Articolo di Alice Picco
Prima di iniziare è d’obbligo avvisarvi che questo articolo contiene degli SPOILER. In realtà credo siano poche le persone che non abbiano visto questo film almeno una volta, ma se fossi una di quelle poche e mi bruciassi il finale con un articolo che in realtà della trama del film parla solo incidentalmente mi darebbe parecchio fastidio. Quindi ecco, se questo è il vostro caso fermatevi qui, correte a guardarvi questo piccolo grande film e poi tornate all’articolo.
Bene, si può iniziare. Little Miss Sunshine è una pellicola del 2006 che racconta la storia degli Hoover, una famiglia che, come recita la locandina, è “on the verge of a breakdown” e il motivo risulta chiaro nei primi due minuti di film, durante i quali viene fatta una breve panoramica dei membri della famiglia.
C’è la protagonista, Olive, interpretata da Abigail Breslin, una bambina di otto anni, il cui sogno è partecipare ad un concorso di Miss America (e magari vincerlo). Ed è proprio questo l’aspetto che viene immediatamente messo in luce: la prima scena del film ritrae Olive intenta ad imitare le movenze e le espressioni delle regine di bellezza che vede in TV. Salta subito all’occhio il fatto che la piccola protagonista non rispecchi esattamente i canoni standard che contraddistinguono una Piccola Miss California: è cicciottella, porta un paio di occhialoni che le coprono metà del viso e ha una marea di capelli lunghissimi e disordinati.
C’è poi il padre di Olive, Richard, interpretato da Greg Kinnear (come dimenticare il suo personaggio magistrale in Qualcosa è cambiato?), che tiene conferenze praticamente deserte su quelli che lui definisce i “nove passi per arrivare al successo” e sta cercando disperatamente un editore per il libro che ha scritto sull’argomento.
C’è Dwayne (Paul Dano), il fratello quindicenne di Olive, che ha deciso di fare voto di silenzio assoluto fino a che non verrà accettato all’accademia aeronautica, per tentare di coronare il suo sogno: diventare pilota di jet.
Abbiamo poi il nonno Edwin (Alan Arkin), che viene presentato allo spettatore in modo non troppo ortodosso, diciamo: infatti la prima immagine che viene proposta è quella di lui intento a sniffare eroina, motivo per cui è stato cacciato dalla casa di riposo in cui soggiornava ed attualmente staziona a casa del figlio Richard.
La sequenza del film passa poi a mostrarci la madre di Olive, Sheryl (c’è davvero bisogno di dire qualcosa su Toni Collette?), una donna molto indaffarata e al momento anche parecchio preoccupata, visto che sta andando in ospedale a prelevare il fratello Frank (Steve Carell), eminente studioso di Proust reduce da un fallito tentativo si suicidio causato da una concatenazione di eventi, che vanno da una delusione amorosa al fatto di essere stato cacciato dall’università all’aver perso un premio accademico molto importante, vinto – come se non bastasse – dal suo rivale in amore.
Tutti questi personaggi, quindi, si ritrovano a vivere sotto lo stesso tetto, con conseguenze che potrebbero essere facilmente immaginabili ma invece no. Il motivo è presto detto: Olive è stata selezionata per partecipare al concorso di Piccola Miss California, che si terrà di lì a tre giorni a Redondo Beach, luogo che, dopo varie discussioni, la famiglia decide di raggiungere a bordo di un vecchio pulmino Volkswagen. Sarà proprio a bordo di questo pulmino, quando tutta la famiglia è costretta in uno spazio limitato, che verranno a galla le diverse problematiche che, in fondo, ogni nucleo familiare affronta.
Vediamo come, per esempio, nonno Edwin inizi subito a lamentarsi per la lunghezza del viaggio e da lì inizi un lungo discorso rivolto al nipote Dwayne sull’importanza del sesso alla sua giovane età e, perché no, anche dell’uso di droghe. Edwin pare non accettare di buon grado (come se ci fosse bisogno di accettarla, oltretutto) l’omosessualità di Frank, a cui dà continuamente del “frocio” e del “finocchio”. Mentre il resto della famiglia tutto sommato tace sull’argomento, è la piccola Olive che domanda allo zio, tra le proteste del padre e i tentativi di moderazione della madre, come mai sia arrivato a volersi suicidare e, quando Frank le risponde che una delle cause è stata una delusione amorosa alludendo al fatto che la controparte fosse un uomo, Olive risponde candidamente con “un lui? Che matto!”. Chiaramente quella della bambina non è una condanna, è solo una manifestazione di stupore davanti a qualcosa che per lei è totalmente nuovo.
Perché sì, Olive è la più piccola, ma è anche quella che dimostra maggiore comprensione e forza d’animo, sia in questa occasione, sia quando il nonno verrà a mancare nottetempo, sia quando il fratello maggiore romperà il voto del silenzio, ma solo per urlare ed imprecare dopo aver scoperto di essere daltonico e quindi di non avere la possibilità di diventare pilota di jet.
