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La donna che cantava il Cile: Violeta – Corazón maldito
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La donna che cantava il Cile: Violeta – Corazón maldito

“Non capisco perché siano così tante le donne che la storia ha messo da parte (se non addirittura cancellato)! È come se il mondo fosse un grosso palcoscenico che solo gli uomini possono calpestare mentre noi, al massimo, possiamo suggerire da dietro le quinte o rassettare i camerini”.

Queste parole, pronunciate a un certo punto da Violeta Parra nel graphic novel a lei dedicato, sono emblematiche sia del personaggio, sia della ragione principale che ha spinto l’autrice Virginia Tonfoni – giornalista con la passione per il fumetto e una grande preparazione sulla cultura latina – a raccontarne la storia. Supportato dalle illustrazioni in bianco, nero e arancio di Alessio Spataro, vignettista di lungo corso e qui alla sua seconda prova con il graphic novel, Violeta – Corazón maldito (edito da quella garanzia quando si parla di fumetti che è Bao Publishing) ripercorre tutta la vita della musicista, dalla nascita al suo tragico epilogo.

Violeta del Carmen Parra Sandoval è stata una celebrata cantautrice cilena attiva nella prima metà del Novecento (proprio lo scorso 4 ottobre ricorreva il centenario della sua nascita) che ha avuto il merito di riportare alla luce la canzone folkloristica del proprio Paese con una preziosa operazione di recupero. Personalità inquieta, indole ribelle, umili origini e la stima di gente come Pablo Neruda a fronte di una decisamente più contenuta popolarità nel resto del mondo hanno reso evidentemente questo romanzo a fumetti ancor più necessario.

Per essere ribelli può aiutare anche un Guitarrón…

Avrete già intuito che gli slanci femministi non mancano nel racconto.

C’è il padre di Violeta che apostrofa un pappone violento dicendogli che il mestiere più vecchio del mondo non è quello della prostituta, ma dello sfruttatore.

C’è l’autodeterminazione di Violeta stessa che, raccontando al suo primo marito di una molestia subìta, gli intima: “Promettimi che mi proteggerai… Ma solo quando lo vorrò io”.

C’è il conflitto generazionale sul ruolo della donna negli accesi battibecchi con la suocera.

C’è l’impegno politico, perché ogni tensione verso il progresso non può prescindere da una presa di posizione pubblica sulla propria visione del mondo, sia che questa dimensione pubblica riguardi il microcosmo della propria famiglia o l’ecosistema della propria nazione.

C’è in generale un rigoroso e appassionato racconto che ben soppesa stilisticamente “riso” e “pianto” (per parafrasare il brano più celebre della Parra, Gracias a la vida), senza mai scadere nell’agiografia, nella pornografia dei sentimenti o nell’estetizzazione del drammatico gesto finale. Violeta Parra non viene dipinta come un’icona, seppur tale sia diventata, ma come una persona. Non si lesina sugli aspetti controversi del suo carattere, ma è al tempo stesso evidente il tentativo di sottolineare come la scelta di condurre un determinato stile di vita per una donna in quegli anni e in quel contesto fosse tutt’altro che una strada scontata e scevra di sacrifici o conseguenze. Stiamo parlando, insomma, del ritratto onesto di una donna di valore, ancora poco conosciuta dalle nostre parti, che Violeta – Corazón maldito vuole ostinatamente riportare alla luce. Non è un caso che l’idea del fumetto scaturisca dalla mancata possibilità dell’autrice di tradurre la biografia della Parra scritta dalla figlia Isabel).

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Sulle vicende raccontate non entro nel dettaglio per non rovinarvi la lettura, ma a questo punto devo farvi una confessione: prima di avere fra le mani questo graphic novel non conoscevo Violeta Parra. Dopo averlo finito ho cominciato ad approfondire, scoprendone la ricca produzione artistica e trovando anche molti punti di contatto con altre figure femminili decisive del cantautorato sudamericano quali Mercedes Sosa e Chavela Vargas (personaggio sensazionale già citato in questa sede e a cui davvero prima o poi dovremo dedicare un articolo).

Ecco, vi invito allora a leggere Violeta – Corazón maldito confidando che per molt* di voi sia un punto di partenza, la cima di un iceberg che innescherà la vostra curiosità verso un immaginario enorme e suggestivo. Non servono a questo, del resto, le storie? A maggior ragione il discorso vale per quelle che danno voce alle categorie meno raccontate.

…anche se domare il guitarrón non è da tutti.

Proveniamo da secoli di produzione culturale che anche nelle sue più alte manifestazioni autoriali è stata inevitabilmente il riflesso della cultura patriarcale in cui è stata concepita. Ora, in un momento in cui sembra che tutto sia già stato detto e raccontato meglio da altri prima di noi, far parlare in prima persona coloro che nel corso della storia per ragioni discriminatorie più o meno complesse sono stati relegati al ruolo di comprimari significa avere l’opportunità di guardare il mondo da nuove angolature e in questo modo conoscerlo in maniera più vera e profonda.

“Io canto alla chillaneja (N.d.R. al modo di Chillán, paese natale di V. Parra)
se devo dire qualcosa
e non prendo la chitarra per farmi applaudire.
Io canto la differenza che c’è tra il vero e il falso,
altrimenti non canto.”

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