Un altro caso è scoppiato a Hollywood: Louis C.K. è stato accusato di molestie da cinque colleghe. Il comico ha confermato la veridicità delle accuse e ha risposto con una lunga lettera di cui vi riportiamo la traduzione.
Louis C.K e le dinamiche di potere a Hollywood
Come sapete, Louis C.K. non è il primo ad essere accusato e siamo sicuri che non sarà l’ultimo. Però è il primo che nella sua risposta va a toccare il fulcro della questione: il potere.*
Lo abbiamo già detto in passato: il problema principale che dobbiamo affrontare è l’intero sistema che perdona e condona e chiude un occhio di fronte alle molestie, e che rende difficile la denuncia e ci induce a non credere alle vittime. La serie di rivelazioni e denunce che sta accadendo adesso non è né una “caccia alle streghe” né un delirio collettivo: semplicemente si è scoperchiata una scatola che conteneva il segreto di Pulcinella, e le persone che hanno trovato il coraggio di parlare ne stanno infondendo ad altri che devono ancora farlo.
Vi riportiamo la risposta di Louis C.K. non perché pensiamo che le sue scuse lo giustifichino in qualche modo – non lo pensa nemmeno lui del resto – ma perché ci interessa il peso che ha la sua analisi di questi giochi di potere nel momento in cui è lui ad approfittarsi del suo stesso potere.
*Puntualizziamo comunque che, formalmente, non ha chiesto scusa a nessuno.
La conferma delle accuse nel comunicato stampa
Voglio parlare delle storie raccontate al New York Times da cinque donne: Abby, Rebecca, Dana e Julia che si sono sentite a proprio agio nel dare i propri nomi, e una che invece è rimasta anonima.
Queste storie sono vere. All’epoca mi dicevo che quello che facevo non era sbagliato perché non ho mai mostrato il mio pene a una donna senza chiedere prima se potessi farlo – cosa che rimane vera. Una cosa però ho capito più tardi – troppo tardi – e cioè che quando hai potere su una persona, chiederle di guardare il tuo pene non è una semplice domanda. È una situazione complicata. Il potere che avevo su queste donne era che provavano ammirazione per me. E ho gestito questo potere irresponsabilmente.
Provo rimorso per le mie azioni. E ho cercato di imparare dai miei errori. E di scapparne. Ora sono consapevole dell’entità dell’impatto delle mie azioni. Ho scoperto ieri quanto io abbia fatto sì che queste donne che mi ammiravano si sentissero male riguardo se stesse e diffidenti nei confronti di uomini che non le avrebbero mai messe in situazioni simili. Ho anche approfittato del fatto che ero ampiamente ammirato nella mia e nella loro comunità, cosa che impediva loro di condividere la loro storia, e rendeva loro il tutto ancora più difficile perché le persone che mi apprezzavano non volevano ascoltarle. Non pensavo di essere la causa di tutto questo perché la mia posizione mi permetteva di non pensarci.
Non c’è niente di cui io riesca a perdonarmi. E devo riconciliarmi con chi sono – cosa che comunque è niente rispetto a quello che ho fatto passare loro. Vorrei aver risposto alla loro ammirazione essendo un buon esempio di uomo e aver dato loro indicazioni come comico, anche perché ammiravo il loro lavoro.
Il più grande rimorso con cui vivere è che si ha ferito qualcuno. E riesco a malapena a comprendere la portata di quello che ho causato loro. Sarei negligente se non parlassi del dolore che ho causato alle persone con cui lavoro e ho lavorato, le cui vite professionali e personali sono state toccate da tutto questo, inclusi i miei progetti attuali: il cast e la troupe di “Better Things”, “Baskets”, “The Cops”, “One Mississippi” e “I Love You Daddy”. Mi pento amaramente del fatto che tutto questo abbia messo in cattiva luce il mio manager Dave Becky che ha solo cercato di fare da mediatore nella situazione che ho causato io. Ho portato angoscia e difficoltà alle persone di FX che mi hanno dato così tanto, e a The Orchard, che ha dato una possibilità al mio film, e tutte le altre entità che hanno scommesso su di me negli anni. Ho causato dolore alla mia famiglia, ai miei amici, ai miei figli e alla loro madre.
Per una volta delle vere scuse almeno. Niente giustificazioni, niente dichiarazioni nonsense. Spero che anche per le vittime sia un minimo di conforto, ma mi sembra un passo avanti nell’individuare i problemi degli abusi sul lavoro dandogli il loro vero nome.
Veramente nell’articolo si legge: “*Puntualizziamo comunque che, formalmente, non ha chiesto scusa a nessuno.”