Articolo di Marika Ambrosio
Foto di Audrey In Wonderland
La Ragazza del Treno (The Girl on the Train) è il romanzo di Paula Hawkins, pubblicato nel 2015 e ben presto divenuto un best seller sul mercato inglese e americano.
Se non avete ancora letto il romanzo o visto il film, vi sconsiglio la lettura dell’articolo poiché contiene molti spoiler.
Il romanzo, così come l’adattamento cinematografico, si concentra sul mondo femminile, con le sue debolezze (talvolta anche esasperandole) e i suoi punti di forza. Le protagoniste sono tutte donne, ma le loro vite dipendono da un unico uomo.
Protagonista assoluta è Rachel Watson, una donna inglese di 32 anni che trascorre le sue giornate in treno. È sola, alcolizzata, non ha più un lavoro e ha una mania che presto la porterà ad essere coinvolta in un avvenimento tremendo: ogni giorno, dal suo vagone, s’intrufola letteralmente con la fantasia nella vita di una coppia che abita a pochi isolati dalla sua vecchia casa, dove viveva con il suo ex marito (Tom). Non conosce gli abitanti della casa, ma fantastica su di loro e idealizza a tal punto le loro vite che per lei iniziano a rappresentare l’emblema della coppia perfetta. Dà loro, addirittura, dei nomi: Jess e Jason. La coppia inizia a simboleggiare per Rachel tutto ciò che lei aveva, o credeva di avere, e ora non ha più. Rachel era sposata con Tom, l’uomo perfetto, il marito modello, vittima dell’alcolismo della goffa e maldestra moglie. Quella moglie che non può più portare in giro perché, ubriacandosi, fa scenate ovunque si trovino. Il povero marito, sfiancato dalle molestie della moglie, inizia a frequentare un’altra donna, Anna, per la quale lascia Rachel e con la quale avrà una bambina.
Questo è quello che Tom dice.
La verità è che lui è un uomo violento, non solo nel senso fisico del termine, ma soprattutto in quello mentale. Trasferisce alla moglie tutto quello che, in realtà, è lui a fare. Le fa credere di averlo ferito, di averlo messo in imbarazzo davanti ai suoi colleghi, e Rachel è così debole e sottomessa che, ogni volta che si riprende da una sbronza, non ricorda nulla e tutto quello che può fare è credere alle storie che il marito le racconta e chiedere scusa. Arriva al punto in cui non si fa neanche più raccontare cosa sia accaduto e chiede scusa direttamente.
La storia è narrata in prima persona da tre punti di vista differenti, tutti femminili: Rachel, Anna e Megan (Jess). I racconti s’intrecciano a mo’ di pagine di diario. La narrazione delle donne, seppur frammentata, aiuta al lettore a costruire man mano il quadro d’insieme, che sarà completo e chiaro solo nelle ultime pagine. È difficile, per queste donne, liberarsi dagli stereotipi che le caratterizzano.
Anna, moglie e madre modello, magra e bionda. Dedita alla famiglia e alla casa, ha abbandonato il lavoro per adempire al meglio ai suoi doveri.
Megan, anche lei magra, bionda e bellissima, passa in casa le sue intere giornate dopo la chiusura della galleria in cui lavorava. Non è la moglie modello che tutti, Rachel compresa, credono che sia.
Rachel ha i capelli scuri, è sciatta, ha qualche chilo di troppo e beve, beve di continuo fino a perdere i sensi e a fare cose di cui sa che si pentirà.
Tutto il romanzo ruota attorno a dei temi che legano le tre donne del romanzo:
–La vita coniugale. Rachel era sposata con Tom. Il fallimento del suo matrimonio ha significato, per lei, il fallimento di tutta la sua vita. Come se non ci fosse altra cosa per cui vivere, se non Tom. Anna si è adattata benissimo nelle vesti della moglie perfetta, sembra quasi una donna estrapolata direttamente dalle pubblicità sessiste degli anni ’60. Megan, invece, non si sente soddisfatta della vita matrimoniale, è instabile, irrequieta, sempre in cerca di qualcosa di nuovo.
–Il difficile rapporto con l’altro sesso. Tutte e tre le protagoniste vivono un rapporto conflittuale con l’altro sesso, quasi di odio e amore allo stesso tempo. Rachel è completamente sottomessa all’ex marito e vive nella speranza che lui possa tornare da lei, lo chiama di continuo anche in piena notte e non mostra la minima intenzione di trovare un altro uomo. L’unica oscillazione avviene quando incontra Scott, con cui (almeno nel romanzo) andrà a letto. Anna sembra essere più indipendente rispetto a Rachel, ma è solo una finzione, perché bastano due baci del marito per convincerla ad accettare qualsiasi cosa. Verso la fine del romanzo si ritrova quasi come la sua antagonista e tanto odiata Rachel. Sospettosa, sottomessa, con una bottiglia di vino in mano ad aspettare che il marito rientri dal suo “impegno di lavoro”.
