Lo ammetto, quando sono stato contattato da Irene Facheris per tenere i dibattiti post-visione dei Cinebossy allo Skyline di Sesto San Giovanni sono stato davvero felice della proposta.
Innanzitutto perché la mia leggendaria logorrea mi porta ad adorare dibattiti e discussioni e in secondo luogo mi piaceva molto l’idea di discutere di argomenti importanti come la parità, tematiche LGBT e tutta una serie di temi che avrei sempre voluto trattare, ma al fianco di chi li conosca bene.
Cinebossy, però, è pur sempre un cineforum e per esperienza personale so quanto sia difficile trascinare gente in sala per eventi come questi. Ma Cinebossy non è un cineforum come gli altri, perché i film interessati sono usciti in sala da poche ore al momento della visione e soprattutto sono legati alle tematiche sopra citate, il che fornisce spunti di riflessione molto interessanti.
La grande fortuna è stata quella di iniziare con un film come La Battaglia dei Sessi, che, contro ogni aspettativa, non è stato incisivo sull’argomento come tutti avevamo pensato.
Ci siamo quindi ritrovati a discutere con un pubblico sorprendentemente nutrito di numero, di un film che non ha saputo centrare la tematica. Il che ha reso la discussione più interessante, cercando di capire come mai un film che dovrebbe raccontare un evento storico molto importante riguardo la lotta femminista si riduca a dedicare la maggior parte della narrazione alla storia omosessuale tra la protagonista, Billie Jean King, interpretata da Emma Stone, e la sua parrucchiera.
Questo mette in secondo piano la reale tematica del film e inoltre è troppo esagerata l’umanizzazione della King da una parte, e di Bobby Riggs, interpretato da un ottimo Steve Carell, dall’altra: in questo modo viene meno la battaglia ideologica tra i due e si parteggia per la persona, con tutto il suo vissuto, arrivando a dispiacersi per Riggs, che teoricamente rappresenta il maschilismo in tal contesto.
Ora, io faccio questo lavoro da quasi nove anni, quando ancora, agli inizi, era solo un hobby e di eventi ne ho organizzati tanti, ma posso giurare di aver provato una certa emozione nel vedere così tanta gente impegnata a discutere su come certi elementi del film non fossero efficaci per questo o quell’altro motivo, creando un dibattito animato e davvero tanto partecipato. La difficoltà non sta tanto nel convincere le persone a partecipare a un evento come questo: il difficile è far loro prendere parte alla discussione. Viviamo in un’epoca in cui siamo tutti pronti ad esporci per le futilità, ma quando si tratta di argomenti più seri, di tematiche attuali, allora il discorso cambia. Per questo è importante creare finestre di dialogo come Cinebossy, perché esistono persone che sono disposte al confronto, ad accettare certe tematiche e a discuterle per maturare un pensiero critico ben preciso.
Probabilmente noi stessi che abbiamo partecipato attivamente al progetto proponendolo non ci aspettavamo di finire a contestare il film già la prima volta, ma in realtà questo ha stimolato riflessioni molto interessanti. Innanzitutto, la domanda da porsi è:
cosa dovrebbe fare un film che tratta tematiche relative a parità e femminismo? Dovrebbe sdoganarle presso un pubblico che non le conosce o dovrebbe parlare a chi già ne mastica abbastanza, oppure entrambe le cose?
La Battaglia dei Sessi, purtroppo, è una pellicola che tratta superficialmente e in maniera evidente l’argomento, senza riuscire però a renderlo chiaro allo spettatore medio, mentre lancia delle stoccate interessanti a chi già conosce bene la tematica. Ma ha senso stuzzicare lo spirito critico di chi già sa di cosa si sta parlando in maniera approfondita quando si tratta di un prodotto che vuole essere di largo consumo? Ebbene, di questo si è parlato, cercando di capire dove ci fosse stato lo sbaglio.
Questo per dimostrare che un cineforum dedicato a tematiche di questo genere può riservare delle sorprese, generando discussioni che entrino anche nel merito dell’utilizzo del mezzo cinema, analizzando la comunicazione di certi temi che riguardino la parità.
Si è trattato di un dibattito a trecentosessanta gradi, in cui a discutere – civilmente, s’intende – siamo stati in primis io e Irene, che su certi elementi del film avevamo posizioni differenti tra loro.
Questo è il bello: potersi confrontare su posizioni opposte, tentando di capire di più anche analizzando il un pensiero che differisce di molto dal nostro. Il tutto sfruttando appieno l’ora a disposizione dopo la visione del film, che è bastata a malapena. Insomma, il primo Cinebossy è stata un’esperienza davvero intensa, che ha portato ad un livello successivo l’idea che ho sempre avuto del cineforum come strumento di comunicazione più ampio, grazie ad un pubblico estremamente ricettivo e partecipativo.
Non che da chi segue Bossy mi aspettassi qualcosa di meno.