Fabio Cinti è cantautore, musicista e autore.
Ha collaborato con diversi artisti dal 2001 – anno di pubblicazione del suo primo disco autoprodotto – ad oggi.
Per fare qualche nome: Morgan, Paolo Benvegnù, Nada, Franco Battiato.
A fine aprile è uscito La voce del padrone – Un adattamento gentile, adattamento del disco omonimo di Franco Battiato risalente al 1981.
Poco tempo fa ha ricevuto il Premio Tenco nella categoria miglior interprete.
Affabile, raffinato, elegante.
Il giorno prima che il Club Tenco comunicasse i nominativi vincenti, con lui abbiamo fatto una luminosa chiacchierata su gentilezza, impegno civile ed ovviamente sulla musica. Non solo la sua.
Mi è piaciuto tantissimo la “gentilezza” con la quale definisci l’adattamento, un concetto che sta purtroppo piano piano sparendo…
…che però è fondamentale, in tutti i campi, banalmente anche solo quando si discute su Whatsapp. Ormai si va diretti… ci stiamo dimenticando di capire gli altri…
…già, stiamo disimparando ad empatizzare, abbiamo troppe aspettative…
…certo, aspettative anche immediate! Quando poniamo una domanda, pretendiamo subito una risposta, non è contemplato l’avere bisogno di tempo – o desiderarlo – per pensare, informarsi.
L’adattamento è gentile per due motivi, in primis perché Battiato è una persona gentile nel particolare e nel generale, ossia come artista verso il pubblico di massa e come amico, aspetto che posso confermare perché ho avuto modo di conoscerlo: è una persona cara, che si prende cura degli altri. È un autore gentile, e da parte mia sentivo di dovergli qualcosa: tendiamo sempre a prendere dagli altri, ma a un certo punto bisogna anche ridare. Lavorando su questo adattamento ho provato a ridargli questo qualcosa, così mi sarei sentito meno in debito per quel tanto che ha dato a me e a tutti noi con la sua musica.
Il secondo motivo per cui è un adattamento gentile riguarda la scelta degli strumenti usati, si tratta di una scelta classica ossia di un quartetto d’archi con pianoforte, che per antonomasia generano un suono delicato.
Che differenza c’è tra adattamento e cover?
Quando si fa una cover ci si mette dentro tanto di se stessi, io invece ho fatto un adattamento: non che mi sia voluto annullare, è ovvio che ci sia qualcosa di mio, essendo l’autore dell’adattamento, ma non ho voluto aggiungere niente, ho rifatto La Voce Del Padrone come un pianista si approccia a un classico, ossia rileggendo la partitura e rifacendola. L’unica concessione che ho fatto è stata di modificare gli strumenti riducendoli drasticamente a cinque rispetto ai trenta dell’originale.
Dopodiché non ho toccato mezza nota, mi sono limitato davvero a leggere una partitura.
Come mai tra tutti i dischi di Battiato hai scelto proprio La Voce del Padrone?
Quando è uscito il disco avevo cinque anni ed inconsciamente mi ha dato un imprinting.
L’anno scorso, in un momento in cui mi son messo a fare i conti con me stesso e la mia produzione discografica, mi sono reso conto che avevo voglia di tornare a divertirmi, e, considerando il divertimento, come dice Calvino, una cosa seria, ho provato a tornare bambino, quel bambino che coi genitori ascoltava La Voce Del Padrone.
Ti diverti di più componendo cose tue o rivisitando lavori altrui?
Sono due divertimenti diversi! È chiaro che La Voce Del Padrone sia enormemente differente da quello che scrivo io o che scrivono altri: stiamo sempre e comunque parlando di un album perfetto.
Lavorare a un disco del genere, un album di sette canzoni perfette è un divertimento, si ha a che fare con un’opera rotonda. Ma è un divertimento anche quando scrivo cose mie, con nessuna mira a successi radiofonico, mosso da motivi personali, legati a un’estetica.
Parlando di altre eventuali cover, non mi metterei sicuramente a lavorare su pezzi che non mi piacciono.
Ho imparato tanto lavorando a questo progetto, sono andato a fondo, approfondendone aspetti, è stato come prendere la Divina Commedia, aprirla in tutte le sue parti e scoprire tutti i versi, le tecniche che Dante ha usato… così è stato anche per Battiato: con il contrappunto delle parti, le poliritmie… ho scoperto delle cose meravigliose, oltre al fatto che si tratta di un disco per niente facile.
Se dovessi scegliere un tuo brano e un artista che lo riadatti, su quale e su chi cadrebbe la scelta?
Questo strano abisso e Lele Battista: trovo che sia un cantautore raffinatissimo della mia generazione e che meriterebbe una visibilità molto più ampia di quella che ha. È davvero raro conoscere persone con una sensibilità vera e profonda come la sua. Sono certo sarebbe in grado di riadattare molto bene questo mio brano che per me ha peraltro un significato particolare.
