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Perché le bambole di silicone sono un problema
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Perché le bambole di silicone sono un problema

Pic credit: Zackary Canepari

Le reazioni alla notizia dell’apertura di un “bordello” di bambole in silicone a Torino sono state molte, e cercare di fare ordine può essere utile a capire di più della vicenda. Vicenda che ha dei contenuti sociali e politici molto precisi e interessanti che con moralismi e battutacce hanno davvero molto poco a che fare.

Una prima reazione è il classico atteggiamento di ripulsa, di rifiuto, condensabile nell’espressione dove andremo a finire signora mia.
Il disgusto, anche se spontaneo, non è però una posizione politica né concettuale, e rimane una reazione ormai molto in ritardo.
Quella che ha aperto a Torino è una sede in franchising di un’azienda molto grande; stiamo commentando un fenomeno periferico di qualcosa che è ormai accaduto altrove e tempo fa. Le aziende che producono “bambole in silicone” sono ormai decine, usano tecnologie raffinate, fatturano molte migliaia di dollari e danno lavoro a molte persone. Girare la testa dall’altra parte sarà pure una reazione naturale, ma non incide né nella discussione né nella realtà del fenomeno né sulle conseguenze che il fenomeno ha sulla realtà. Non parliamo di un bizzarro e scabroso passatempo venuto in mente a personaggi inquietanti, ma di una industria. Anche culturale – vedremo poi perché.

Molte e molti commentano invece adottando una linea di comprensione e spiegazione di marginalità: sostengono più o meno apertamente che sia roba da malati.
In effetti, molte delle aziende che producono queste “bambole in silicone” spiegano che sono un ottimo sistema per uscire dal problema dell’eiaculazione precoce, e non abbiamo motivo per dubitarne.
Molti e molte però spingono la loro opinione più avanti, immaginando che queste bambole possano essere una soluzione per quegli uomini che non riescono, per i più vari motivi, ad avere una vita sessuale. Non è chiaro a chi si riferiscano – diversamente abili? Incels? “Brutti”? – ma certamente è chiaro che pochi e poche si rendono conto del significato sociale di questa posizione in merito, che si può sintetizzare così: invece di sforzarci a creare le condizioni per un mondo nel quale chiunque può viversi in pace il proprio desiderio sessuale, all’interno di una cultura del consenso, si crea una sorta di “finzione” per aggirare il problema, e dare una soluzione semplice ed economica a cose imbarazzanti, complesse, solo apparentemente marginali. Marginali finché non scoppia un’altra polemica sulla figura del(la) lovegiver o finché un altro incel non fa una strage apparentemente inspiegabile, dimostrando che di malato c’è solo l’atteggiamento indifferente verso certi problemi sociali.

Altri e altre vogliono difendere una scelta, che certamente non è un crimine, dicendo sono solo sex toys, non c’è niente di male. Senza dubbio sono sex toys, e senza dubbio non è reato usarli né creare aziende che li mettano a disposizione di chi vuole solo usarli e non comprarne uno. Quello che però mi sembra poco chiaro in chi risponde una cosa del genere è che in Italia le persone consapevoli di cosa sia un sex toy e che siano libere di usarne uno nel rapporto col proprio corpo o insieme a quello del(la) partner sono davvero ancora molto poche. In questo senso, magari avesse aperto la sede a Torino con l’idea di sbarcare nel mercato dei sex toys. Vorrebbe dire che in Italia c’è un numeroso pubblico di persone così a posto con la gestione del proprio desiderio e così equilibrate nel rapporto col proprio corpo che si permettono un sex toy da soli o in compagnia con la stessa facilità e spensieratezza con la quale si concedono un cinema o un aperitivo. Altro che bordello, sarebbe un mezzo paradiso del divertimento e della consapevolezza di sé. Purtroppo però i numeri del commercio dei sex toys, pure in aumento continuo, ancora non parlano di una diffusione popolare e massiccia; e anzi molti e molte ancora raccontano che il loro sex toy se lo devono tenere ben nascosto e non raccontarne niente a nessuno.
In più, io credo che ci sia qualcosa di cui parlare che va un poco oltre la dimensione del sex toy, quando quest’ultimo passa dall’essere fatto più o meno in questo modo:

all’essere fatto in quest’altro modo:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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o no? O forse – ci torneremo più avanti – è il caso di impostare una discussione sociale sensata non su a che cosa servono questi oggetti, ma su che cosa rappresentano questi oggetti?

