Una bambina di 12 anni è stata violentata a Jujuy, Argentina. Lo scorso venerdì 11 gennaio, in seguito ai forti dolori lamentati dalla piccola, la madre e il padre l’hanno accompagnata all’ospedale centrale della località di San Pedro. Dopo aver esaminato la giovane, la struttura ha informato la famiglia che la bambina era incinta. I genitori hanno richiesto l’interruzione di gravidanza, ma la direzione ha rifiutato di offrire il servizio. La mattina di mercoledì 16 gennaio, la famiglia ha ricevuto notifica della decisione arbitraria di sottoporre la piccola a un cesareo. La giovane ha dato quindi alla luce una bambina, deceduta poi mercoledì 22 gennaio alle 20.30.
(…) la storia della violenza sessuale è una storia di sessismo. Tale sessismo si osserva nella “legge redatta dai legislatori, quella interpretata dai tribunali, quella applicata dai pubblici ministeri e quella che produce effetti sulle vittime”
Shneider e S. Estrich
Le bambine, le adolescenti e le donne non sono incubatrici: ci siamo unite per reclamare il diritto all’aborto legale perché si tratta eccome di un protocollo a favore della vita
Una bambina di 12 anni è stata violentata a Jujuy, Argentina. Lo scorso venerdì 11 gennaio, in seguito ai forti dolori lamentati dalla piccola, la madre e il padre l’hanno accompagnata all’ospedale centrale della località di San Pedro. Dopo aver esaminato la giovane, la struttura ha informato la famiglia che la bambina era incinta. La madre ha richiesto l’interruzione di gravidanza legale, ma la direzione intervenuta durante tutto il processo di assistenza alla minorenne ha rifiutato di offrire il servizio. Martedì 15, la bambina è stata trasferita all’ospedale materno infantile Héctor Quintana, nella capitale di Jujuy, dove è stata sottoposta ad alcuni studi. Con un certo ritardo, la mattina di mercoledì 16 gennaio, la famiglia ha ricevuto notifica della decisione arbitraria di sottoporre la piccola a un cesareo. La giovane ha dato quindi alla luce una bambina, deceduta poi mercoledì 22 gennaio alle 20.30.
Aborto legale in ospedale
Nel 2013, Jujuy ha aderito al protocollo ILE (Interrupción Legal del Embarazo, Interruzione Legale di Gravidanza, NdT), creando in vari ospedali della provincia unità dedicate esclusivamente a prestare assistenza per la tutela di tali casi; si tratta degli stessi protocolli dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS). Il caso della bambina di Jujuy, così come quello di molte altre che sono morte o sono state obbligate a partorire senza aver scelto la maternità, ci permette di nuovo di renderci conto che negare l’aborto legale è un atto di crudeltà che, al contrario, fa insorgere un problema di salute pubblica di cui lo Stato è responsabile.
Ricordiamo che dal 1921 il Codice penale argentino stabilisce che, sebbene in questo Paese l’aborto sia considerato un delitto, il caso di stupro costituisce causale per la depenalizzazione dello stesso e che non è previsto un termine temporale massimo della gestazione per metterlo in pratica. Ma che provvedimenti prendevano i settori conservatori nei confronti di quelli che oggi definiamo antidiritti? Mettevano sistematicamente in dubbio la causale invocata da ogni donna che faceva richiesta per il servizio all’interno del sistema sanitario. Se la donna arrivava ad abortire, allora si procedeva per via giudiziaria. Sono sempre state messe in discussione le ragioni per le quali la donna decideva di abortire, poiché il tempo di gestazione superava le tempistiche previste per l’aborto. Ma, nel 2012, la Corte Suprema di Giustizia della Nazione si è pronunciata sul tema ILE, dichiarando che non fosse necessario procedere per via giudiziaria di fronte a qualunque caso di aborto richiesto per la fattispecie relativa allo stupro, e ha sollecitato le province ad aderire ai protocolli sviluppati dal Ministero della Sanità del Paese riguardanti questo provvedimento.
La Chiesa e lo Stato: due questioni separate
Oggigiorno, il sistema sanitario e i suoi rappresentanti continuano ad abusare della propria autorità come nel secolo scorso, nonostante abbiano a disposizione le misure preventive necessarie a garantire il diritto alla vita. Violare i protocolli ILE è un atto di tortura che sicuramente dovrebbe mandare a giudizio i responsabili, a partire dal Ministro della Sanità Gustavo Bouhid, che per primo violò il diritto alla privacy e all’intimità di una paziente e il segreto professionale quando si espose con vari mass media per parlare del suo caso, convocando gruppi antiabortisti tramite sue affermazioni contro l’aborto legale e sicuro.
In questi giorni, i gruppi antiabortisti hanno manifestato con sempre più veemenza contro l’applicazione del protocollo ILE. I membri del movimento Salvar las dos vidas (Salvare entrambe le vite, NdT), prima di tenere presente le leggi vigenti e i trattati internazionali a cui ha aderito l’Argentina, danno la precedenza alle proprie convinzioni religiose. La situazione della giovane di Jujuy è un altro caso di rivittimizzazione che subiscono le donne per mano dei funzionari pubblici in ambito sanitario, causato dalla mancanza di pratiche, dalla violenza istituzionale e, in questo caso dall’imposizione del parto chirurgico che ha avuto come esito la morte della bambina nata dalla minorenne. Secondo l’articolo 86 del Codice penale, la negazione del servizio e i ritardi nell’applicazione dello stesso sono definibili come delitti di tortura.
“Il racconto dell’ancella” non è una distopia
Una gravidanza nel corpo di una bambina di 12 anni è una situazione a rischio; inoltre quando un neonato nasce prima dei 9 mesi vengono somministrati corticosteroidi affinché il suo sistema respiratorio finisca di svilupparsi. Situazioni che servono al patriarcato per utilizzare i corpi delle gestanti come incubatrici. “Una famiglia importante di Jujuy è interessata ad adottare il neonato”, ha detto alcuni giorni fa il Governatore Gerardo Morales a qualche mass media. Gli interventi medici che in questi casi subiscono le gestanti assomigliano ai processi di medicazione e intervento (anch’essi tortuosi) che subiscono gli animali nelle aziende dedicate alla commercializzazione degli alimenti.
Tra altre organizzazioni dissidenti e femministe, il movimento femminile la Campaña por el Derecho al Aborto Legal Seguro y Gratuito (la Campagna per il diritto all’aborto legale, sicuro e gratuito, NdT) reclama apertamente e tramite comunicato del 20 gennaio che vengano date garanzie sul protocollo ILE, così come l’implementazione dell’educazione sessuale integrale (ESI) in tutte le scuole della provincia dove è censurata e ovviamente il ricorso a vie giudiziarie per quanti ostruiscono e negano tali diritti alle gestanti che sono doppiamente violentate dal sistema patriarcale dello Stato.
Fonte
Magazine: Nómada
Articolo: Niegan derecho al aborto a niña de 12 años y a cambio le practican peligrosa cesárea
Autrice: Natalia Andrea Mera Sandoval
Data: 24 gennaio 2019
Traduzione a cura di: Elisa Sanguineti