Drastica riduzione dei sussidi statali contro la violenza sulle donne nel Governo di estrema destra del Presidente Bolsonaro; attiviste nere intervengono nella lotta contro la violenza di genere durante la crisi Coronavirus.
Nei primi giorni dell’emergenza Coronavirus, messaggi anonimi sono stati appesi negli ascensori di alcuni palazzi in Brasile, in cui venivano offerti aiuto e accoglienza alle donne che si trovavano in quarantena con i loro aggressori. Alcuni biglietti includevano inoltre avvisi rivolti agli aggressori stessi: “Non ti puoi nascondere dietro il Covid-19! Ti teniamo d’occhio e chiameremo la Polizia”, si leggeva in uno dei messaggi.
Nei quartieri più poveri di Rio de Janeiro, le attiviste stanno usando WhatsApp per la diffusione di informazioni sull’evolversi della pandemia nel Paese e sulle misure sanitarie per il contenimento del contagio da Coronavirus. Tramite messaggi di testo e note vocali, meme informativi e infografiche, loro condividono informazioni sull’accesso al reddito di emergenza e orientano le donne su come fare per ottenere aiuto in caso di violenza domestica.
“Sin da piccole impariamo ad aiutarci l’un l’altra, ad avere in mente la pratica comunitaria, facendoci capire così che la sopravvivenza di un’altra donna è anche la nostra propria sopravvivenza”, sostiene Aline Maia Nascimento dell’Observatório de Favelas, organizzazione che coordina l’iniziativa via messaggi su WhatsApp e che, grazie agli anni di attivismo, può reagire con rapidità alle richieste di aiuto da parte delle vittime durante la pandemia che non erano preparate ad affrontare. Nascimento racconta che la campagna sta “ottenendo successo, e che molte donne ci contattano chiedendoci aiuto, anche da zone della città non esattamente tra le nostre zone target, il che ci fa capire che le nostre informazioni vengono condivise tra le donne”. Ma le attiviste sentono anche un grande peso sulle loro spalle.
“In questo momento quello che facciamo è puramente palliativo, dal momento che lo Stato non fa niente in merito”, dice Nascimento. Il Presidente Bolsonaro, sin dal suo insediamento, e durante tutto il suo Governo di estrema destra, ha indebolito le politiche sociali e tagliato drasticamente i fondi destinati alla lotta alla violenza sulle donne. In questo modo le attiviste fanno da sole il lavoro di responsabilità delle istituzioni pian piano dismesse o in via di smantellamento.
Insieme alle campagne informative rionali, i collettivi si sono attivati e provvedono alla distribuzione di alimenti e di altri beni di prima necessità alle famiglie che si trovano in difficoltà economica durante la pandemia. Helena Silvestre, attivista della Escola Feminista Abya Yala, collettivo di donne nere sito a San Paolo, descrive come ha fatto a identificare le donne a rischio di violenza domestica durante la consegna di questi beni:
“Abbiamo visto ogni tipo di situazione: donne che hanno bisogno di aiuto o che conoscono donne che si trovano anch’esse in pericolo. Attraverso questo primo contatto e dal legame che si è creato, possiamo provare a dare un nostro contributo”, racconta, spiegando che l’aiuto può includere il semplice accordo tra collettivo e le vittime di mantenersi in contatto e di dare sostegno morale oppure la creazione di parole in codice da utilizzare nel caso in cui le donne vengano minacciate o abbiano bisogno d’aiuto.
Le parole in codice possono aiutare le donne a comunicare con le attiviste anche nel caso in cui i loro cellulari siano monitorati dai loro aggressori. Grazie a queste tattiche, Silvestre racconta che recentemente il suo collettivo ha aiutato una donna e suo figlio a uscire da una situazione di violenza domestica. Attraverso la rete di collettivi femministi, hanno rapidamente trovato una famiglia disposta ad accoglierli oltre ad essere riuscite a raccogliere donazioni di beni alimentari e un letto.
“Per alcune donne, il solo fatto di sapere che possono contattare qualcuna è già un grande sollievo, mentre altre hanno bisogno di un supporto psicologico più specifico”, sostiene Silvestre. Perciò la sua associazione ha mobilitato anche le psicologhe volontarie che utilizzano diverse piattaforme online per connettersi alle donne più bisognose così da poter offrire loro supporto psicologico durante i giorni di lockdown.
Donna nera attivista femminista da quando aveva 13 anni, Silvestre ammette di sentirsi particolarmente sfidata dalla crisi Covid-19 e da quello che sta per venire. L’unica cosa che le dà speranza, dice, è “vedere le donne, che spesso si trovano in situazioni di vulnerabilità, e che comunque lavorano per aiutare altre donne”.
La “pandemia nella pandemia”
La violenza sulle donne e sulle bambine è in costante aumento in tutto il mondo, nella misura in cui la pandemia da Coronavirus ha forzato un numero senza precedenti di persone al lockdown. I numeri verdi di supporto in tutto il mondo hanno registrato un numero record di chiamate. Le Nazioni Unite allertano sulla crescente “pandemia nella pandemia”, facendo appello agli Stati a fare di più per proteggere le donne durante la crisi sanitaria.