Per esempio, per molte persone, soprattutto donne, questi oggetti sono la soluzione di un grosso problema. Molte e molti sostengono che grazie alle “bambole di silicone” molti uomini la finirebbero di molestare le donne, smetterebbe la prostituzione e le donne starebbero in pace.
Ora, a parte che stanno già fioccando le autorevoli opinioni per cui questo tipo di sex toy non farebbe altro che “allenare” meglio stupratori e pedofili, rimane da dimostrare il fatto, piuttosto improbabile, che il silicone permetterebbe di stroncare la tratta internazionale delle donne. Questa piaga criminale che alimenta lo sfruttamento della prostituzione in tutto il mondo dovrebbe subire un danno dalla diffusione delle “bambole di silicone”? E perché mai?

Non si capisce per quale motivo un abituale cliente di prostituzione dovrebbe sostituire il suo consueto esercizio di potere su un corpo femminile con quello su un oggetto artificiale. Premesso che quest’ultimo potrebbe semplicemente non piacergli – malgrado l’economicità e l’assenza di rischi legali – rimane da capire perché qualcuno dovrebbe rinunciare a esercitare un potere sostituendolo con un altro invece di esercitarli tutti e due. Sono già stati registrati casi di clienti di “bambole in silicone” che le maltrattano, le rompono, le distruggono, e non accidentalmente ma perché pensano che pagando ne hanno il diritto. Né più né meno di quello che testimoniano molti clienti della prostituzione di strada. In più va ricordato quanto lo sfruttamento sessuale del corpo femminile sia un’idea tradizionale, storica, “normale” perché presente da sempre nella storia sociale. Un recente articolo di Francesca Melandri lo racconta molto bene. Non si capisce poi quale danno economico riceverebbero i criminali che fanno tratta da un sostanziale aumento di un’offerta che non è in concorrenza con la loro.

Rimane il fatto, già accertato, che la maggior parte dei clienti di queste aziende siano uomini, anche se tra i servizi offerti ci sono “bamboli” per lei. Che tipo di immaginario sessuale ha un uomo che prova piacere nel fare sesso con un oggetto che rappresenta fedelmente il corpo di una donna? La risposta è molto semplice: un immaginario maschilista.

Secondo lo stereotipo maschilista, la donna ideale ha un corpo sodo, tonico e delle misure desiderate, è muta, sempre disponibile a fare sesso, non invecchia, non esce di casa, è sempre vestita in maniera provocante, pronta a subire qualsiasi volontà del suo compagno.

Non è difficile vedere, in questa descrizione, esattamente la definizione di una sex doll come quelle messe a disposizione a pagamento a Torino. Non solo: secondo questa definizione maschilista, una sex doll è una donna, mentre gli esseri umani di sesso femminile no. Il successo commerciale di queste “bambole” non deve quindi stupire affatto, perché continua quella linea di offensiva maschilista al corpo delle donne dal punto di vista estetico, dei piaceri, che dal punto di vista politico è già in atto da tempo combattendo per esempio il diritto all’aborto, il diritto al sex working e ogni altra possibile libertà delle donne di disporre del proprio corpo. Una linea di questa lotta maschilista è appunto la negazione dei diritti di quei corpi; un’altra linea sembra essere la loro sostituzione nel piacere, come anche si sta paventando nella riproduzione (lo sapete, vero, che manca molto poco alla creazione dell’utero artificiale?).