Dicono Di Noi, un tuo brano di qualche anno fa, lo hai scritto in reazione alle dichiarazioni di Ratzinger sulle coppie omosessuali quali minaccia per la pace. La tua voce l’hai sempre fatta sentire e ti esponi chiaramente. Come trovi sia approcciata dai tuoi colleghi musicisti la lotta per la difesa dei diritti civili? È vissuta in modo attivo?
Bisogna schierarsi contro dichiarazioni ed atteggiamenti disgustosi, non è la comunità LGBTQ ad essere una minaccia ma le dichiarazioni di istituzioni quali quelle fatte dal Ministro Fontana recentemente, in passato da Ratzinger, ad essere un pericolo per la pace in quanto con le loro dichiarazioni fanno sentire le persone autorizzare a prendere in mano i bastoni e ad essere violente, forti del fatto che chi sta a capo dei poteri forti dica certe cose.
Nel panorama musicale italiano c’è una schiera di artisti che lotta contro questi atteggiamenti, ma perlopiù ci sono personaggi che scrivono canzoni furbe, pezzi retorici, fanno presa su sentimenti superficiali e funzionano pure, certo, ma ci vedo poco approfondimento rispetto a quello che c’era negli anni Settanta e Ottanta con i cantautori impegnati, per esempio De André con Prinçesa che parla di una transessuale, o Povera Patria dello stesso Battiato, canzoni dure che infatti non hanno neanche raggiunto apici di successo pop.
Negli anni Settanta Ettore Scola e Maurizio Costanzo hanno scritto la sceneggiatura di Una Giornata Particolare, uno dei film italiani più belli: questo è qualcosa che si deve fare, un esempio. Oggi invece è tutto all’acqua di rose, mancano artisti che siano capaci di approfondire certe tematiche, di arrivare con schiaffoni enormi a questi governanti che utilizzano argomenti quale l’omofobia per il proprio tornaconto personale, con dichiarazioni razziste e ignoranti.
Qualcuno sì lotta contro il sistema, ma spesso lo fa con una sorta di convenienza.
Viene fatto come una presa di posizione blanda, del resto sono tematiche “trendy”, si sente la necessità dire la propria in qualche modo, ma a metà, non schierandosi del tutto, giusto per far vedere “che si partecipa”…
…è un “sì lo faccio visto che va di moda ma non ci metto la faccia, senza dire proprio tutto quello che penso”… io in Dicono Di Noi ho detto esattamente quello che penso, “parlano così di noi perché non hanno figli e non siamo i loro figli”, ed è quello che penso.
Se vuoi lottare contro i soprusi non bisogna aver paura di inimicarsi qualcuno: devi schierarti.
Prima parlavamo di artisti gentili. Nel nuovo panorama musicale italiano ce ne sono?
Citandoti Lele Battista ti ho già detto molto, ma ti dico che anche un personaggio come Calcutta, che non ascolto ma che in qualche modo ammiro, potrebbe acquisire quella gentilezza se, nel tempo, riuscisse ad avere una cultura, che è una parola che fa paura e si porta dietro un retaggio concettuale di pesantezza, e quindi ad avere un bagaglio culturale – che magari ha già, ma non esprime – più interessante, cercando di raggiungere anche persone più adulte, diventando quindi più trasversale come lo erano gli artisti pop degli anni Settanta/Ottanta.
Al di là delle tecniche lui scrive belle canzoni, ma se oltre al talento di scrivere canzoni che hanno successo, ci mettesse qualcosa di più come ha fatto Battiato, che è riuscito ad essere pop ma anche molto profondo, raggiungerebbe una trasversalità completa.
Depeche Mode, David Bowie, per esempio con Quicksand, ma anche, per tornare indietro nel tempo, Gino Paoli, Lauzi, Tenco, hanno scritto brani molto pop ma con testi profondi.
Farei un appello a Calcutta, che tra l’altro mi è molto simpatico, perché continui a fare ciò che fa con leggerezza, ma acquisendo maggiore trasversalità: la cultura non deve far paura ma deve far divertire.
Su cosa ti stai concentrando in questo periodo?
Sto scrivendo nuove canzoni e, intanto, spero di vincere il Premio Tenco!
E se non dovessi vincerlo tu?
Mi sarebbe piaciuto Giovanardi che però è stato squalificato per un pasticcio: sarebbe stato nella mia stessa categoria, mi sarebbe piaciuto gareggiare con lui e sarei stato felice se avesse vinto eventualmente il premio.
Ma alla fine, la targa, l’ha proprio vinta lui.
Congratulazioni, Fabio!