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L’inchiesta della Commissione sulle disuguaglianze etniche. Cosa va bene e cosa no.
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L’inchiesta della Commissione sulle disuguaglianze etniche. Cosa va bene e cosa no.

L’inchiesta della Commissione sulle Disuguaglianze Etniche (Commission on Race and Ethnic Disparities) è stata accolta da confusione e indignazione. Mentre gli oppositori sono alle prese con alcune delle allarmanti conclusioni, come l’affermazione che ci siano poche prove di razzismo istituzionalizzato nel Regno Unito, le critiche e le domande sulla validità delle affermazioni hanno iniziato a circolare molto nei social media.

Quindi, cos’è che l’inchiesta ha sbagliato riguardo al razzismo nel Regno Unito, e c’è qualche conclusione giusta?

I punti principali

Dall’inizio alla fine, la Commissione ha posto grande enfasi sulle abilità di agire delle persone provenienti da gruppi etnici minoritari, spiegando che le disuguaglianze etniche fossero frutto di scelte di certi gruppi, oppure a frutto di altri fattori sociali come la classe.

Nonostante le scoperte di altri studi, l’inchiesta suggerisce che i reati d’odio non stanno peggiorando, ma che la loro percezione sia aumentata a causa dei troll di Internet. Suggerisce anche che il termine “BAME” (Black, Asian and Minority Ethnicity, acronimo che in Regno Unito indica le minoranze etniche, asiatiche e nere, NdT) debba essere abbandonato perché oscurerebbe specifici problemi tra diversi gruppi, e che il razzismo strutturale nei posti di lavoro, nell’educazione, e in altri settori sia difficile da provare.

Queste conclusioni sul razzismo strutturale smentiscono le scoperte del rapporto Macpherson del 1999, relativo all’omicidio di Stephen Lawrence (e come il sistema razzista dentro le forze armate abbia giocato un ruolo importante, NdT). Inoltre, ignorano altre prove ancora più recenti, che devono ancora essere affrontate adeguatamente.

Probabilmente il problema più evidente è l’affidamento, dell’inchiesta, su tattiche che il Governo stesso sembra già aver utilizzato frequentemente: ovvero, usare rappresentanti neri o di discendenza asiatica per minimizzare la credibilità del razzismo, nelle sue molteplici forme.

La Commissione è stata accuratamente scelta da Munira Mirza, direttrice della Policy Unit del Numero 10 (un gruppo “elite” di consiglieri che lavorano per le politiche del Primo Ministro inglese, NdT), la stessa che ha sminuito il razzismo istituzionalizzato come “una percezione, più che una realtà”.

Anche il Presidente di Commissione, Tony Sewell, aveva precedentemente minimizzato l’esistenza del razzismo sistemico. L’autore Samir Shah ha espresso simili opinioni, e anche Mercy Muroki. Un altro membro, Dambisa Moyo, è a favore della conclusione degli aiuti internazionali verso i Paesi africani perché questi creerebbero una cultura della dipendenza. Infine, anche Kemi Badenoch, Ministra per l’uguaglianza alla quale la Commissione fa direttamente rapporto, ha negato l’esistenza del razzismo di sistema. Non rimane da stupirsi allora, che il razzismo istituzionale sia stato liquidato dalle conclusioni dell’inchiesta di questa Commissione.

Una visione selettiva

Alcuni gruppi etnici e minoritari sono diventati più abbienti, nel Regno Unito, negli ultimi decenni, e la Commissione ha fatto bene a evidenziarlo. Anche esigere che si dia priorità all’impatto della classe sociale è importante. Ma mentre l’inchiesta sembra sostenere un approccio che esamini come classe, etnia, genere e altre realtà sociali si sovrappongono e interagiscono, si dimentica di tener conto di come l’etnia si incroci con sessualità e disabilità.

Ancora più impressionante è come si sia identificato e isolato il rendimento inferiore, rispetto alle attese, della popolazione bianca in termini di educazione, in tutta l’inchiesta. Questo infatti non tiene conto di cosa accade dopo in termini di impiego e crescita del benessere economico (nel lungo termine, i risultati tendono ad essere migliori per i laureati bianchi, ad esempio).

Mettere le peggiori performance delle persone bianche, a contrasto con i risultati previsti delle minoranze etniche nuovamente sembra fare eco ad affermazioni spesso promosse dalla destra estrema. Il think tank per l’uguaglianza etnica Runnymede Trust ha descritto questo come un dare man forte alle “interpretazioni culturali della disuguaglianza, che mette [gli interessi delle persone bianche] direttamente contro quelli delle minoranze etniche, e simultaneamente permette ai commentatori della classe borghese di incolpare la cosiddetta underclass* per le proprie sventure”.

