Articolo di Elena Russo
Dodici giorni fa la politica e attivista Marielle Franco è rimasta uccisa in un agguato, ad oggi le sue parole risuonano più forti che mai.
“Quanti giovani dovranno morire perché questa guerra ai poveri finisca?” – scriveva così Marielle Franco, il giorno prima di essere brutalmente assassinata tra le strade di Rio de Janeiro.
Il 14 marzo cinque colpi di pistola hanno ucciso Marielle Franco: politica, sociologa e attivista per i diritti umani in Brasile. Un’esecuzione verso le battaglie che da anni portava avanti.
L’identità di Marielle comincia a formarsi molto presto, quando nel luglio 1979 nasce nelle barraccopoli a nord di Rio de Janeiro, le così dette favelas. Miseria, povertà, degrado e criminalità sono all’ordine del giorno in quelle periferie, e ben presto Marielle capirà che al mondo esistono dei “non-luoghi” dove gli invisibili vivono separati da tutto il resto.
A 19 anni diventa madre di una bambina che crescerà da sola. Poi comincia a lavorare come insegnante prescolare, retribuita al minimo salariale. Ma sarà nel 2000, quando una sua cara amica verrà uccisa da un proiettile vagante, che la Franco comincerà la sua lotta per i diritti umani.
Si laurea in scienze sociali e nel 2006 entra in politica al fianco di Marcelo Freixo. Nel 2016 con oltre 46 mila voti, è stata eletta consigliera della Camera Comunale di Rio de Janeiro, con la coalizione formata dal Partito Socialismo e Libertà e dal Partito Comunista Brasiliano.
Si definiva donna, nera, madre, lesbica, attivista politica e femminista e il femminismo era per lei una necessità.
Al fianco dei più deboli, ha portato avanti battaglie per il diritto d’aborto, quelle contro la violenza e le disparità di genere, quelle per l’abolizione di ogni forma di discriminazione: dalle diseguaglianze economiche e sociali, ai diritti per la comunità LGBTQ.
Lo scorso febbraio il presidente Michel Temer aveva affidato all’esercito federale la direzione delle forze dell’ordine, un ulteriore passo verso la militarizzazione dell’ordine pubblico del Paese. Due settimane prima dell’agguato, Marielle era stata incaricata di sorvegliare l’azione della polizia federale, che da sempre denunciava per i soprusi verso gli abitanti delle favelas. Solo poche ore prima della sua morte aveva condannato i militari per l’omicidio del giovane Matheus Melo, assassinato sull’uscio di una chiesa – “Un battaglione della morte che uccide i nostri giovani”– aveva dichiarato.
La sera del 14 marzo stava tornando da un evento per i diritti delle donne di colore. L’auto su cui viaggiava è stata affiancata ad un incrocio e sommersa da una raffica di proiettili, cinque dei quali l’hanno colpita alla testa. Altri due colpi hanno ucciso l’autista, Anderson Pedro Gomes; miracolosamente illesa la consigliera Fernanda Chaves, che viaggiava con loro. Dalle prime analisi sui proiettili, sembrerebbe che siano gli stessi acquistati ed utilizzati dalla polizia federale.
Marielle conosceva bene i pericoli a cui andava incontro, eppure con coraggio e determinazione continuava ad affiancare la sua gente, e si batteva affinché le donne conquistassero uno spazio all’interno della società e della politica. “La nostra voce che spesso viene silenziata, dovrà essere ascoltata” – era solita parlare così, ad oggi la sua voce riecheggia più viva che mai.
Sono passati dodici giorni dalla morte di Marielle Franco. Il suo attentato ha generato un’incredibile onda d’urto che viaggia alla velocità della luce in ogni parte del globo. Decine di migliaia le persone scese in piazza a ricordarla, a chiedere che sia fatta giustizia e a trasformare l’indignazione in una lotta ancora più grande.
Non sono mancate le denunce da parte del mondo dello spettacolo e della politica. Molti hanno speso parole per ciò che Marielle è stata per il Brasile. Sui social la lotta è quotidiana e “Combatti come una Marielle” è già diventato un trend.
“Senza nemmeno un minuto di silenzio. I proiettili che hanno colpito Marielle non ci faranno tacere. Dimostreremo ancora una volta che la sua lotta resiste e si moltiplica, contro la militarizzazione, contro il genocidio del popolo nero, per la vita delle donne, per la vita nelle favelas, contro la lgbt-fobia e contro qualsiasi forma di oppressione”.
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