Articolo di Benedetta Geddo
Philippa Gregory, autrice di bestseller come La Regina della Rosa Bianca, dice che le donne di potere sono sempre guardate con sospetto, da Lady Macbeth, prossimamente interpretata sullo schermo da Marion Cotillard, fino a Hillary Clinton.
Le donne affamate di potere sono un incubo con una lunga storia―la storia più vecchia del mondo. Nel folclore ebreo, Dio creò una donna per Adamo chiamata Lilith―la sua prima moglie―ma litigarono lo stesso nel Paradiso Terrestre senza l’intervento di un serpente o di una mela.
L’errore di Lilith fu di voler essere l’eguale di Adamo: avere il ruolo attivo durante i rapporti sessuali. Il rifiuto di Adamo spinse Lilith a volgersi ai demoni e a portare nuovo male nel mondo.
La leggenda, e anche la successiva disobbedienza di Eva, avvisavano ogni successiva appartenente al genere femminile che per essere buone donne bisogna stare tranquille e remissive nei confronti degli uomini.
L’essere inermi era identificato con la femminilità―«sesso debole» compare come espressione per la prima volta nel XV secolo, e persino grandi scrittori e drammaturghi come Shakespeare non possono, o non vogliono, descrivere una donna perfettamente a suo agio in una posizione di potere.
Per compiere azioni di potere, Lady Macbeth deve essere «snaturata»―deve diventare come un uomo:
O spiriti
che v’associate ai pensieri di morte,
venite, snaturate in me il mio sesso,
e colmatemi fino a traboccare,
dalla più disumana crudeltà.
E Lady Macbeth non è l’unica cattiva snaturata di Shakespeare. Una regina come Margaret di Anjou, che aveva combattuto con disperato coraggio per il suo regno, suo marito e suo figlio durante la Guerra delle Due Rose viene descritta come qualcosa di peggio. Diventa una bestia:
La Lupa di Francia, peggio dei lupi della Francia…
Le donne sono calme, docili, misere, e compiacenti;
Tu invece inflessibile, ostinata, crudele, dura, senza pietà.
L’unico potere che le donne possono avere e a mantenere senza attirare odio è quello di una consigliera nell’ombra, che ha influenza ma non vero potere d’azione. Ma anche in quel caso―una donna che sussurra nell’ombra è una strega.
Elizabeth Woodwille, moglie e madre―la «Regina Bianca» del mio libro e della serie TV―fu accusata di aver sedotto il Re grazie alla stregoneria, di averlo sposato quando già impegnata in un altro matrimonio, e di averlo aizzato contro i suoi due fratelli.
Non ci sono prove di questo; l’unico suo vero crimine è probabilmente quello di aver rubato i tappeti dell’allora Lord Sindaco di Londra. Non una bella cosa, ma nemmeno così grave da essere chiamata erede di Lilith.
Margaret Beaufort, la «Regina Rossa» della mia storia, fu un’altro potere nascosto all’ombra del trono. Nei palazzi Tudor di suo figlio, il trionfante Enrico VII uscito vincitore dalla Guerra delle Rose, fece in modo che le loro stanze fossero comunicanti in modo che fosse lei a consigliarlo, non sua moglie la Regina.
Scrisse il Libro del Re che dettava legge su ogni aspetto della vita di corte e decise che sua nuora, la Regina, dovesse ritirarsi dodici settimane per il parto. E lei, anziana e ormai non più fertile, ebbe un vantaggio di quasi un quarto di anno sulla Regina.
Inventò persino il suo titolo―Mia Signora la Madre del Re―e si firmava in modo abbastanza ambiguo con Margaret R, che potrebbe essere il suo titolo, Margaret Richmond, ma anche Margaret Regina, come se fosse stata lei a regnare.
Ma del resto una nazione governata dagli eredi maschi di invasori arrivati nel 1066 e con una storia scritta in monasteri da uomini per sempre legati da un voto di castità non aveva esattamente le carte in regola per essere la terra delle pari opportunità. La prima regina regnante d’Inghilterra, Matilde, non riuscì a convincere i suoi sudditi a incoronarla neanche se lei stessa aveva ereditato il trono su espressa volontà di suo padre, Enrico I.
Nessuna delle regine successive riuscì a sposarsi senza attirare voci e maldicenze sul suo potere regale, dal momento che la legge inglese dichiarava che tutti i titoli e le proprietà di una donna appartenevano a suo marito. Maria la Sanguinaria diede origina a quattro ribellioni e a un malcontento nazionale quando decise di sposare Filippo di Spagna. Elizabeth I tenne per sé tutto il suo potere e si dichiarò una sorta di ibrido: «So di avere il corpo di una debole e fragile donna; ma ho il cuore e il fegato di un re, e per giunta di un re d’Inghilterra».
