Premessa: in questo articolo userò “uomini” per parlare di maschi etero e cisgender.
“Il cameratismo è l’esatto contrario della sorellanza: tanto questa definisce lo stesso sentimento della comune condizione nato da esperienze condivise, quanto quello prefigura uno status maschile senza aver chiesto a nessuno il consenso di farne parte.” -Lorenzo Gasparrini, Perché il femminismo serve anche agli uomini.
Cos’hanno in comune gli spogliatoi, gli Incel, i gruppi di calcetto e i militari? Sono tutti formati maggiormente – se non totalmente – da uomini. Si tratta di raggruppamenti in cui la violenza cambia forma ma non essenza: assicurare virilità a sé e all’altro e mantenere l’egemonia maschile.
Spesso ascoltiamo testimonianze di donne che hanno paura a camminare sole, sentiamo di chiavi tenute fra le dita e spray al peperoncino pronto nella tasca. La paura è quella di incontrare un uomo, o peggio: un gruppo di uomini. Che sia di giorno o di notte, che siano adolescenti o uomini adulti, è il loro essere compatti, legati e sorridenti, sicuri nel loro prendere spazio nelle strade, che incute timore e disagio. Ci stringiamo e ci allontaniamo, come se avessero il potere di fare qualsiasi cosa in qualsiasi momento e che le loro azioni vengano rivolte negativamente verso di noi. Nessun uomo si identifica nello stupratore, nel violento, nell’uomo patriarcale, non vede nel nostro allontanamento una ragione plausibile: non identifica il problema collettivo che ha il suo genere e di conseguenza la sua responsabilità in questa struttura sociale. Ma se i gruppi di uomini fanno paura, un motivo c’è.
“Pochissimi uomini arrivano spontaneamente ad accorgersi che anche il loro genere, tutto ciò che concepiscono come naturale del loro essere uomini, è il prodotto di precise direttive culturali create per uno scopo in una precisa epoca” -Lorenzo Gasparrini, Perché il femminismo serve anche agli uomini
Lo “scherzo”, la battuta sessista, fino ad arrivare a violenze e abusi, sono azioni tipiche nei gruppi di soli uomini: diventano complici di azioni e parole che affermano la loro superiorità sottomettendo donne, altri uomini che non rispettano lo standard ciseteronormativo patriarcale del maschio e qualsiasi altra persona che possa uscire dal binarismo di genere. Questo atteggiamento ha un nome: cameratismo.
“Un aspetto essenziale nella costruzione della mascolinità è il male bonding, il legame maschie. È un legame indispensabile alla legittimazione della superiorità maschile, impresa alla quale gli uomini cooperano esplicitamente, affidandosi alle rassicurazioni fornite dalle credenze ideologiche, e implicitamente, attraverso complicità quotidiane, fatte di silenzi, omertà, tacite intese, doppi sensi, strizzatine d’occhi.” -Chiara Volpato, Psicosociologia del maschilismo
Nell’ambiente militare sappiamo di nonnismo, spacciato come metodo di discernimento tra chi “ha la stoffa” e chi no, atti violenti e bullismo verso uomini più giovani e nuovi al mestiere, si “testa” la forza mentale della vittima con la sola motivazione di poterlo fare. Si rispetta l’uomo con più esperienza perché anche lui è cresciuto vivendo queste violenze ed è “diventato più forte grazie ad esse”. Nella realtà, sono abusi, esercizi di potere che creano gerarchie dove la vittima è la prima a convincersi di dover sopportare o perire in questo mondo, per poi perpetrare la stessa violenza sul prossimo: chiamati “riti di passaggio”, mostrano come la prevaricazione dell’altrǝ sia intrinseca al mondo militare. Così anche nel cameratismo vengono usate spesso la violenza, pressioni e battute per “unire gli uomini nel loro lavoro”. Ma è solo un metodo di unione? Il suo obiettivo lo raggiunge, almeno in superficie: il retaggio culturale patriarcale porta a usare gli stereotipi di genere, la violenza verbale e fisica per avvicinare gli uomini nel loro esercizio di potere ma questa vicinanza si ha finché si rispettano quelle regole che l’uomo deve seguire per potersi definire tale.
Non stupiscono le affermazioni omofobe e sessiste del generale Roberto Vannacci e le relative omertà e complicità avvenute in seguito alla pubblicazione del suo libro: il cameratismo è l’unione degli uomini attraverso vere e proprie violenze a discapito di categorie marginalizzate e discriminate, uniti nella superficie come un muro compatto che prende spazio con decisione, ma pronti a isolare e infliggere la stessa violenza su chi si distanzia dal gruppo e dalla sua mascolinità patriarcale.
