Articolo di Elena Russo
Luca Trapanese: papà single, napoletano, cattolico, omosessuale.
Negli ultimi mesi la sua storia ha riempito le pagine dei giornali e dei principali talk show italiani e non solo. Per chi non l’avesse udita, anche solo casualmente, bisogna sapere che Luca ha dato il via alle adozioni da parte dei single in Italia adottando Alba, una neonata portatrice di trisomia 21 (meno propriamente detta sindrome di Down).
Se ciò non bastasse a far clamore nel bel Paese, c’è da riconoscere che la storia di Luca ed Alba presenta un duplice motivo di dibattito: da una parte l’avversione contro gli omosessuali che desiderano diventare genitori, dall’altra una neonata portatrice della sindrome di Down rifiutata (e su questo termine torno tra poco) da diverse “famiglie tradizionali“.
Di questa vicenda è stato detto tanto, utilizzando talvolta termini inadatti. Da questo motivo nasce l’esigenza di un romanzo: “Nata per te”, scritto a quattro mani con Luca Mercadante .
Ed è proprio questo a rendere interessante la lettura del libro. Due storie di paternità agli antipodi, due figure genitoriali che spesso si scontrano nelle loro convinzioni, ma che riescono a trovare un canale di comunicazione da cui poter ricavare un confronto costruttivo.
È un libro libero da pretese e verità assolute: il lettore può ritrovarsi nell’una o nell’altra visione, a volte nella prima e a volte nella seconda, o restarne completamente estraneo. Nata per te non è soltanto il libro di un padre single, di un omosessuale, di una bambina con trisomia 21, ma è soprattutto un libro sulla paternità, fin troppo sottovalutata nella nostra società.
Esiste il desiderio di paternità? Quali sono le aspettative e le paure di un padre? E quanto siamo capaci di prenderle davvero in considerazione?
“Ho sentito dire che c’è una cosa dalla quale i portatori della sindrome di Down sono liberi fin dalla nascita: le aspettative paterne. Già questo renderebbe la vita della maggior parte delle persone, se non felice, almeno serena. Mi domando quanto sia vero. Non provano forse anche quei padri a ottenere il proprio appagamento con la felicità dei figli? Sempre una complicazione, solo questo ci siamo ridotti a essere noi padri?”
Da un lato troviamo Luca Mercadante, la sua compagna e Andrea, il loro figlio di 5 anni, un bambino celiaco con una vita ordinaria tra scuola, amici e attività pomeridiane. Mercadante è un uomo riflessivo, timoroso verso la disabilità; convinto che la genitorialità passi prima di tutto attraverso i legami di sangue, è la vera e propria voce critica di questo romanzo, capace di scrutare il bigottismo e le incongruenze della società.
“L’unica idea che volentieri martellerei come un chiodo nel cranio degli italiani, conservatori o progressisti che siano, è che la vita di Alba la down e quella di Luca il gay devono andare avanti nonostante le nostre opinioni”
Dall’altra Luca Trapanese, conla sua fede, la sua testardaggine, le sue case famiglia per minori in difficoltà, il suo desiderio di costruire una famiglia propria e la storia che l’ha condotto fino ad Alba.
Una decisione, quella di iscriversi al registro degli affidi speciali, presa d’impulso. Moduli da compilare, caselle da sbarrare, piccole grandi battaglie da vincere.
Infatti, prima di allora, nessun single in Italia aveva mai adottato un bambino. L’affido in primis e poi eventualmente l’adozione da parte di single in Italia, è riservato soltanto per quei minori che sono di difficile collocamento. Bambini affetti da gravi patologie, bambini con storie complicate alle spalle, bambini di colore che negli anni la burocrazia ha deciso di riunire tutti in un unica grande categoria: “affidi speciali”. È stato detto che la legge è discriminatoria, si è parlato di bambini e genitori di “serie b”; ma non è la burocrazia ad essere discriminatoria: i tribunali cercano in ogni modo di tutelare i minori, dando a quelli di collocamento “speciale”, qualche possibilità in più.
Luca sbarra tutte le caselle. Vuole essere padre ad ogni costo. Ciò che spesso Trapanese tende a sottolineare, infatti, è la volontà di diventare padre, che è ben diversa dalle “opere di carità” alle quali spesso è stata associata la sua scelta. La sua storia ha fatto clamore, ha commosso anche l’Italia più bigotta ed è forse questo il punto su cui dovremmo fermarci a riflettere.
L’intento di Luca è raccontare la diversità, normalizzarla e quindi annullarla in un mondo pronto a stupirsi dinnanzi all’accoglienza. Trapanese non condanna mai le famiglie che hanno preferito occuparsi di un figlio sano, Alba non è stata “rifiutata”, bensì lasciata a lui che poteva occuparsene meglio.
Ed è proprio su questo punto che vira la riflessione, sul desiderio di donare la disabilità ad ogni famiglia, farla conoscere e rendere accessibili le strade di questo Paese ad ogni persona.
“La vera differenza tra Andrea e Alba non sarà il diverso quoziente intellettivo, ma che la maggioranza delle strade sono fatte per la bicicletta di tuo figlio. Alba non è vittima della sua disabilità, ma della nostra apartheid.”