Come per ogni altra situazione critica raccontata dai femminismi, anche di fronte al dilagare commerciale delle sex doll gli uomini – nel senso proprio di “maschi etero” – hanno di fronte un bivio. Possono liberarsi da un’immagine di potere legata al sesso, imparando a usare un sex toy per quello che è: un gioco divertente di liberazione del proprio desiderio – oppure continuare a usare quell’immagine di potere sessista nella sua ennesima diversa raffigurazione, sempre più “fedele alla realtà”, usando anche un giocattolo di silicone per imporre una sessualità schiacciata dallo stereotipo maschilista.
Sarebbe il caso di parlarne più spesso, e più sensatamente, proprio tra uomini.

Piccola bibliografia
Sul legame tra incels, misoginia, web e “diritto al sesso” cfr. Alessandro Lolli, “La guerra dei meme”.
Per i dati sulla prostituzione, le definizioni e le informazioni riguardo il fenomeno cfr. Giorgia Serughetti, “Uomini che pagano le donne”.
Una bella ricognizione dell’immaginario maschile e maschilista, visto da “l’altra parte”, è “La libertà difficile delle donne” di Graziella Priulla.
Per chi ancora avesse dei dubbi sull’esistenza del maschilismo e del patriarcato, e sul loro funzionamento, cfr. Chiara Volpato, “Psicosociologia del maschilismo”.
Tutti i testi qui citati contengono ampie bibliografie per chi volesse ulteriormente approfondire.
View Comments (13)
  • Ciao,
    Io credo proprio che la chiave stia in quello di cui tu accennavi: la cultura in generale legata al sesso. In questo paese, in particolare, le persone non possono vivere a pieno e in modo soddisfacente la propria sessualità. Questo crea frustrazioni e può creare la volontà di sfogarsi nei modi peggiori come tutti sappiamo. C’è poi la cattiva educazione sociale e umana oltre che sessuale che è figlia di una repressione e stigmatizzazione della sfera sessuale umana spesso protratta da giustificazioni pseudo religiose. Se iniziassimo tutti, a partire dalle donne, ad essere liberi di vivere la sessualità come meglio crediamo e serenamente probabilmente ci sarebbero anche più uomini soddisfatti e appagati che non avrebbero bisogno di sfogare frustrazioni. La volontà di imporre potere su un altro essere umano sarà sempre presente nell’uomo ma l’educazione familiare in questo caso, forse, potrà fare qualcosa. Insegnare l’educazione sentimentale non può essere lasciata da parte nella formazione di una persona!

  • “Che tipo di immaginario sessuale ha un uomo che prova piacere nel fare sesso con un oggetto che rappresenta fedelmente il corpo di una donna?”

    Un immaginario sessuale nel quale nessuno ha diritto di mettere bocca io credo.
    Come nessuno ha dritto di mettere bocca se una donna ha l’immaginario sessuale di prendere a frustate un uomo o indossare una cintura fallica e penetrare un’altra donna…

  • Io sono attratto da donne vere e vive, non potrei mai concepire di andare con una cosa di plastica non capisco chi lo fa e mi astengo dal giudicare. Dico altre cose:essere attratti da corpi sodi e tonici e con determinate misure non ha nulla di maschilista, anche una donna etero può essere attratta da uomini sodi e tonici e anche una donna lesbica può essere attratta da donne sode e toniche, così come un uomo etero può essere attratto da una donna soda e tonica, un uomo gay da u uomo sodo e tinico, è legittimo l’importante è non offendere chi ha altre preferenze. Io sono attratto fisicamente da donne mie coetanee fisicamente belle, snelle non ossutte o formose armoniose più o meno toniche non sono attratto da donne mute, non voglio che si sottomettano a me, non voglio che siano chiuse in casa, mi piacciono i vestiti provocanti ma non li impongo a nessuno, se la mia compagna vuole vestirsi sexy si veste sexy se non vuole no, la mia compagna ideale è libera si veste come vuole per i motivi che vuole. Riguardo ai cosiddetti “incel” e ai “brutti”, il desiderio sessuale non mi da’ il diritto di fare sesso: se sono “brutto” o “poco desiderabile” per qualunque motivo devo accettare che uomini più belli o desiderabili di me abbiano maggior fortuna con le donne, se le donne che mi attraggono sono attratte da altri uomini lo devo accettare. La società non può garantire per legge a tutti una o un partner sessuale: o trovi chi ti vuole oppure no. Fare sesso è una cosa bella ma non è un diritto esigibile, nessuna società può fare in modo che chi non è attraente sessualmente lo diventi per la maggioranza delle persone e non sarebbe neanche giusto, vale per uomini e donne. Una donna ha tutto il diritto di rifiutare un uomo da cui non è attratta sessualmente anche per motivi estetici, così come un uomo ha diritto di rifitare sessualmente una donna per gli stessi motivi. Una donna ha tutto il diritto di desiderare di fare sesso uomini belli e rifiutare uomini brutti fisicamente così come un uomo ha lo stesso diritto nei confronti delle donne. Se rifiuto di fare sesso con te perchè non mi piace il tuo corpo o il tuo viso non ti sto negando un diritto, sto esercitando il mio.