Non è un caso che Elizabeth abbia parlato di sé in termini di «re» e riferendosi al suo «potere di principe». Il potere di una Regina era una contraddizione. Tutte le regine regnanti d’Inghilterra, Maria, Anna, Vittoria e Elizabeth II, sono il perfetto esempio del dilemma di Lady Macbeth: se una buona moglie deve obbedire a suo marito, come può avere potere? Come può essere una sovrana se ha fatto un voto di obbedienza al momento del matrimonio?
La risposta di Lady Macbeth è questa. Di essere «snaturata» per orchestrare un assassinio, ma percorre anche un’altra via verso il potere, forse più accettabile. Più avanti nella tragedia Shakespeare la mostra intenta a manipolare e a dirigere il suo esitante marito. È la politica delle sgualdrine, la politica delle mogli, l’astuzia delle donne:
Era ubriaca dunque la speranza
che ti fece così coraggioso? Sonnecchiò forse?
E si sveglia adesso, pallida e impaurita
a quello che ha fatto così liberamente? Da ora
così riterrò il tuo amore. Sei così spaventato
di essere in atto e valore
ciò che sei in desiderio?
Ma il lato negativo di tutto questo è che un potere passivo conduce a una punizione passiva. Macebth muore in battaglia, combattendo i suoi nemici come il soldato che è sempre stato. Lady Macbeth impazzisce e si uccide, fuori campo. La sua morte non suscita il minimo interesse in suo marito, e solo un po’ di dolore nel drammaturgo:
MACEBTH: Per che cos’era quel grido?
SEYTON: La regina, mio signore, è morta.
MACBETH: Sarebbe dovuta morire domani.
Purtroppo, cinque secoli di sussurri in camera da letto e gentili persuasioni non sembrano aver portato le donne poi troppo lontano. Solo il nove percento dell’Esercito Inglese è composto da donne, e nessuna di loro è un generale; le donne sono il trentotto percento dei ministri della Chiesa d’Inghilterra, ma nel 2012 solo quattro di loro sono vescovi.
Nemmeno cent’anni di confronti diretti hanno cambiato molto. Le donne con più di ventun’anni hanno ottenuto il voto nel 1928 ma solo il 29 percento sono membri del Parlamento, e sette sono i ministri di gabinetto donne. Il diciotto percento dei 250 membri dell’FTSE sono donne, e la differenza tra il loro stipendio e quello dei colleghi uomini è del 19 percento.
Non è esattamente una marcia trionfale quella che va da Lilith ad Angela Merkel, e non penso sia colpa delle donne (anche se di solito fa comodo dire che lo è). Se le donne prendono il potere allora sono aggressive, se lavorano all’ombra del trono sono subdole. E in qualsiasi caso, non fanno molta strada.
Durante le ultime elezioni presidenziali Hillary Clinton è stata incolpata, esattamente come Lady Macbeth, di comportarsi «come un uomo».
La copertura che i giornali hanno fatto della sua campagna politica, per esempio, si è concentrata fin troppo sul suo aspetto, con infiniti commenti a rimarcare quanto la sua ambizione e il suo freddo distacco siano poco femminili.
Prima di lei, anche Margaret Thatcher è stata condannata per il suo voler essere in cima alla gerarchia politica. Chiamandola «uomo mancato», le femministe intendono che ha tradito il genere femminile―non solo politicamente, ma anche spiritualmente.
La stessa cosa viene dalla critica non femminista. È un aborto, un anatema, un uomo. Ha distrutto tutto quello che c’è di più prezioso nella femminilità per seguire la sua ricerca di un potere maschile.
Il sospetto per la suocera del Principe William, vista come una commoner pronta a intromettersi in faccende che non la riguardano; Eva Peron, con la sua bellezza e la sua astuzia; Imelda Marcos, la farfalla d’acciaio; persino Kris Kardashian, che ha raso al suolo con le sue mani i clan Kardashian e Jenner per seguire il desiderio di fama e benessere… tutti questi pregiudizi riflettono come ancora abbiamo paura delle donne che vivono vicine a qualsiasi forma di potere.
Come Lilith, come Eva, come la Vergine Maria, se una donna lotta per ottenere potere è condannata in quanto «non donna»; se una donna vive la sua vita ai margini è condannata perché cospira in segreto. Si verrà criticate in qualsiasi modo si agisca, ed è questo il punto su cui bisogna riflettere.