Attore, musicista, scrittore, poeta e cantautore.
Nakhane è nato in Sud Africa da una famiglia Xhosa – il secondo gruppo etnico per grandezza in Sud Africa, dopo lo Zulu –, ha una voce che ricorda quella di Anohni – musicista di riferimento che gli ha cambiato la vita – ed un passato doloroso, contrassegnato da una profonda fede in Dio che per anni lo ha portato a sentirsi colpevole per la sua omosessualità, a desiderare di essere eterosessuale, di guarire.
È stata la musica ad attenuare la sofferenza e la la vergogna che per anni si è portato dentro.
Dal giudizio di Dio e di quello degli altri, Nakhane si è liberato grazie al coming out ed abbandonando la fede cristiana.
E dal suo secondo disco, You Will Not Die – un mix audace di soul sperimentale ed influenze africane – trapela il bisogno di quell’emancipazione che ha tanto cercato.
L’album è stato scritto con computer e sintetizzatori, passando dal piano alla chitarra acustica, ed arrangiato a Londra con il produttore Ben Christophers.
Il risultato è un’alternanza di sensualità e spiritualità, chitarre blues e organi, oppressione e leggerezza, fragilità e spensieratezza.
Gli abbiamo fatto qualche domanda sulla sua musica, sul suo passato e su cosa pensa di Dio.
Come stai? Ti senti finalmente fisicamente e mentalmente lontano da quel tempo in cui ti odiavi per essere te stesso?
Lo spero. Ma siamo organismi viventi, questo significa che cambiamo sempre.
Ma per rispondere semplicemente alla tua domanda… sì, mi amo più di quanto non facessi alcuni anni fa.
Sono arrivato ad accettare un bel po’ di quello che sono. Ma c’è sempre qualcosa che non ci va… non credi?
Le canzoni del tuo secondo album sprigionano un fortissimo senso di liberazione ed emancipazione. Puoi dirci qualcosa sul quando l’hai scritto? Quali sono state le emozioni e i pensieri che hai cercato di trasmettere all’interno del disco? E chi ti ha aiutato nella sua produzione?
Ho iniziato a scrivere le canzoni per questo album dal momento in cui sono uscito dallo studio per il mio primo album.
I primi brani che ho scritto non hanno funzionato subito. Guardandomi indietro mi rendo conto che stavo ancora cercando di capire cosa volessi fare. Più o meno nello stesso periodo avevo preso la decisione di rinunciare al cristianesimo, stavo vivendo tanti sentimenti tutti insieme.
Mi sentivo come una pallina da ping pong. Il mio disco di debutto era appena uscito: era qualcosa che meritava di essere celebrato, ma allo stesso tempo la mia vita personale era un casino. Così ho continuato a scrivere.
Durante questo periodo stavo anche finendo di scrivere il mio romanzo, Piggy Boy’s Blues, quindi, in qualche modo, ha influenzato anche l’album.
Col libro lavoravo su bozze finché non c’era la migliore versione possibile del testo, così ho fatto lo stesso con le canzoni.
L’anno scorso ho incontrato Ben Christophers e ha prodotto l’album. È una delle persone più tenere e generose che abbia mai incontrato in tutta la mia vita. Mai condiscendente, ma sempre appassionato e comprensivo.
Si può dire che la musica, il palcoscenico, siano stati per te in questi anni una sorta di terapia, un aiuto? Pensi che la musica, e più in generale l’arte, possa essere preziosa nella difesa e nelle rivendicazioni dei diritti LGBTQ? E come può esserlo?
L’arte È preziosa. Punto.
L’arte dovrebbe essere protetta a qualunque costo. Mi ha salvato la vita. L’arte mi ha ricordato che non ero solo al mondo.
Non dimentichiamo però che non sono un attivista, ma un artista. E non parlo per nessuno se non per me stesso. È una cosa per me importante da ricordare.
Ci parli delle influenze sudafricane, delle tue radici Xhosa, che si sentono nel disco?
Hai sentito le mie armonie? Vengono direttamente da Alice (la sua città natale, n.d.r.). Sono influenzate dalle persone che mi hanno cresciuto.
Senti mia madre e le sue sorelle in quelle armonie. Quei ritmi vengono da casa. Quando stavo registrando l’album a Londra stavo ascoltando un sacco di artisti sudafricani in modo da non perdere il senso di casa. Tra questi c’erano Simphiwe Dana, Thandiswa Mazwai e Busi Mhlongo. Ma le influenze richiamano anche a TkZee. C’è Kwaito. Ho preso spunto da Brenda Fassie. Quell’emozione ricorda Nina Simone. Quei sintetizzatori sono di Brian Eno.
E potrei andare avanti!
Quali sono gli artisti più seguiti/famosi oggi in Sud Africa?
Thandiswa Mazwai, Black Coffee , Zanele Muholi, Athi Pata Ruga. E molti altri.
Qual è il modo migliore per reagire al razzismo e all’omofobia? Sei mai stato discriminato per essere nero e omosessuale?
Vi siete mai guardati in giro? Il mondo è costruito per i bianchi. Il mondo è costruito appositamente per i bianchi eterosessuali, e ancora più specificamente gli uomini bianchi eterosessuali.
Quindi sì. Ogni giorno mi sento discriminato. C’è ancora tanto da fare.
Come disse Toni Morrison, “il razzismo è una distrazione”. Ho smesso di spiegare e dimostrare che non sono una razza inferiore. I neri lo fanno da secoli. Non vengono ascoltati, e le persone non vogliono ascoltarli.
Finché non hai abbandonato il cristianesimo, hai vissuto la religione come oppressione, schiacciato dal timore di una eventuale punizione divina: questo mi ha molto colpito. Anche se non sono religiosa, penso che le persone debbano trovare conforto, non dolore, nella loro fede. Perché Dio dovrebbe costringerti ad abbandonare la fede, invece di darti la forza di mostrarti e amarti per quello che sei senza lasciare la tua fede in lui?
Io credo in Dio. Credo nell’idea di Dio. Lo adoro. Ora sono (a 30 anni, lontano dal cristianesimo) interessato al Dio dell’Antico Testamento e talvolta confuso dal Dio neotestamentario.
Ma Dio non è solo quello delle religioni abramitiche. Dio non è solo dell’Occidente. L’idea di Dio è stata dirottata. Dio è molto più di quello che mi è stato detto che lui/lei/esso è.
E ora non posso immaginare che Dio sia troppo infastidito e irritato da dove appiccichi il mio pene e da chi scelga di amare. È così meschino. Dio deve avere cose migliori, più grandi, di cui preoccuparsi.
Che cosa ti senti di dire ad un ragazzo che si vergogna di se stesso, del suo essere omosessuale e che non ha la forza e il coraggio, per tanti motivi, di fare coming out come hai fatto tu?
Se sei in un posto in cui puoi uscire, trova persone come te ed esci. Sarà difficile. Niente in questa vita è facile. Se vivi in un posto che potrebbe mettere in pericolo la tua vita, e ti ritrovi a leggere questa intervista sappi che non sei solo.
Non c’è pressione. Proteggiti. Sappi che non c’è niente di sbagliato in te.
Ci lasci con un verso di una delle tue canzoni alla quale sei più legato?
“A benevolent will has summoned me”.