“Gli uomini fanno maggior uso degli stereotipi di genere perché, come gruppo di potere, li impiegano per esercitare il controllo a livello personale e sociale.” -Chiara Volpato, Psicosociologia del maschilismo
Gli spogliatoi maschili hanno le stesse dinamiche: il confronto dei corpi e dei membri come oggetti utili all’affermazione della propria superiorità, le battute sessiste o omofobe che li uniscono.Allo stesso modo, in contesti, spesso sportivi, a presenza unicamente maschile, si sfocia non di rado nella diffusione non consensuale di materiale intimo (ad esempio in gruppi WhatsApp e Telegram): rafforzano il loro rapporto con lo scambio di foto di donne senza il loro consenso, cercano conferma nell’altro della propria mascolinità: eterosessuale, violenta, binaria, tossica. Questa dimostrazione di potere sul corpo e la volontà dell’altra porta ad un’affermazione della propria superiorità in un gruppo di uomini omertosi e complici, impauriti dal perdere la propria virilità distanziandosi dall’atto violento. Così lo minimizzano, lo giustificano, consolidando questa struttura che crea sempre più vittime per il mantenimento del potere maschile.
“La maggioranza degli uomini viene educato ad essere non un fratello ma un camerata: con la stessa divisa, nello stesso esercito o, votati agli stessi doveri, obbedienti allo stesso potere che li vuole “così” e non li considera uomini” -Lorenzo Gasparrini, Perché il femminismo serve anche agli uomini
La 93ª adunata degli Alpini a Rimini del 2022 è stato un episodio eclatante, e non isolato, che mostra come avvenga la giustificazione e la minimizzazione di violenze sessuali e molestie: in gruppo gli uomini sanno di essere sicuri e coperti, possono esercitare il loro potere fra altri uomini come loro, affermando la loro superiorità con il consenso degli altri camerati.
Gli Ultras di qualsiasi regione sono noti per le loro azioni violente quando c’è una vittoria o una perdita nel gioco, attraverso l’imposizione della loro massiccia presenza nelle strade, spaccando ciò che si para loro di fronte. Risulta noto anche il loro sessismo, dal coro violento a sfondo sessuale di settembre 2021, nello stadio Marassi di Genova, dove una donna stava semplicemente lavorando di fronte a centinaia di tifosi, al volantino sessista dell’agosto 2018, nella Curva Nord dello stadio Olimpico di Roma, dove si legge “Le prime file, da sempre, le viviamo come fossero una linea trincerata. All’interno di essa non ammettiamo donne, mogli e fidanzate, pertanto le invitiamo a posizionarsi dalla decima fila in poi”. Spesso i tifosi hanno un supporto sfegatato per calciatori accusati (o condannati) di stupro: esprimono il loro sostegno con aggressività e complicità, trovando come nemico le femministe e il “politicamente corretto”, giustificano la violenza e mettono la volontà dello stupratore di nuovo al di sopra di quella della vittima.
“Il mondo del calcio racchiude invece l’espressione prototipica di tali rapporti, la sua essenza è intrinsecamente maschile, la sua frequentazione dipende da una libera scelta, è un rifugio dai carichi lavorativi e da quelli familiari. Permette l’espressione di tutto ciò che nel quotidiano viene inibito perché “politicamente scorretto”, rinsalda l’alleanza maschile, basata sulla credenza della propria intrinseca superiorità e per questo ha un grande successo nell’Italia contemporanea” –Chiara Volpato, Psicosociologia del maschilismo
Ci sono gruppi di uomini che si riuniscono sui social per parlare dei dolori che possono vivere dato il loro ruolo nella società, e trovano sempre una causa comune: puntano il dito sulla donna e tutte le categorie marginalizzate e discriminate, c’è chi crea vere e proprie teorie, come i Redpillati o gli Incel. Allo stesso tempo ci sono gruppi di uomini di sinistra che condannano questi atteggiamenti sessisti ma che non concepiscono il concetto di patriarcato e non prendono coscienza delle problematiche che affliggono il loro genere.
Manca, infatti, la consapevolezza della struttura che unisce gli uomini a discapito dell’altrǝ e spesso di se stessi; non esiste il libro del patriarcato che insegna agli uomini come opprimere l’altrǝ, ma ci sono una serie di retaggi culturali, portati avanti da tutta la società, in ogni ambito della vita, che insegnano all’uomo le libertà e i doveri che deve seguire per mantenere l’egemonia.
Questo significa che gli uomini non devono riunirsi? No, questo significa che gli uomini devono trovare spazi sicuri dove potersi confrontare e decostruire, dove possano trovare una nuova mascolinità, un nuovo modo per essere uomini senza ledere all’altrǝ, dove possano essere liberi di provare e creare qualcosa di nuovo. Per farlo, bisogna che vi sia una presa di responsabilità collettiva da parte degli uomini e che la creazione di questa nuova mascolinità non faccia da unico modello ma che renda l’uomo libero di essere, così da non dover opprimere l’altrǝ per affermarsi nel mondo.
“Ciò di cui c’era e continua a esserci bisogno è una visione della mascolinità in cui l’autostima e l’amore di sé come essere unici formino la base dell’identità, le culture del dominio ledono l’autostima sostituendola con l’idea che il proprio senso di sé provenga dal dominio sull’altro. La maschilità patriarcale insegna agli uomini che il loro senso di sé e la loro identità, la loro ragion d’essere, consistono nella loro capacità di dominare gli altri. Affinché ciò cambi, i maschi devono criticare e mettere in discussione il dominio maschile sul pianeta, sugli uomini meno potenti, sulle donne e sui bambini.” – bell hooks, Il femminismo è per tutti