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La mistica della femminilità: un libro di ieri, una riflessione sull’oggi
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La mistica della femminilità: un libro di ieri, una riflessione sull’oggi

Articolo di Pietro Balestra

Breve contestualizzazione: Stati Uniti d’America, anni Cinquanta, le donne che hanno partecipato attivamente alla Seconda Guerra Mondiale (facendo le veci degli uomini in loro assenza), quelle stesse donne che godono di diritto di voto attivo e passivo ormai dal 1920, concluso il conflitto, sono rispedite ognuna a casa propria. Qualcosa di singolare accade in questi anni: le donne americane scelgono in massa d’intraprendere la vita delle casalinghe mogli-e-madri, finendo per essere meno emancipate e meno indipendenti delle donne della precedente generazione.

Le donne che una volta aspiravano a una carriera ora facevano carriera nell’avere figli, proclamava esultante la rivista Life, nel 1956, celebrando il ritorno delle donne americane al focolare domestico.

La mistica della femminilità – Betty Friedan – 1963 – p. 25

Perché? Saranno le femministe degli anni Sessanta a rispondere: la colpa va alle madri del Femminismo, che si erano strenuamente battute per una riformula del diritto famigliare e per il suffragio universale, ma non in quanto donne; bensì in quanto mogli e madri, in quanto riflessive, sentimentali e amorevoli, in quanto quindi perfetto complementare dell’uomo. Così facendo, le femministe dell’anteguerra avevano permesso agli antifemministi di continuare a definire la donna e a imporle il loro modello, adesso – negli anni Cinquanta – con nuove e più seducenti armi: pubblicità, riviste per signorine, cinema e televisione, giocattoli per bimbe/future donne ed elettrodomestici per donne formate… A quest’indottrinamento, a questo spettro che incombe sulle americane del Dopoguerra, Betty Friedan dà il nome di mistica della femminilità; e di essa tratta nella sua omonima invettiva.

Betty Friedan nasce nel 1921 a Peoria; marxista convinta finché su di lei non incombe la minaccia del Maccartismo (l’antisovietismo americano), dopo la laurea in Psicologia intraprende la carriera di giornalista; si sposa con Carl – del quale prende il cognome – nel 1947 e con lui avrà tre figli: Daniel, Jonathan ed Emily. È costretta ad abbandonare il suo lavoro presso UE News e accontentarsi di una carriera da freelance dal 1952, data della sua seconda gravidanza.
Molto probabilmente è proprio quest’ultimo fattore che la spinge a imbarcarsi nel suo più importante progetto: nel 1957, durante una rimpatriata tra ex studenti, incontra le ex compagne del college e le intervista sulle loro vite dal giorno della laurea – il suo scopo è dimostrare che una donna con famiglia, parallelamente, può anche adempiere egregiamente ai propri doveri professionali. Le risposte che riceverà saranno però spiazzanti e demoralizzanti: la maggior parte delle sue coetanee ha infatti rinunciato ai propri sogni ed è diventata casalinga, sentendosi spesso, a causa di questa rinuncia, vuote e frustrate. Di qui, l’idea generale de La mistica della femminilità: intervistare quante più casalinghe dei sobborghi americani possibile per capire cosa sia successo e, soprattutto, come esse stiano, come guardino alla propria vita, a sé stesse, alla passato, al presente e al futuro.
Da un lato La mistica della femminilità è un’inchiesta giornalistica, con una forma snella, concisa, a tratti oserei dire drammaturgica, teatrale; è ricca d’interviste a casalinghe disperate, giovani studentesse che sognano il focolare e diversi esperti – medici e psicologi per la maggior parte, ma anche, per esempio, un persuasore occulto (cfr. L’imbonimento sessuale, in Friedan, pp. 179 – 199). Dall’altro però gli studi universitari di Friedan si fanno sentire: quando si tratta di analizzare le basi teoriche della mistica (e del maschilismo), il conseguente ragionamento dell’autrice segue un metodo e un rigore di carattere filosofico.
Un po’ inchiesta giornalistica, un po’ saggio femminista, un po’ ancora romanzo autobiografico dove la protagonista cede le parole ai personaggi-persone da lei incontrati, La mistica della femminilità è un libro denso di contenuti, tutti molto intensi e difficili da digerire, ma nel contempo estremamente comprensibile e facile da leggere, adatto a chiunque a prescindere dalla preparazione di base.
Per molti anni un problema è rimasto sepolto, inespresso, nella mente delle donne americane. Una strana inquietudine, un senso di insoddisfazione, un desiderio tormentato che le donne hanno cominciato a sentire intorno alla metà del Ventesimo secolo negli Stati Uniti (La mistica della femminilità – Betty Friedan – 1963 – p. 24), così esordisce Friedan. I primi capitoli sono incentrati sul “problema senza nome”: la maggior parte delle casalinghe dei sobborghi intervistate accusano sintomi di depressione – letargia, alcolismo, disturbi del comportamento alimentare e sessuale, nevrosi… – cui gli psichiatri danno nomi come “maledizione delle casalinghe”. Esse sono cresciute sotto il segno della mistica, convinte quindi dalla cultura consumistica americana che la donna si realizzi a pieno solo come moglie-e-madre. Hanno frequentato il college, ma con scarso interesse: lì, il loro obbiettivo era innanzitutto quello di trovare marito. Ora puliscono, lavano, stirano, cucinano, fanno giardinaggio, talvolta entrano nei comitati scolastici o di quartiere, ma c’è qualcosa che non va:

