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Non so cosa devi fare, ma, maschio, tocca a te
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Non so cosa devi fare, ma, maschio, tocca a te

di Anto Caruso

Che sul femminicidio si invochi una presa di posizione degli uomini etero può sembrare ovvio, ma in Italia ha l’effetto dirompente di un gavettone mezzo vuoto.

A differenza di tutti gli altri gruppi sociali, gli uomini eterosessuali non si sono dovuti definire mai, né per contrasto – «Sono un uomo etero, perché non sono omosessuale/donna/mousse-al-cioccolato» (che poi si neghi strenuamente un’omosessualità è discorso altro e tragico) – né per autodeterminazione – «Sono un uomo etero, perché credo nell’amore e nel rispetto del creato e delle donne, che io amo in quanto eterosessuale».
Semplicemente, essi vivono.

Avere un raptus omicida non è una giustificazione; essere gelosi non è una giustificazione; non essere in grado di gestire un conflitto emotivo interiore, che sia un rifiuto, un comportamento considerato fastidioso o anche la scoperta che la donna con cui si usciti è una trans, non è una giustificazione.
Se questi signori hanno le capacità di elaborazione emotiva di una vite spanata, sono loro a doversi preoccupare di risolvere – e “risolvere non significa “reprimere” – il problema (sempre che si accorgano che ci sia un problema, prima di uccidersi).
Non è un problema delle mogli; non è un problema delle madri; non è un problema delle fidanzate.
L’educazione sentimentale degli uomini è un problema degli uomini.

Per questo, con la petizione “#seseiunuomofirma” , lanciata dall’avvocata Lucia Annibali e dalla deputata PD Alessia Morani, è l’ennesima volta che le donne si prendono in carico la questione, incitando gli uomini a firmare, fare qualcosa, qualsiasi cosa. Hey maschi, ora tocca a voi.

Un appello che ha dalla sua una chiarezza di intenti e un’assoluta vacuità concreta. Si parla di una “rivoluzione culturale”, di creare una “rete di uomini”, di “educazione”, di “scesa in campo”, e lo strumento utilizzato è una raccolta firme, in cui una firma consiste più in una “presa visione” che in un cambiamento.
Dove sono gli strumenti offerti a questi uomini per aiutarli in questa immensa rivoluzione antisessista?
Se questa è la politica antisessista del PD, cara la mia Annibali e cara la mia Morani, non ci siamo proprio, anche perché, se sei capogruppo alla Camera, non puoi usare una petizione on-line come strumento politico. Sei in Parlamento apposta.

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Anche l’immagine utilizzata per la campagna è l’ennesima di una donna malmenata. Un appello agli uomini rappresentato da una donna. Una donna truccata per rappresentare una versione emotivamente sostenibile, quasi cinematografica, fin troppo simbolica e pacata (anni luce distante dall’immagine di Federica De Luca, diffusa dalla famiglia) della violenza.
Dov’è l’uomo interpellato?
Perché quella donna, probabilmente una modella (quindi già in sé spersonalizzata), deve simboleggiare una donna generica? Perché deve diventare metonimicamente tutte le donne e perdere la specificità individuale?
Ma soprattutto, perché usare ancora una volta la donna come vittima, seppur vagamente assertiva e affranta, con quella mano in primo piano che sembra (sembra) voler dire basta?

Si fa ancora una volta il gioco dei giornali, che scelgono foto di donne in sottoveste rannicchiate a terra, tremanti, che sottolineano cosa lei abbia fatto per meritare la morte (“È andata al mare da sola”, “L’aveva lasciato”, “Era troppo curiosa”, “Ha perso l’aereo”, “Non mi diceva chi era mio padre”, “Non avevano avuto figli maschi”), quanto lei fosse bella, quanto lei fosse madre, quanto lei, la vittima, in sostanza fosse donna.

È una fortuna che a molti – anzi, diciamo a una manciata – di uomini non stia bene essere rappresentati come delle bestie senza controllo, e che si siano già mossi in maniera ben più concreta di una petizione o di una Giornata Nazionale che sensibilizza e lenisce nel giro di una sigaretta.
Parlo di gruppi di condivisione e confronto, formazione nelle scuole, nelle istituzioni, nelle casermette delle forze dell’ordine, nella stampa, parlo anche di centri dedicati agli uomini autori di violenza.

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