Potremmo dire che Olive è una sorta di imbuto attraverso cui passano tutti quelli che sono gli stereotipi più comuni, stereotipi che lei, con la sua mente di bambina di otto anni, cerca di analizzare e comprendere.
Esplicativa è la scena della tavola calda: per colazione Olive ordina cialde con gelato e il padre immediatamente cerca di farle capire che, insomma, le reginette di bellezza non diventano tali mangiando gelato, condendo il discorso con spiegazioni in realtà molto logiche (il gelato contiene latte vaccino intero – il latte vaccino intero fa ingrassare – mangiando gelato si ingrassa), ma che alla piccola Olive sembrano comportare una rinuncia troppo grande. Interviene allora Sheryl, che, molto meno rigida del marito, rassicura la figlia sul fatto che può mangiare quello che le pare, fregandosene del fatto che faccia ingrassare o meno.
Nel corso del film, vediamo come tutti i personaggi subiscano una sorta di mutamento, che viene in prima istanza scatenato dalla partecipazione di Olive al concorso e dalla lotta contro il tempo per arrivare in California in orario.
Primo fra tutti Edwin, che, dopo aver visto il figlio affranto a causa della notizia che il suo libro non verrà pubblicato, cerca in maniera un po’ goffa ma comunque efficace di consolarlo. Non solo, il nonno sembra essere l’unico membro della famiglia a credere ciecamente nelle capacità e nelle possibilità della nipotina, tanto da rassicurarla e coccolarla nei momenti in cui si sente giù di morale perché, forse, non ha le caratteristiche tipiche delle reginette di bellezza.
Frank passa gradualmente da uno stato di depressione a uno di empatia per l’importanza che il concorso riveste per Olive e, grazie a questo, riesce a fare un piccolo passo verso un grado maggiore di serenità e di auto accettazione.
Abbiamo poi Edwyn, che dopo aver ricominciato a parlare non si tiene dentro più nulla: “Divorzio, bancarotta, suicidio… Siete dei falliti del cazzo!”, questo dice alla sua famiglia, scusandosi però poco dopo. Edwyn è il primo a non volere che Olive partecipi al concorso di bellezza, convinto che la prenderanno tutti in giro, convinto che impedirglielo sia nell’interesse della sorellina. Allo stesso modo la pensa Richard, che, nonostante abbia trafugato la salma del padre e abbia compiuto decine di infrazioni stradali per permettere alla figlia di arrivare in tempo per l’iscrizione, poco prima dell’inizio del concorso esprime le sue perplessità alla moglie; ed è di nuovo Sheryl che difende a spada tratta, seppur condividendo in parte l’apprensione del figlio e del marito, la figlia: “Lascia che Olive sia Olive”.
La famiglia si riconcilia nel finale del film: Olive sta per essere cacciata dal palco durante la sua esibizione molto sopra le righe, ma interviene a darle supporto tutta la famiglia, che sale sul palcoscenico con lei e inizia a ballare, nello stupore di pubblico e giudici. Ma questo accade per un motivo ben preciso: tutti si sono resi conto che Olive sta facendo quello che le piace, disinteressandosi del fatto che sia giusto o sbagliato o, soprattutto, che lei sia giusta o sbagliata.
A questo punto forse vi starete chiedendo per quale motivo ho scelto di parlare di questo film; ve lo spiego subito. Questo piccolo grande capolavoro tratta temi molto delicati – come l’omosessualità, il fat e lo skinny shaming, il suicidio e anche la morte – con una nota ironica che però non sconfina mai nella leggerezza negativa, nel commento irrispettoso né tantomeno nella condanna. Questo è possibile perché tutto ciò che accade e che potrebbe potenzialmente rivelarsi fonte di osservazioni “pesanti”, che mal si accorderebbero con la cifra stilistica del film, è filtrato attraverso gli occhi di una bambina di otto anni, che non è ancora diventata vittima degli stereotipi, che sta imparando a conoscerli e li affronta con la freschezza di una bambina della sua età, che è convinta che per diventare una reginetta di bellezza non sia necessario rinunciare al gelato.
Vorrei concludere con quella che secondo me è la frase che racchiude il significato dell’intero film, frase che è pronunciata proprio da Edwyn, che per più di metà pellicola è rimasto volontariamente in silenzio:
“Sai una cosa? Vaffanculo i concorsi di bellezza! In fondo, la vita è tutta un fottuto concorso di bellezza dopo l’altro. Il liceo, l’università, poi il lavoro… vaffanculo! E vaffanculo l’accademia aeronautica! Se voglio volare il modo per volare lo troverò. Fai la cosa che ami e vaffanculo il resto.”
Nell’articolo vengono spesso scambiati i nomi dei protagonisti Edwin e Dwayne