Le streghe esistono o sono state create?
La risposta corretta è: entrambe.
Ciò che è fondamentale comprendere è come le dinamiche fra strategie opposte, con intenti contrastanti e fini divergenti, abbiano reso la strega (occidentale) un simbolo femminista.
Da qui, urge una preliminare ed essenziale precisazione: in questo articolo, non si tratterà la stregoneria nell’abito del neopaganesimo, che richiederebbe tutt’altro genere di analisi. Ciò che però sta emergendo, nel dibattito femminista e, sotto certi aspetti, in un senso più ampio e comune, è una riscoperta della figura della strega come simbolo di emancipazione, di affermazione di sé (e allo stesso tempo comunitaria) e di critica agli assetti eteropatriarcali esistenti.
A tal proposito, per fare un esempio, si può notare come negli anni recenti stiano proliferando prodotti artistici e mediatici che abbracciano questa figura, fino alla pubblicazione (solo negli ultimissimi mesi) da parte di Fazi Editore di ben due romanzi sull’argomento (parliamo di “Weyward” di Emilia Hart e di “Le streghe di Manningtree” di A.K. Blakemore). Tuttavia, una volta verificata l’importanza crescente di quest’immagine (e strumento di consapevolezza), viene da chiedersi: come mai, le streghe, da sempre dipinte non molto più che come le antagoniste nelle fiabe con le quali, ahimé, siamo cresciutɜ, sono così “adatte” a ingaggiare il ruolo di protagoniste del femminismo intersezionale?
A tal riguardo, si può tornare alla domanda di apertura dell’articolo per la quale una delle risposte possibili ci viene fornita dagli studi di Silvia Federici. In “Caccia alle streghe, guerra alle donne” (2020), la sociologa marxista e attivista femminista fa risalire la nascita della strega nel Regno Unito (paese, sotto diversi aspetti, rappresentativo della figura della strega per come è più nota tutt’ora) del XVI secolo, in seguito alle trasformazioni in ambito sociale e politico dettate dal capitalismo moderno.
In particolare, il punto di svolta è da identificarsi con i cambiamenti all’interno del sistema feudale britannico e i processi di delimitazione dei territori tramite le recinzioni (materiali e simboliche, dette enclosures). Ciò avviene come risposta competitiva, da parte dei possidenti terrieri, all’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità (in particolare il grano) a causa dell’immissione nel mercato dell’argento razziato negli Stati Uniti.
Come conseguenza, dirompente per le classi più povere nel Regno Unito, moltɜ agricoltorɜ e le loro famiglie sono statɜ allontanatɜ da queste terre, con un crescente tasso di disoccupazione e l’aumento della povertà; inoltre, vanno considerate le ricadute sulle vedove (e, più in generale, sulle donne sole) presenti sul territorio.
Infatti, se precedentemente la legge inglese prevedeva l’usufrutto delle abitazioni presenti sui terreni da parte delle donne sole (a patto che gli spazi coltivabili intorno potessero essere gestiti dagli agricoltori) e che esse ricevessero parte del loro sostentamento dai beni alimentari lì prodotti, con la nuova organizzazione economica queste donne si sono ritrovate sprovviste tanto dei loro mezzi di sussistenza quanto della loro casa, con pochissime se non nessun’altra possibilità di sopravvivenza.
A questo va aggiunto anche lo smantellamento della regolamentazione sui circoli di carità (di nuovo, precedentemente previsti per legge e amministrati dalle parrocchie) per cui diventa proibito per i cittadini poter fornire assistenza alle persone in difficoltà.
Tutte queste modifiche stravolgono profondamente gli assetti sociali (e comunitari) preesistenti: prima di tutto, pongono le basi per la creazione di un proletariato contadino che poi si trasformerà in quello industriale (ovviamente apportando ulteriori, dirompenti cambiamenti), che non coinvolge solo il lavoratore (maschio) e la sua etica occupazionale (garantire al padrone il maggior introito possibile, in modo da parteciparvi in parte), ma anche i suoi parenti, dove la moglie e lɜ figlɜ (di nuovo, in base al genere) devono tuttɜ partecipare alla costituzione di un nuova istituzione famigliare in linea con gli scopi nazionali.