Sono una che serve il cibo in tavola e infila i calzoncini e sistema i letti, una che puoi chiamare quando vuoi qualcosa. Ma chi sono io?

La mistica della femminilità – Betty Friedan – 1963 – p. 29

Dietro alla mistica si cela certamente la cultura consumistica e un’economia organizzata in modo tale da vendere determinati prodotti (dagli elettrodomestici ai cibi) alle casalinghe. Le riviste per signore parlano di economia domestica, giardinaggio, moda e cosmetica, ci sono molte novelle con giovani protagoniste che realizzano i propri sogni incontrando l’uomo della vita. Non ci sono notizie dal mondo, perché alle lettrici non interessano: la politica e l’economia non aiutano a diventare mogli e madri migliori, agli uomini, poi, le donne troppo colte non piacciono.

Ma, ancor più dietro, cosa c’è? Sono due i nemici principali individuati da Friedan.
Innanzitutto, la Psicanalisi che ha tenuto la donna là dove l’aveva lasciata Freud; le sue pazienti però erano le donne borghesi dell’Età Vittoriana, le sue pretese di assolutezza intorno la psiche femminile erano in realtà contingenze storiche. Perché nessuno si è premurato di andare oltre, di aggiornare il progetto freudiano? Beh, ovviamente una donna incastrata nell’invidia del pene è certamente più facile da manovrare.
Affianco alla psicanalisi agisce il Funzionalismo, corrente sociologica che traduce la complementarità tra i sessi nei termini di scienza sociale: se l’uomo è attivo, istintivo e irruente, la donna è passiva, riflessiva e docile, perciò il corretto funzionamento della società dipende dalla sua sottomissione, dal suo accettare con gioia il ruolo di moglie-e-madre. In tal sede, hanno avuto un ruolo fondamentale le teorie di Margaret Mead: se da un lato ella è stata attenta studiosa della fluidità dei comportamenti sessuali nelle società primitive, dall’altro è stata anche freudiana convinta e sono i suoi scritti sulla complementarità dei sessi che la mistica ha trasmesso in tutti i college americani.
Tutto ciò nella pars destruens del saggio. Si guardi ora alla pars costruens: Friedan riporta degli studi secondo i quali le donne impegnate tanto in famiglia quanto sul lavoro siano più realizzate, e svolgano le stesse faccende domestiche delle coetanee casalinghe in un tempo nettamente inferiore. A questi si affiancano le interviste a donne dei sobborghi che sono riuscite a “curarsi” dalla loro malattia senza nome riprendendo a studiare, nella maggior parte dei casi progettando di diventare maestre elementari. Da qui, l’autrice invita tutte le donne a sfuggire dalla mistica coltivando un proprio progetto personale (una carriera) parallelamente a quello famigliare; e nel frattempo esorta le istituzioni a farsi carico del “problema senza nome”, aiutando le donne a farsi strada nel mondo del lavoro attraverso azioni positive, quali leggi a tutela della maternità.

