In occasione della giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo proponiamo la lettura di un testo – pensato per gli adulti, ma accessibilissimo anche ai più giovani – che tratta questo tema con formidabile naturalezza.
Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte è un romanzo giallo e di formazione il cui protagonista ha la sindrome di Asperger, una forma di autismo.
Il disturbo dello spettro autistico è una condizione che si manifesta nei primissimi anni di età e accompagna le persone per tutta la loro vita. Come tutti i disturbi del neurosviluppo, presenta dei caratteri che variano da persona a persona e, nell’ambito dello stesso soggetto, nel tempo.
Anche per questa ragione, è ancora difficile riconoscerlo e, di conseguenza, tenerne conto. Sì, perché questi disturbi non vanno accettati, come si può accettare una critica o un cibo non di nostro gusto, ma compresi. Si tratta di porre ascolto a chi spesso non è in grado di chiedere attenzione e che, senza quell’attenzione particolare, rischia di essere danneggiato.
La giornata per la consapevolezza nasce proprio dall’esigenza di far conoscere l’autismo e di rendere i soggetti autistici non più invisibili alla società. Non essendo una malattia con sintomi manifestamente distinguibili, il disturbo dello spettro autistico è tuttora sconosciuto ai più.
Tutto ciò causa l’emarginazione o comunque la discriminazione delle persone autistiche, a volte senza che i responsabili di queste azioni sappiano di compierla.
Anche le persone vicine a chi presenta un disturbo dello spettro autistico non hanno vita facile. Spesso, oltre ai bambini che si comportano in maniera anomala, vengono additati anche i genitori che, evidentemente, non hanno saputo educarli a dovere.
Questo contributo ha come unico obiettivo quello di suscitare curiosità nei lettori. Si spera che questa curiosità possa portare a una maggiore informazione e che, una volta al corrente dell’esistenza dell’autismo e delle sue molteplici forme, noi tutti possiamo limitare o migliorare alcuni atteggiamenti sbagliati e nocivi.
Nessuna nozione scientifica o divulgativa dunque. Solo uno spassionato, ma sincero, consiglio di lettura che, con me e molti altri, ha davvero funzionato.
La trama
Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte è il racconto delle indagini condotte dal quindicenne Christofer Boone: il ragazzo vuole scovare il responsabile dell’assassinio di Wellington, il cane della sua vicina di casa, trovato trafitto da un forcone.
Christofer ha la sindrome di Asperger, una forma di autismo, e vive la realtà in modo del tutto peculiare. L’autore non ci offre alcuna spiegazione nozionistica di questa sindrome, eppure i lettori, nel corso del libro, riescono a inquadrarla.
Christofer non ama il contatto fisico, anzi, odia essere toccato. Odia anche ciò che è giallo e marrone e non sopporta che determinati cibi si sfiorino tra loro. Non riesce a cogliere l’ironia e il sarcasmo e, in generale, non riconosce le emozioni degli altri, che fatica a comprendere.
È estremamente portato per la matematica: ha una passione sfrenata per i numeri primi, che conosce a memoria fino a 7507, e riesce a risolvere dei problemi di geometria analitica con straordinaria disinvoltura. Ha una memoria infallibile: oltre ai numeri primi si ricorda tutte le Nazioni del mondo e le loro capitali. Inoltre lo divertono molto i romanzi gialli e per questo, sotto consiglio di Siobhan – una delle poche persone che riescono a capirlo – decide di scriverne uno.
La detective story si intreccia con la classica vita di un adolescente: il conflitto genitori-figli, le difficoltà nel crescere e nel comprendere gli adulti, la paura del futuro e il dramma di non avere il pieno controllo della propria vita.
I temi
La sindrome dello spettro autistico, come nota lo stesso autore, non è l’unico tema trattato nel libro. Christofer non è solo un ragazzo con problemi comportamentali. Certamente la sua condizione è presente e pregna tutta la narrazione, ma il racconto non consiste nell’enumerazione dei suoi atteggiamenti inusuali. Questi, al contrario, passano quasi in sordina e fanno solo da cornice a una sorta di diario personale del protagonista. Per usare le parole dello scrittore Mark Haddon, questo libro:
“Naturalmente parla di disabilità, e del nostro modo in cui ci rapportiamo con essa, ma parla anche di moltissimo altro: matematica, famiglia, spazio, morte, lealtà, mappe geografiche, Sherlock Holmes, verità, coraggio, Swindon, stazioni ferroviarie…”
Perché leggerlo
La straordinarietà di questo romanzo non consiste nell’adottare come protagonista un ragazzo con la sindrome di Asperger. Christofer, lungi dall’essere stereotipato ed etichettato da qualcun altro come autistico, non fa altro che parlare di sé. È lui l’autore del suo libro: a descriverlo non è un occhio adulto, o esperto, o clinico.
Christofer è Christofer. Non un caso che possa essere eletto come esemplificativo per tutti gli autistici. Il ragazzo non rappresenta nessuna categoria e non parla per nessun altro, se non per se stesso. Se proprio vogliamo cercare in Christofer qualcosa che vada oltre la sua unicità di singolo, possiamo (ri)trovarci nient’altro che l’umanità intera: chi di noi non ha qualche fissazione? Chi è che non si sente a disagio in determinate situazioni? O che non fatica a relazionarsi con qualcuno o a comprenderlo?
L’unicità di Christofer risiede, come ci suggerisce l’autore stesso nella prefazione, non in questo o in quell’atteggiamento, ma nel numero e nella combinazione delle sue eccentricità. Il ragazzo non è poi così diverso da ognuno di noi.
Questo avvicinamento di Christofer agli altri non è una forma di assimilazione. Non si vuole negare la sua diversità, ma renderla comprensibile. L’etichetta di sindrome di Asperger non è che una classificazione tra tante.
Questa nozione – fatta eccezione per gli addetti ai lavori e le persone che la conoscono da vicino – non aiuta i più a mettere a fuoco la condizione che rappresenta.
Partendo invece dai comportamenti reali ed effettivi e dall’auto-racconto del protagonista, noi possiamo capire o comunque intuire la sua dimensione e riconoscere un mondo non così lontano dalla nostra realtà.
Più che la diversità qui sembra essere rappresentata l’unicità. Christofer è e rimane diverso, ma i lettori sono ora messi in condizione di cogliere alcune “diversità” di Christofer negli altri e alcune “normalità” degli altri in Christofer.
Questo libro, nel corso della sua lettura, allena l’empatia. Christofer non è un eroe e non è una vittima. La semplicità e l’ordinarietà del suo racconto toccano tutti. E, sebbene possa essere solo un effetto collaterale, ciò produce una straordinaria forma di sensibilizzazione al tema.
Come ciascuno di noi, il ragazzo è il solo protagonista del suo racconto, della sua vita. Decide lui cosa dire di sé. Questo libro ci insegna a non parlare al posto degli altri e che le etichette, da sole, non dicono poi molto.
In questa giornata particolare, e in tutte le altre, ricordiamoci di dare spazio a chi, di solito, è tagliato fuori dal discorso, senza però rubare il suo posto. Perché, come dice Haddon:
“Se vuoi sapere chi davvero uno sia, non devi far altro che chiederlo a lui”