In secondo luogo, e qui ci avviciniamo finalmente alla strega, questi nuovi assetti costringono molte persone a dover vivere di elemosina, in un momento storico in cui essa viene, tra l’altro, fortemente limitata (di nuovo, vengono stabilite ulteriori legge che prescrivono la libertà di chiederla solo previa autorizzazione, letteralmente avendo tra le mani un permesso scritto da parte dellɜ richiedenti). Ovviamente, quegli individui che, per caratteristiche personali (come le donne anziane e sole), sono maggiormente colpiti da queste regole si ritrovano a dover elaborare strategie per fronteggiare la vita di tutti i giorni. Così, le donne anziane e sole, espropriate dei propri beni, cominciano ad andare di porta in porta dai vecchi padroni terrieri e da quei pochi agricoltori più ricchi che cominciano a potersi permettere un proprio territorio a richiedere aiuto.
Nel momento del rifiuto (assolutamente garantito dallo Stato), da parte di questi, a ottemperare alle proprie richieste, molte donne reagiscono, come prevedibile, con frustrazione e rabbia, ricorrendo anche alle minacce per tentare di ottenere quanto necessitano, sia pure tramite l’intimidazione. Da qui, allora, si delinea la prima
immagine della strega come un’arpia approfittatrice, volgare e violenta, che disturba la quiete e tenta di mettere a ferro e fuoco la città.
Tra l’altro, quest’ultima dinamica viene “confermata” dall’appoggio che molte di queste donne forniscono anche ai contadini più poveri nel momento delle rivolte locali, quando vengono attaccate proprio quelle famose recinzioni di cui sopra. In tal senso, allora (e per l’ennesima volta), le donne “di tal genere” divengono degli individui da controllare e domare e il modo migliore per farlo, oltre a quello di imporre sempre più regolamenti per il loro indebolimento, è quello di costruire intorno alle loro figure delle false credenze che, tramite l’inculturazione, le rendano dei soggetti da evitare (e disdegnare).Per effettuare un’azione ancora più pervasiva, si riparte dagli strumenti già esistenti, che divengono congeniali non solo all’allontanamento di queste nuove “streghe”, ma anche all’appiattimento del modello di donna in generale rispetto ai canoni (oppressivi) stabiliti dalla società. Quindi, le streghe diventano quelle in preda a passioni incontrollate perché, come già “testimoniato” da tanti illustri studiosi, più vicine al mondo animale e per questo devono essere tenuta a bada e rinchiuse (figurativamente e letteralmente).
Come dichiarano le Sacre Scritture, poi, le donne sono più inclini a cedere al peccato, specie quello di lussuria, e quindi mostrarsi libere, intraprendenti, sfrontate e appariscenti (nell’accezione pur ristretta che poteva avere questo termine allora); ciò rischia di minare la stabilità di una società che invece deve essere razionale, trasparente e votata alla morale. Inoltre, il potere inalienabile delle donne (in questo caso, inteso come persone in grado di avere una gravidanza), che è appunto quello della procreazione, rimane l’unico tassello che gli uomini hanno timore e difficoltà a gestire e, per questo, anche esso si trasforma in una faccenda che va amministrata e, di rimando, tutto il significato profondo, talvolta con caratteri mistici, della nascita va svuotato di qualsiasi pregio (se non quello di produrre “nuovi cittadini e lavoratori”) e alle donne ne viene sottratto del tutto il controllo.
In tal senso, questo tema si ricollega perfettamente alla pratica dell’aborto che molte donne, per conoscenze trasmesse informalmente di generazione in generazione o orizzontalmente tra di loro, praticano in segreto; all’aborto si uniscono quindi altre prassi, come tutte quelle che afferiscono all’erboristeria in generale, per ridurre ulteriormente lo spazio di azione e indipendenza (anche economica alle volte, visto che di questi lavori molte donne ci vivevano) per ricondure le donne, nuovamente, sotto il giogo della famiglia patriarcale.