L’inchiesta si concentra sul paragonare salute, educazione, impiego e accesso alla giustizia penale di diversi gruppi, con ciò che dice essere un approccio basato sui dati. D’altro canto noi affermiamo che sia basato sull’ideologia. Per esempio, mentre vengono riconosciuti alti livelli di contagi di Covid-19 tra le popolazioni di minoranze etniche, è stato riportato che le radici delle disuguaglianze siano date da fattori socio economici quali vivere in una zona densamente popolata, in aree private di risorse, e nell’avere occupazioni ad alto rischio.

Mentre questo non si può negare, l’inchiesta sottolinea anche come i livelli sproporzionati di contagi di Covid-19 non siano dovuti al razzismo sistemico, e glissa sul fatto che l’etnia ha un effetto significativo sui lavori e le abitazioni delle persone, lavori ed abitazioni che alcuni gruppi non riescono ad avere già dal principio.

Ci sono molte altre lacune. Non c’è quasi nessun accenno alla razzializzazione della religione nell’islamofobia; un accenno al “glass ceiling”; niente sulla predominanza dei bianchi nelle alte sfere della società; e nessun tentativo di esaminare criticamente o cancellare i lasciti dell’impero britannico, ad esempio i nomi delle onorificenze nazionali. Piuttosto, il rapporto si riferisce vagamente agli “afflussi e deflussi” che collegano l’impero britannico con i Paesi del Commonwealth, insieme a un riferimento controverso agli effetti del “periodo degli schiavi” su una “Gran Bretagna ristrutturata”.

L’attivista Patrick Vernon ha detto che gli sforzi dell’inchiesta per sminuire la schiavitù, la colonizzazione e le conseguenti ingiustizie nei confronti di milioni di persone, sono come “l’equivalente di un negazionista dell’Olocausto a cui viene chiesto di sviluppare una strategia contro l’antisemitismo. La metà dei membri della Commissione non comprende la storia della Gran Bretagna, l’impatto e le implicazioni della schiavitù o del razzismo moderno”.

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Controllare il linguaggio

Il rapporto vorrebbe cancellare anche il linguaggio che viene utilizzato per capire come funziona l’etnia; vi sono raccomandazioni di smettere di usare il termine “privilegio bianco”, per sostituirlo con “pregiudizio di affinità”, perché sarebbe “alienante” per i bianchi che non accettano che loro siano “privilegiati dal colore della pelle”.

Supporta un approccio ‘divide et impera’ che diffonde ulteriormente le tensioni all’interno e tra i gruppi, insinuando che “le minoranze che sono state a lungo stabilite in un Paese … in un contesto di svantaggio razziale e socio-economico”, siano trattenute a causa di un mancanza di ottimismo sulla mobilità sociale e sull’istruzione, mentre l’”ottimismo sull’immigrazione” dei gruppi da poco arrivati nel Regno Unito significa che hanno meno probabilità di affrontare i pregiudizi.

In risposta a ciò, la Dr.ssa Halima Begum, direttrice del Runnymede Trust, ha detto che, per quanto riguarda le minoranze etniche, sembra che “se abbiamo successo, è grazie a noi stessƏ. Se falliamo, è colpa nostra. Lo Stato non ha un obbligo di assistenza collettiva sui nostri risultati, se sono sproporzionati”.

Il tempismo della pubblicazione di questo rapporto non potrebbe essere più opportuno, sulla scia delle ampiamente riportate accuse di razzismo nella famiglia reale e nella classe dirigente più in generale. Questi brontolii minano la reputazione della Gran Bretagna della Brexit a livello internazionale, specialmente con i Paesi del Commonwealth; alcuni di questi infatti stanno riconsiderando la loro appartenenza ad esso. Tutto questo, pochi giorni prima del viaggio di Boris Johnson in India, per rafforzare le alleanze ad est.

Con l’aumentare delle critiche diffuse, la conclusione è che, sebbene azzecchi una manciata di cose, nel complesso, l’inchiesta della Commissione manca di credibilità.

(*NdT: Per “underclass” si intende quella categoria di persone più marginalizzate che si trovano in condizioni di povertà e in cerca di lavoro. Il termine è però spesso usato, specialmente dai partiti di destra e neoliberali, per denigrare queste persone, ritenute pigre, a volte criminali, che non vorrebbero un lavoro, bensì vivere di sussidi e dipendere da aiuti statali. L’underclass viene spesso usata e politicizzata come capro espiatorio per ‘spiegare’ i problemi socio-economici del Paese e/o negare ulteriori fondi e aiuti statali e altri investimenti per il sociale.)

Fonte
Magazine: The Conversation UK
Articolo: Race commission report: the rights and wrongs
Scritto da: Raminder Kaur, Gill Margaret Hague
Data: 1 aprile 2021
Traduzione a cura di: Caterina Fantacci
Immagine di copertina: Life Matters
Immagine di anteprima: @blklivesmatter

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