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#losapevanotutti : un caso di molestie in Italia
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#losapevanotutti : un caso di molestie in Italia

“Lo sapevano tutti”.

Declinabile nelle varie forme di “lo hanno sempre saputo tutti/eh ma è una cosa che si sapeva/nell’ambiente si sa da tempo”. Quando pensiamo alle molestie e ai comportamenti sbagliati (definiamoli pure criminali) insiti in una parte del mondo dell’industria artistica, la nostra mente va subito ai fatti di cronaca dello star system hollywoodiano, ai grandi nomi, ai movimenti globali.

Eppure è nel locale che si assiste alle primordiali e primarie forme di questa malattia.

Ed è sempre nel locale che notiamo l’insabbiamento e l’omertà che ruotano attorno a certi comportamenti e “modus operandi”, gli stessi che non esiteremmo a condannare apertamente nel caso in cui fossero messi in pratica da personaggi più famosi e più noti. Denunciare un certo modo di gestire le cose non è facile. Non è facile per niente e bisogna fare i conti con una serie di paure che vanno dall’esporsi in prima persona, al non essere creduti, al rischio di ricevere critiche e ripercussioni personali. Dire che bisogna metterci la faccia ad ogni costo sarebbe miope e poco realistico. Allo stesso tempo però bisogna fare i conti con quello che succede quando non si parla delle cose: si permette che continuino ad accadere e si permette che le persone non paghino per le proprie azioni. E che anzi siano sempre più protette e legittimate dal sistema che hanno intorno.

Fortunatamente a volte qualcuno decide che, semplicemente, non si può più stare a queste regole.

Sceglie di rompere il silenzio e raccontare quello che tutti sanno. Allora possiamo assistere alla messa in moto di un meccanismo strabiliante e fondamentale: la condivisione. Delle proprie esperienze, delle proprie storie, del proprio vissuto. Così tutte queste piccole voci vanno a formare un quadro ben più grande (e, a ben pensarci, ben più spaventoso), delineano una storia che non dovrebbe mai essere taciuta, una storia che abbiamo la necessità di indagare e far conoscere.

Di cosa stiamo parlando?

Stiamo parlando delle accuse rivolte a uno dei fondatori di una piccola ma significativa casa editrice, project manager della stessa, organizzatore di festival musicali ed eventi culturali sul territorio nazionale.

Un volto noto nel mondo artistico italiano, un nome conosciuto in un circuito che non è poi così esiguo. Accuse gravi, gravissime, che nel corso di queste ore si stanno sempre più concretizzando grazie anche alle segnalazioni delle molte e molti che sono stati vittime di questo sistema.

Parliamo di accuse di molestie sessuali, di proposte oscene presentate come una conditio sine qua non per poter lavorare, di stalking, di minacce, di un vero e proprio impianto di comportamenti che vanno dal limite del lecito al penalmente perseguibile. Una realtà conosciuta ai più ma mai tirata pubblicamente in causa. Non sentiamo il bisogno di fare nomi in questo momento, perché vogliamo unicamente segnalare a chi già sa che stiamo andando in una certa direzione, vogliamo più materiale e più coinvolgimento possibile per poter dire tutto quello che c’è da dire, dopo averlo confrontato e verificato. Perché sappiamo quanto possa essere deleterio creare un certo tipo di pubblicità mediatica attorno a una persona e crediamo che chiunque meriti il beneficio del dubbio. Allo stesso modo però non possiamo ignorare ciò che sta accadendo e non vogliamo proteggere chi si comporta come fosse intoccabile.

Perché è così importante?

Perché questa è una storia che va raccontata da chi è stanco di un sistema artistico troppo spesso corrotto e complice di questi meccanismi. Perché vogliamo che diventi un racconto più grande, che sia in grado di far emergere le testimonianze di tutti quelli che subiscono questa vicenda e vicende simili. Che sia la spinta per denunciare un panorama artistico che penalizza le donne e troppo spesso le pone davanti a situazioni orribili. Situazioni sotto gli occhi di tutti ma delle quali nessuno parla. Perché “tanto funziona così”. Ecco, noi non vogliamo più che funzioni così.

Che cosa possiamo fare?

Da soli, nulla. Insieme, moltissimo. Vogliamo raccogliere le vostre testimonianze, vogliamo indagare e raccontare questa storia, vogliamo dare eco alle vostre voci e proteggervi e ci stiamo attivando in questo senso. Ma abbiamo bisogno che troviate il coraggio di parlare, di denunciare la cosa, di raccontare quello che vi è successo. Per questo lanciamo un appello: se siete stati vittime di questa persona e di questo sistema è il momento di parlare e di unirsi per dire insieme “basta”.

Abbiamo creato una mail: losapevanotutti@gmail.com

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Vi invitiamo a condividere con noi le vostre esperienze per permetterci di far conoscere questa realtà. Se avete screen/video/materiali di qualsiasi tipo che possano essere utili a far emergere la verità non esitate ad allegarli. Proteggeremo le vostre identità e potremo capire insieme in che direzione muoverci per fermare tutto questo.

Abbiamo anche creato un hashtag: #losapevanotutti
Lo abbiamo creato per poter riunire tutte le vostre storie sotto una grande voce, per creare una spinta che ci sproni tutti a raccontare quello che sta accadendo, a renderlo virale per dare coraggio anche a chi ancora non se l’è sentita di unirsi a questa denuncia corale, per indignarci insieme, per trovarci e farci trovare.

Perché è vero, #losapevanotutti (o quasi). Ma ora lo sapranno proprio tutti.

 

Se volete saperne di più potete farlo grazie alla voce di una di quelle persone che hanno deciso di parlare e portare alla luce questa (brutta) storia: Carlotta Vagnoli sarà live su Instagram alle ore 16 per raccontarvelo. Il suo profilo è @carlottavagnoli

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