Da ultimo, come definitiva azione di indebolimento, c’è stata quella dell’isolamento: benché altrɜ autorɜ (come Rosen 2017) abbiano dimostrato che quando si parla di stregoneria in Europa bisogna tenere conto anche del ruolo degli uomini come “alleati” se non addirittura stregoni, e, ancora di più, delle dinamiche socializzative interne a un contesto locale specifico (tra gli abitanti di un paese, per esempio), così come all’aggregazione tra più streghe o comunque di donne messe agli angoli, allo stesso tempo è necessario considerare che, in verità, di fianco a movimenti più o meno manifesti di resistenza, le dinamiche di allontanamento delle streghe e delle donne più in generale anche tra di loro sono stata finemente programmate e crudeli. Federici porta avanti l’esempio della revisione del termine gossip: dal significato originale che stava a indicare un’amica molto intima (intesa al femminile), con la quale la relazione stabilita permetteva uno scambio di idee e di sentimenti profondi, proprio questa accezione risulta allora pericolosa per via dell’associazionismo tra donne, dove le chiacchiere condivise possono divenire un mezzo di vicinanza basato sulla critica del sistema. Quindi, come risultato, questo termine diviene dispregiativo, stando a rappresentare futili ciance, dal carattere non solo superficiale ma anche meschino – e per questo da evitare. Con dinamiche simili, anche gli strumenti e gli “alleati” delle streghe cambiano (di sostanza e significato): non ci sono più (solo) gli esseri fatati e i folletti, comunissimi nel folklore britannico e rispettati da tuttɜ, ma interviene il Diavolo in persona come garante dei poteri occulti delle streghe, le quali stringono un patto con lui per continuare a perpetuare atti malvagi (maleficia), in linea con quella che viene ritenuta la personalità delle streghe stesse. Così, infine, avviene il processo di demonizzazione delle donne che si pongono come outsider, che maneggiano la conoscenza della natura (umana e non), che vogliono vivere in comunità e che si ribellano ai soprusi; come ultimo tassello, ora che il puzzle è quasi completo, c’è la denuncia (instillata come un dovere dal terrore o imposta con minacce vere e proprie) da parte di altre donne nella scoperta di vicine streghe, in modo che il genere femminile “virtuoso” si possa ben distinguere e soprattutto tenere alla larga da quello “vizioso”.
Quindi, sì: le streghe sono state create. Ma esistevano già donne che si occupavano di aiutare lɜ altrɜ con le loro competenze, esistevano già donne che criticavano il sistema insieme, esistevano già donne che si opponevano agli oppressori. Le streghe, dunque, esistevano già. Tutti i processi di riconoscimento e di revisione di questa figura si sono dipanati nel tempo in modi forse imprevisti all’inizio, dove, come spesso capita, anche ciò che è stato effettivamente utilizzato come strumento di isolamento (la condanna del gossip, le pratiche occulte, la liberazione dei costumi e della libertà sessuale) è stato ingaggiato dalle streghe (proprie o meno) per autoaffermazione. Sylvia Townsend Warner, in “Lolly Willowes o l’amoroso cacciatore” (romanzo del 1926) arriva a far aiutare la sua protagonista, che sente – un sentito profondo, dettato dalla prigionia esistenziale camuffata da affetto dei suoi parenti – di essere una strega, dal Diavolo, proprio come contro-coltura rispetto a tuttɜ quellɜ che, con la finzione della morale, invece la vogliono sopprimere. Perché, per quanto riguarda il significato femminista della strega, di questo si parla in definitiva: riconoscere la capacità di scelta, la scelta di mezzi diversi, l’utilizzo di mezzi per scopi emancipatori e, più in generale, di scoperta e affermazione di sé, lì dove ogni tipo di risorsa (materiale e immateriale) viene sottratta. La strega è colei che, senza bisogno di giustificarsi a un sistema che le domanda di farlo in continuazione, afferma ad alta voce: “io esisto”.