Ogni tanto capitano dei momenti in cui, senza che abbiamo alcuna voce in capitolo, tutto attorno a noi si colloca dove deve stare, come nella scena di un film. L’ultima volta che mi è successo è stato quando mi sono steso sul divano per leggere “Il cerchio di pietre”, volume conclusivo della saga “Haxa” e casualmente in sottofondo è partito “Aladdin Sane”, il Bowie glam del periodo Ziggy Stardust.
Non credo sia il caso vi parli io di Bowie. Di “Haxa” invece ve ne parlai qualche anno fa in occasione dell’uscita del primo volume. Se non avete voglia di recuperare tutto l’articolo, vi faccio qui una sintesi: si tratta di una serie a fumetti in tre atti (inizialmente pensata come tetralogia, come scrissi allora) del bravo illustratore veronese Nicolò Pellizzon, edita da Bao Publishing.
“Haxa” è un’opera corale ambientata in un futuro lontano in cui due scuole rivali si contendono il controllo della magia, di cui hanno scoperto l’esistenza qualche decennio prima. Sullo sfondo di questo conflitto duale si svolgono le vicende di una banda fuorilegge di ragazze la cui new entry è Sophia, l’inesperta protagonista che, nella migliore tradizione del “viaggio dell’eroina”, svolge il ruolo di guida e punto di riferimento narrativo all’interno del complesso mondo costruito dall’autore.
Ora, non mi dilungherò oltre sulla trama per evitare spoiler e anche perché, in fondo, la comprensione dell’intreccio è quasi una questione collaterale dell’intera esperienza. Citando una battuta di “Tenet”, l’ultima fatica di Christopher Nolan, “’Haxa’
non lo devi capire, lo devi sentire”.
Sì perché, giunto al terzo e ultimo volume, Pellizzon continua a inserire con estrema esuberanza nuovi termini, nozioni e personaggi, mentre il ritmo della vicenda incalza fino all’annunciata conclusione. La lettura risulta inevitabilmente complessa, ulteriormente sovraccaricata da tavole dense in cui il visionario autore intreccia corpi e paesaggi, fisici e onirici. L’invito è quindi ad abbandonarsi in piena contemplazione panica e lasciarsi trasportare da questa avventura dal sapore young adult molto particolare.
Amori pansessuali, metamorfosi, cambi di schieramento (ma scopriremo che oltre alle due fazioni c’è una terza via, o forse in fondo l’abbiamo sempre saputo) e avventura di genere si susseguono in questa opera di stregoneria illustrata dove la componente sensuale è finalmente più accentuata di quanto avveniva nel primo volume. Punti deboli: non sempre l’autore è continuo nella sua generosità di tratto (in questo senso il secondo volume è il momento meno potente del mazzo, ma nel Vol. 3 si riscatta alla grande) e l’imprinting da illustratore gli fa dare il meglio nelle ricchissime splash page e meno nelle vignette di raccordo più funzionali alla semplice descrizione di una sequenza.
Quando oggi pensiamo al futuro (quelle volte che ce lo concediamo), lo scenario che ci si dipana davanti è quasi sempre a forte trazione tecnologica: opere di finzione come “Black mirror” hanno definito nuovi canoni per immaginare un mondo di domani in cui anche la soluzione più fantascientifica è abilitata dalla tecnologia, interpretata come deus ex machina quasi sempre risolutrice (nel bene o nel male). In “Haxa”, Pellizzon sceglie di andare in direzione controintuitiva portandoci in un “medioevo futuristico” che sembra dirci come l’immaginazione sia lo strumento più potente che come persone abbiamo sempre avuto a disposizione, fin da quando ancora dovevamo scoprire il fuoco.
“Haxa” è un viaggio che non finisce, perché invita a chiederti ogni giorno “Quali saranno i tuoi prossimi sogni”?