Da quando le restrizioni sugli spostamenti sono state imposte dalle autorità regionali e comunali in tutto il Brasile, nella seconda metà di marzo, le/i giudici specializzate/i in violenza di genere stimano un raddoppiamento del numero di casi di violenza di genere. Le attiviste per i diritti delle donne credono che tali dati, comunque allarmanti, siano soltanto una parte del numero reale dei casi totali, soprattutto se considerati gli innumerevoli ostacoli burocratici affrontati dalle donne che hanno bisogno di aiuto.
“Molte di queste donne non possono usare il cellulare, uscire di casa o prendere i mezzi per andare a un centro antiviolenza, semplicemente perché non hanno i soldi”, dice Nascimento. “Ed è ancora peggio per quelle donne che vivono nelle favelas, che sono nella maggior parte dei casi donne nere che dipendono da piccoli lavoretti pagati a giornata su cui non possono più contare.”
I contagi da Coronavirus stanno aumentando nelle favelas brasiliane. 13 milioni di persone circa in queste località si trovano in condizioni di sovraffollamento, mancato accesso all’acqua potabile, ai servizi igienici e ai servizi di welfare del Governo, inclusa la manutenzione della legge e dell’ordine pubblico. “Siccome sono luoghi ‘razzializzati’ le favelas sono stigmatizzate come violente e pericolose”, racconta Nascimento, denunciando la mancanza di sostegno da parte dello Stato alle donne a rischio di violenza di genere.
Prima della pandemia la presenza della Polizia militare nelle favelas si concentrava sulla realizzazione di incursioni violente che, secondo Nascimento, spaventavano le donne residenti e ciò impediva loro di chiedere aiuto al Governo quando subivano violenza. “L’attuale pandemia mette in luce una crisi cronica pre-esistente“, dice in un discorso simile a quelli fatti da altr* attivist* per i diritti delle donne in tutto il mondo.
Anche in tempi “normali”, il Brasile è uno dei Paesi più violenti del mondo per le donne. Nel 2018 quasi il 70% delle donne morte nel Paese erano nere, secondo dati statali. Nascimento dà la colpa al razzismo strutturale e agli stereotipi razziali di genere, poiché esacerbano tale violenza, insieme alla povertà e alla discriminazione, che colpiscono in maniera sproporzionata le donne nere.
Retorica incendiaria
Il modo in cui il Presidente Bolsonaro affronta la pandemia sta causando una vera e propria tempesta politica in Brasile. È stato accusato di diffondere bufale sul virus; di sabotare i lavori di contenimento del virus e di allentare le misure di isolamento sociale troppo presto, nonostante il numero alto di decessi.
Gli attacchi ai diritti delle donne sono un marchio dell’amministrazione Bolsonaro, che esplora l’attuale situazione di emergenza per promuovere la sua retorica sessista e pro Teoria del gender. Ha ricorso a dichiarazioni polemiche per convincere i brasiliani a tornare al lavoro: “Ci sono donne che subiscono violenza a casa. Perché? Come dice il proverbio, ‘nella casa dove manca il pane, tutti litigano e nessuno ha ragione’”.
Le attiviste per i diritti delle donne temono che questa retorica incendiaria, comune in una società profondamente patriarcale e razzista, non solo aiuti a normalizzare l’aumento della violenza sulle donne, ma aumenti anche i rischi di violenza sulle donne brasiliane.
Per combattere il problema, l’organizzazione Odara – Instituto da Mulher Negra, con sede a Salvador di Bahia (nord est brasiliano, NdT), ha raddoppiato gli sforzi per cambiare le narrazioni e i punti di vista sessisti. Valdecir Nascimento, di Odara, racconta: “Bisogna far arrivare messaggi precisi agli uomini e invitarli ad agire in solidarietà alle donne, il che significa, anzitutto, trattarle con rispetto”.
Nonostante tutte le incertezze sul futuro mondiale post Coronavirus, è evidente che l’attuale crisi dovuta al Covid-19 rende ancora più intense le disuguaglianze preesistenti, e che le donne – in Brasile e in tutto il mondo – ne siano le più colpite.
Prima delle presidenziali del 2018, elezioni che hanno portato Bolsonaro al potere, 2,5 milioni di donne si sono mobilitate online, in soli pochi giorni, per fare campagna contro di lui. Lo scoppio del Coronavirus nel Paese sudamericano ha scatenato una risposta immediata da parte delle attiviste consapevoli dei rischi delle misure di isolamento per le persone che affrontano situazioni di violenza domestica.
Le risposte dei collettivi e associazioni sono state veloci e creative. Ma fino a quando la protezione e tutela delle donne dipenderà esclusivamente dalla forza e potere delle donne stesse?
Aline Nascimento, di Rio de Janeiro, insiste che, in ultima istanza, “per risolvere i problemi affrontati dalle donne nere, problemi cronici e profondamente radicati nella società, occorrono azioni audaci non soltanto da parte della società civile ma soprattutto da parte dello Stato”.
Fonte
Magazine: OpenDemoracy 50.50
Articolo: “Mulheres negras brasileiras agem com coragem contra a violência de gênero”
Autrici: Bruna Pereira e Macarena Aguilar
Data: 08 maggio 2020
Traduzione a cura di: Bruna A. Paroni
Immagine di copertina: Odara – Instituto da Mulher Negra