Shrill riesce a raccontare con ironia e originalità.
non è questione di standard, ci sono corpi più belli e più attraenti fisicamente di altri e vale per uomini e donne, è realtà non stereotipo. il fitness fa bene anche a chi è normopeso e al di là della salute i corpi maschili e femminili obesi o scheletrici non sono belli fisicamente, va accettato. poi le persone brutte fisicamente (tra cui ci sono io) non vanno offese per rispettare qualcuno non occorre trovarlo bello e attraente