Le persone che dipendono direttamente dalle risorse naturali per sopravvivere, come pescatori e allevatori, saranno tra le più grandi vittime della crisi climatica. Nelle zone più a rischio, quali le aride terre di Kenya ed Etiopia, le comunità agricole stanno già lottando con la siccità e scarsità d’acqua che uccidono il bestiame e che minacciano la loro stessa sopravvivenza. I bacini dei fiumi d’origine glaciale dalle montagne dell’Himalaya o i delta di Bangladesh, India e Ghana sono sempre più a rischio di inondazioni, frane e forti cicloni.
Di conseguenza, gli uomini spesso migrano altrove per mantenere le proprie famiglie, per qualche giorno o qualche settimana cercano lavori occasionali nei villaggi vicini, oppure nelle città ancora più lontane. Molti cercano di tornare a casa quando possono, con quello che hanno guadagnato. Ma durante la loro assenza, l’intero carico della famiglia ricade sulle donne.
I ricercatori sono in una corsa contro il tempo per prevedere le conseguenze che il cambiamento climatico avrà su queste comunità, e come queste dovranno adattarsi, con colture resistenti a secche e alluvioni, e con altre razze di bestiame, per esempio. Ma spesso viene ignorato che i cambiamenti del clima avranno un impatto significativo più su una metà della popolazione mondiale che sull’altra. Complici le vecchie disuguaglianze di genere, nelle regioni più vulnerabili alla crisi climatica, probabilmente le donne soffriranno più degli uomini.
Isolate e con troppe responsabilità
In un recente studio abbiamo scoperto che le condizioni meteorologiche estreme e le stagioni imprevedibili indeboliscono in modo sproporzionato le occasioni per le donne di trovare lavoro retribuito e di superare i ruoli di genere, sempre un po’ rigidi, anche dopo decenni di riforme e attivismo.
Le donne che vivono già in povertà si stanno sempre di più trovando in circoli viziosi di bassa produttività, in condizioni di debito e insicurezza alimentare, specie quando le coltivazioni e il bestiame vengono meno, come abbiamo notato particolarmente in aree semi-aride di Africa e India. Le donne nel nord del Kenya lamentano di non potersi più permettere la carne, così mangiano solo riso e patate, che non bastano a sfamarle.
Con l’accumularsi di tensioni climatiche, le reti di supporto comunitarie si deteriorano. Quando le persone si spostano e devono sistemarsi altrove, gli uomini cercano lavoro e le donne rimangono a casa, spesso in un ambiente sconosciuto e senza poter contare sul supporto di amici e parenti. Ma anche quando conoscono altre persone, con tutte le sfide del gestire la vita domestica in un contesto estraneo, non resta molto tempo per aiutare gli altri.
Con le piene responsabilità dei doveri di casa, curare i raccolti e star dietro a bambini e anziani, le donne hanno meno tempo per socializzare o prendere parti a eventi comunitari, come gli incontri con il governo dei villaggi. Se lo Stato o le associazioni di beneficenza possono aiutare, c’è spesso molta competizione per assicurarsi i sussidi. In Namibia, le persone tendono a rimanere nei loro gruppi etnici per garantire l’accesso ai sussidi tramite un impegno collettivo, ma questo significa che le minoranze etniche della regione sono spesso escluse.
In Mali, i carichi più pesanti ricadono su donne che sono giovani e meno istruite. In India e Pakistan, le donne che appartengono a classi sociali più basse o caste emarginate soffrono più di tutti. Le relazioni di genere differiscono di luogo in luogo e dipendono da circostanze individuali – spesso troppo variabili per emergere nelle stime nazionali e globali. Abbiamo cercato di trovare un modo per generalizzare le nostre scoperte attraverso 25 luoghi già molto diversi tra loro, in Asia e Africa, senza perdere le sfumature delle esperienze di ogni donna.
Il minimo indispensabile
Se gran parte del problema è strutturale, allora le soluzioni a breve termine, come i rifugi per i cicloni o iniziative contro la siccità, non riusciranno ad affrontare le cause della povertà e del precariato. Servono reti di sicurezza sociale che possano assicurare lo stretto necessario per quanto riguarda cibo e rifugio, come il sistema di distribuzione pubblica di cereali in India o le pensioni e le donazioni sociali disponibili in Namibia.
Per assicurarsi che la salute delle persone in questi Paesi non precipiti irreversibilmente, le donne hanno bisogno di supporto da parte dei servizi sanitari e pediatrici, ma anche all’accesso di acqua potabile e gas per cucinare. Il ruolo del supporto comunitario è cruciale durante le crisi, ma c’è poco che le donne possano fare per aiutare se stesse, senza risorse e competenze.
I mercati del lavoro competitivi valutano al ribasso il lavoro delle donne che vivono in povertà. Fare in modo che ci siano salari minimi e condizioni di lavoro eque potrebbe aiutare, ma queste sono misure difficili da implementare a livello internazionale. Non solo il cambiamento climatico sta causando il crollo dei lavori tradizionali, ma anche gli uomini che migrano possono venire sfruttati dai nuovi datori di lavoro. Privati di alimentazione e riposo adeguati, molti finiscono per ammalarsi e spendere i loro guadagni in cure mediche.
Per affrontare l’emergenza climatica e garantire che donne e uomini possano condurre vite dignitose, servirà più del superamento degli stereotipi di genere. Se supportate, si potranno trovare soluzioni creative ai disagi portati dal cambiamento climatico. Ma questo supporto deve includere garanzie di accesso universale a cibo, rifugio e servizi di prima necessità. Alla COP25 di Madrid (la conferenza mondiale dell’Onu sul clima NdT) i leader mondiali dovrebbero aiutare le comunità più vulnerabili ad adattarsi ai cambiamenti ambientali con risorse e solidarietà, non parole di conforto e retorica.
Fonte
Magazine: The Conversation
Articolo: Climate crisis could reverse progress in achieving gender equality
Autrice: Nitya Rao
Data: 3 dicembre 2019
Traduzione a cura di: Caterina Fantacci