Perché parlare oggi de La mistica della femminilità? Per avere davanti un quadro più completa della Storia del Femminismo? Questo certamente è un motivo, e anche d’importanza notevole, ma in realtà questo libro sa essere anche molto attuale.
Edito per la prima volta nel 1963, è uno dei capisaldi della Seconda Ondata del Femminismo. Nel 1997, Betty Friedan cura una nuova edizione in cui integra una prefazione, ove da un lato si dichiara entusiasta dei grandi passi avanti fatti dalle donne negli ultimi trent’anni – soprattutto alla luce delle vittorie ottenute presso la Terza Conferenza Mondiale sulle Donne (Pechino, 1995). Dall’altro però anticipa il contemporaneo Femminismo della Parità, quello cui Bossy appartiene; invita quindi a perseverare nella lotta, includendo anche gli uomini:

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Ma non si può andare avanti come se la questione toccasse solo le donne. C’è una nuova urgenza che riguarda il cambiamento della condizione degli uomini che finirà per pesare sulle donne se questi non riusciranno a trovare una via d’uscita. Le donne saranno costrette a rinunciare alla loro piena personalità appena conquistata, o sceglieranno di collaborare con gli uomini per dar vita a una nuova visione delle possibilità umane?

La mistica della femminilità – Betty Friedan – 1963 – p. 5

Sembra che in queste righe si alluda a una mistica della virilità che, complementarmente alla sua controparte femminile, incatena gli uomini a un ruolo sociale e a un destino predefinito. A questa si potrebbero poi aggiungere una mistica dell’omosessualità, della bisessualità, della transessualità etc.
Sono stati fatti molti passi avanti negli anni, bisogna ammetterlo; ma bisogna ancora lavorare per liberarsi di tutte le gabbie che il Funzionalismo tiene pronte per ogni individuo, e questo lavoro è da farsi tutti insieme, seguendo il brillante esempio di Betty Friedan – anche se, lo specifico per completezza, la Friedan non parla in modo edificante di omosessualità nel suo saggio; ma si possono riconoscere i limiti, lasciare al loro tempo le interpretazioni erronee, e contemporaneamente conservare e mettere in pratica ciò che invece di buono ha trasmesso quest’autrice.
Solo stanando e abbattendo la mistica (le mistiche) si può procedere verso la parità, ovvero la piena possibilità di realizzare sé stessi:

Uomini e donne più maturi, non più ossessionati dalla giovinezza, stanchi di giochi infantili e dei vecchi rituali riguardanti il sesso e il potere, conquistano ogni giorno una maggiore consapevolezza della loro natura. Non fingono più che gli uomini vengano da Marte e le donne da Venere. Condividono gli stessi interessi, parlano un linguaggio in comune fatto di lavoro, amore, gioco, figli, politica. Oggi possiamo iniziare a intravedere le nuove possibilità umane generate dal fatto che le donne e gli uomini sono finalmente liberi di essere se stessi, di conoscersi per quello che sono realmente e di definire insieme nuovi parametri di successo, fallimento, felicità, trionfo, potere e bene comune.

La mistica della femminilità – Betty Friedan – 1963 – p. 23

Nota bibliografica – edizione di riferimento: Betty Friedan, La mistica della femminilità (1963 – 1997), edizione italiana a cura di Chiara Turozzi, traduzione italiana della prefazione del 1997 di Federica Alessandri, Roma: Castelvecchi editore, marchio di Lit Edizioni, 2012.

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