  • È il primo articolo che commento su bossy e lo faccio perché sono deluso. Questo è forse l’articolo più parziale e discriminatorio che sia mai stato pubblicato su questo sito. State prendendo in esame solo alcuni aspetti di una situazione e li girate come vi pare. Il problema di stupri e pedofilia sono gli stupratori e i pedofili! Non chi andrebbe a usufruire di queste bambole di silicone. Altra parzialità: dite che il sogno di dominazione dell’uomo sia figlia del maschilismo e del patriarcato. Invece gli uomini che si fanno sottomettere e le donne che dominano invece sono figli del patriarcato anche quelli? Non è che più semplicemente ognuno ha una sua sessualità e la vive come meglio crede senza che nessuno neghi il suo diritto di usare bambole o persone che vogliono essere usate oppure che la/lo usino? Vi affannate tanto a difendere le libertà sessualità di tutti tranne quando si tratta di feticcio di dominazione dell’uomo sulla donna (del contrario non se ne parla mai dal punto di vista sociale, strano!). Finché si fanno analisi parziali a dei problemi si daranno sempre risposte parziali e fallaci!! Davvero pensate che delle bambole incoraggiano gli stupri? A me sembra una soluzione ridicola. Davvero sono deluso! Do atto a bossy di avermi aperto gli occhi per tanti aspetti, ma più apro gli occhi più mi sembra che voi li teniate chiusi. Mi dispiace se dovessi aver offeso qualcuno in questo commento

  • Mi scusi sig. Gasparrini, ma c’è un curioso (e significativo) controsenso nel suo articolo. Prima si scaglia (giustamente) contro la tratta delle prostitute e poi parla del diritto delle donne a fare le sex worker, cosa su cui sono assolutamente d’accordo tra l’altro…

    Ora, sorvolando sul fatto che solo il 3% della prostituzione viene esercitato sotto forzatura (ci sono diverse indagini che hanno fatto emergere questa realtà, se vuole le fornisco anche i riferimenti) tornando al discorso bambole beh… Inquadrare questa novità nella solita lamentosa ottica femminista mi sembra un’enorme forzatura.

    Non può essere invece una semplice evoluzione dei sex toys, che esistono da due vite e i cui principali fruitori sono, tra l’altro, proprio le donne? Sembra sia diventato di moda trovare sempre la scusa di attaccare il genere maschile con qualsiasi scusa, anche per cose parecchio frivole come una bambola di gomma…

  • Che enorme cumulo di idiozie e balle.
    Ognuno faccia il sesso che vuole e come lo vuole, nel rispetto del prossimo.
    L’unico qui che sembra avere problemi è l’autore dell’articolo.