–La carriera sacrificata. Rachel ha sacrificato la sua carriera, ha buttato all’aria il suo lavoro e poco le importa di trovarne uno nuovo. Troppo poco sobria, troppo persa nel suo dolore. Anna ha rinunciato alla carriera per accudire la sua bambina e per essere etichettata come la moglie modello, ma di tanto in tanto rimpiange segretamente la sua vita passata e il suo lavoro. Megan, invece, rimpiange ogni attimo il suo impiego alla galleria. Prova un diversivo quando si candida come babysitter per la figlia di Anna e Tom, ma questa forzatura dura poco. Badare ai bambini non è per lei.
–La maternità. Questo è uno dei tasselli fondamentali dell’intero romanzo. La maternità è il motore che muove tutte le situazioni più spiacevoli. Rachel si butta nel vortice dell’alcol proprio perché non riesce a rimanere incinta. Non poter diventare mamma significa per lei essere una donna e una moglie a metà, incompleta. Quella di un/a figlio/a è un’assenza che pesa immensamente nella vita di Rachel, peso che diventa macigno quando la nuova compagna di Tom riesce a diventare mamma. La bella, bionda e magra Anna che diventa mamma. La maternità di Anna diventa una vera e propria ossessione per Rachel, tanto che in un momento di follia si intrufola nella casa di Tom e Anna, prende la bambina e fa quasi per andare via. Dal canto suo, Anna vive la maternità come un conflitto, ma è un conflitto che non riesce a confessare neppure a se stessa. Ama la sua bambina, la sua vita ruota attorno all’essere mamma, eppure si sente stanca, stanca di puntare le sue attenzioni sulla bambina, oppressa quasi, tanto da doversi rivolgere ad una babysitter, Megan. Quest’ultima è quella che sicuramente ha il rapporto più difficile con la maternità. Megan è la donna dalle mille vite. Prima di Scott, infatti, aveva un compagno da cui aveva avuto una bambina. Un giorno, Megan si addormenta nella vasca con la sua figlia addosso e quando riapre gli occhi la bambina è morta. Seppellisce la bambina e il ricordo di lei e scappa per rifarsi una nuova vita, per andare incontro ad un presente senza passato. Scott vuole diventare padre, ma Megan non si sente pronta a riaffrontare i suoi fantasmi. Quasi come uno scherzo del destino si ritrova a fare da babysitter alla figlia dei vicini, Anna e Tom. È un lavoro che odia. Non riesce a provare empatia verso Anna e la bambina. Solo con Tom riuscirà a provare un’empatia tale da diventare la sua amante e da scoprire di aspettare un/a figlio/a da lui. E proprio ora che si era convinta di essere pronta a diventare mamma, succede l’irreparabile.
–La sottomissione agli uomini. Seppur in maniera diversa, le tre donne sono fortemente sottomesse ai loro uomini. Tom controlla tutto, decide tutto, ma non con modi prepotenti, o almeno non sembra. Riesce ad ottenere ciò che vuole passando quasi per la vittima in ogni situazione. Megan è ossessionata da un marito che la controlla, ma non è questo il suo vero problema. In accordo con la logica della donna sottomessa, quando prova a ribellarsi e a voler decidere lei qualcosa per la prima volta, ecco che viene brutalmente uccisa.
Il vero tassello che, però, lega queste tre donne è Tom. Ex-marito, marito e amante. Tom il bugiardo, Tom il violento, Tom il traditore. Questo personaggio incarna in sé tutte le tematiche dell’intero romanzo: gestisce la maternità, gestisce le “sue donne”, decide della vita e della morte. L’unico modo per le due donne sopravvissute di liberarsi di lui è ucciderlo. Con Tom muore quel senso di maschilismo che accompagna tutta la narrazione. Dopo la sua morte c’è la rinascita di Rachel e di Anna. È l’unico momento della storia in cui le due antagoniste diventano complici verso un obiettivo comune: la libertà. Eppure, mentre Rachel è convinta di volersi liberare di lui, Anna tentenna. Lei sa che il marito la tradisce, sa che ha ucciso Megan, ma vuole restare accanto a lui. Appare al lettore quasi come ipnotizzata. Stupisce, infatti, il fatto che in poche battute passi dal voler difendere il marito al volersi accertare che muoia davvero, infliggendogli i colpi mortali.
La trama del romanzo è ben studiata e l’intreccio è avvincente. Ad ogni pagina c’è qualcosa di diverso da scoprire, un segreto che appartiene al passato o un ricordo. Fino alla fine non si ha il minimo sospetto su chi possa essere l’assassino di Megan e il padre del/la bambino/a che aspetta.
La differenza principale tra la pellicola e il romanzo è che, mentre il romanzo diventa ad un certo punto sempre più avvincente, nella pellicola si ha una focalizzazione molto intensa su quello che è lo smarrimento interiore di Rachel. Smarrimento intensificato ancor di più dalle riprese che vanno a ricordare allo spettatore il perenne stato di ubriachezza del personaggio.
Ovviamente, queste sono impressioni del tutto personali e forse non condivise da tutti. Voi, che impressioni avete avuto?