Articolo di Elena Russo
In questi giorni si parla molto di Famiglie Arcobaleno. Giuseppina La Delfa, socia fondatrice dell’associazione, racconta in una trilogia le lotte e le conquiste per sconfiggere un’invisibilità imposta.
16 maggio 1982 – sulla distesa grigiastra di una spiaggia di Mesnil – Val, in Francia, una giovane coppia appena formata, si affaccia all’alba della propria vita. Come in una bolla, appare leggera e lontana da tutto il resto. Nulla potrebbe rovinare quegli attimi, tranne un unico dispiacere espresso a cuor leggero: “Peccato però che non avremo mai figli”…
Com’era essere una giovane omosessuale quasi 40 anni fa? Quando gli occhi di Giuseppina incontrano quelli di Raphaelle non c’è spazio per le domande e le paure. “Eravamo innamorate l’una dell’altra. Era talmente ovvio e forte che non si poteva discutere”. E così tra nuove scoperte ed emozioni sono passati 36 anni di amore, di lotte e di conquiste, di scontri ed incontri, 36 anni in cui il mondo (per fortuna) un po’ è cambiato e molto lo dobbiamo anche ai protagonisti e all’autrice di questo romanzo.
Si tratta di Giuseppina La Delfa, da sempre in prima linea per i diritti: nel 2005 ha fondato l’Associazione Famiglie Arcobaleno di cui ne è stata Presidente per 11 anni. Attualmente è Vicepresidente di Nelfa, un network europeo delle associazioni di genitori LGBT+.
Il suo romanzo, Peccato che non avremo mai figli uscito il 17 maggio (Giornata Mondiale contro l’omo-bi-transfobia) edito da Aut Aut Edizioni, è il primo di una trilogia in cui racconta la storia della sua vita, vita che lei stessa descrive “di ribellione testarda e non violenta”.
Due i motivi che l’hanno spinta a scrivere la sua storia: (spoiler allert) per i figli che nel frattempo sono arrivati e per i tanti, giovani soprattutto, che ancora non vivono felici, affinché ricevano un messaggio di speranza e sappiano che siamo in molti oggi, a lottare.
L’elemento indispensabile in questo romanzo è infatti il coraggio. Fin dalle prime pagine veniamo catapultati in un mondo dove è lui il vero protagonista. Il coraggio di essere se stessi, il coraggio di andare contro il volere degli altri, il coraggio di ripartire da zero, di seguire il proprio cuore e la propria strada, anche se questa ti porta a mille miglia da casa.
Proprio per questo Peccato che non avremo mai figli è un libro che arriva a tutti, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale e dal desiderio di essere genitore. Ognuno può ritrovarci qualcosa della propria vita: dagli scontri adolescenziali alle domande tipiche di quell’età, alla lotta per raggiungere l’indipendenza, alla difficoltà di affermarsi nel mondo del lavoro, e poi il mutuo da pagare, gli scontri in famiglia, i sogni e i viaggi finalmente conquistati. Di carattere forte e testardo, fin da bambina Giuseppina ha sempre saputo chi era e cosa voleva, muovendosi abilmente tra sessismo e stereotipi: “Guai a chi diceva che ero un maschio mancato. Ero una femmina e volevo essere libera e forte come i maschi”. In queste pagine possiamo, infatti, toccare con mano quel patriarcato vigente in una famiglia di siciliani immigrati in Francia. Tutto era basato sull’onore e i codici di comportamento, c’era il “tipico padre” e la “tipica madre” meridionale, muri insormontabili ed estremamente freddi. L’autrice sottolinea anche una netta divisione che, fin da bambina, intravedeva tra maschi e femmine: i primi considerati dei cacciatori, sempre alla ricerca di prede da sbranare, le seconde una sottospecie, debole e peccaminosa. E guai a voler uscire dagli schemi, guai a fare domande scomode, per Giuseppina l’unico posto sicuro erano i libri, dove sperava di trovare le risposte che cercava.
Le pagine scorrono velocemente, la lettura è piacevole. Come un flusso di coscienza l’autrice si rivolge al lettore in modo diretto. Peccato che non avremo mai figli è un libro che è a tratti dolce come una carezza, per altri invece, trancia a fondo nella coscienza collettiva. Un’autobiografia, un romanzo di formazione, ma anche un romanzo storico a cavallo tra due mondi: la Francia e l’Italia.
In queste pagine di scontri e battaglie, di coming out sofferti, di porte sbattute e disinformazione, ciò che pesa di più non è tanto l’omofobia, quanto l’indifferenza. In una società in cui essere eterosessuale è l’unica possibilità che ci viene consegnata e il coming out eterosessuale avviene continuamente, qualcuno resta invisibile agli occhi degli altri.
Molti anni sono trascorsi nell’ombra, senza nemmeno le parole adatte a poter descrivere quei momenti. Nel 1975 per la prima volta in Francia, si apre un dibattito pubblico che mette in evidenza l’omosessualità maschile. Quella femminile, invece, non esisteva e non è esistita nel mondo delle protagoniste fino all’avvento di internet, cultore di conoscenza e aggregazione.
E dopo 36 anni, un matrimonio e due figli, ufficialmente riconosciuti dallo stato italiano, cosa direbbe Giuseppina La Delfa alla sé diciottenne, rassegnata a vivere il suo amore tra limiti?
“Le direi che per fortuna il tempo passa, le cose cambiano e quello che era impossibile può diventare possibile. Nella nostra famiglia abbiamo un motto che è: Tutto è difficile finché non diventa facile. Ed è esattamente quello che è successo”.