  • Vi ringrazio per l’interesse mostrato verso l’articolo, non è mai scontato. Qui di seguito qualche risposta:

    per Damiano:
    Invece il diritto di mettere bocca ce l’ho, come tutti e tutte, quando esistono fenomeni storici, sociali e commerciali che vogliono alterare, indirizzare, influenzare e sfruttare quell’immaginario. Non è un problema individuale, se ancora non ti fosse chiaro: cosa fai tu del tuo sesso non m’importa nulla; cosa vuole fare un’industria con i desideri di migliaia di persone sì. Ma non è obbligatorio occuparsene.

    per Davide (il secondo):
    Davide, non hai offeso nessuno: semplicemente, non hai letto bene l’articolo. L’opinione su “stupratori e pedofili” non è mia, come detto chiaramente, e adesso c’ho messo anche un link. “Ognuno ha una sua sessualità” è una banalità vaga che certamente è vera: il problema di chi studia questi fenomeni sociali è capire come si forma quella sessualità, perché non ce l’abbiamo nel DNA, è imparata culturalmente. Infatti, è patriarcato anche quello esercitato dalle donne, se assumono ruoli abusanti (non lo dico io eh, c’è una letteratura a riguardo. Adesso ho messo nell’articolo anche una bibliografia). “Del contrario” si parla eccome, informati meglio (sempre attraverso quella bibliografia, per esempio). Bossy è nato per informarsi anche delle cose che non piacciono, perché così si “crea cultura insieme”. Mi dispiace se ti ho offeso dandoti delle indicazioni per saperne di più.

    per Gordon:
    vero Gordon, imparerò da te il “nel rispetto del prossimo”. Per esempio dicendoti che hai un problema d’ignoranza.

    per Quozca:
    mi scusi signor Quozca, c’è una significativa imprecisione nelle sue parole. La percentuale che lei cita è fornita da ben noti “riferimenti” che sono studi privi del minimo criterio scientifico. In uno di essi – potrà comodamente rileggerli, visto che dice di averli – si fa dire direttamente alle prostitute se loro sono costrette, e si registra come risposta “libera” il loro “no”. Per qualcosa di più sensato le ho lasciato indicazioni in una piccola bibliografia all’articolo che ho aggiunto. Per quanto riguarda i controsensi, sempre tramite la stessa bibliografia potrà apprendere che la tratta e il sex working non sono sinonimi. Il controsenso esiste solo se si conoscono le cose superficialmente. Per quanto riguarda la forzatura, me ne occuperò non appena si smetterà di considerare veritiera la forzatura che i femminismi siano un “attacco al genere maschile”.

  • la ‘morale’ dell’articolo è che le doll servirebbero a perpetuare la logica maschilista del dominio del corpo femminile, ma la conclusione logica (basandomi solo su questo articolo) è che le doll non influiscono in tal senso, né in positivo né in negativo, giacché un sex toy a forma di persona rimane sempre un sex toy e non ha il potere di cambiare la concezione sessuale di chi ne usufruisce. questo errore logico però è giustificabile perché l’errore da l’autore è partito acriticamente è che si tratti di un ‘bordello’ (termine che hanno usato i giornalisti per fare scena), in realtà si tratta solo dell’affitto di un sex toy pregiato, che dati i costi proibitivi può essere acquistato da pochissimi

  • Frenk, l’articolo non ha nessuna morale perché chi parla di questi argomenti la morale se la tiene a casa sua – l’errore logico non è certo il mio.
    Potresti impegnarti un po’ meno nei giudizi sommari e di più nella lettura attenta: l’articolo vuole far notare che “usati così” quei sex toys non possono che continuare a diffondere maschilismo, perché sono proposti nel modo e nel tempo tipico del vecchio “bordello”. Quindi non s’ è capito né 1) che c’è da cambiare il modo di pensare ai sex toys 2) che c’è da cambiare il modo in cui gli uomini pensano ai sex toys. Le due cose su cui l’articolo cerca di aprire una discussione.
    Comunque tranquillo, migliaia di altre persone lo hanno letto bene, possiamo fare a meno della tua opinione sbagliata. Ah, sulla possibilità di acquisto da parte di pochissimi, ti consiglio di informarti: questo tipo di sex toys sta avendo un successo commerciale clamoroso, e non perché qualcuno le compra per “affittarle”.

  • Io sono sconcertato da quante parole hai messo insieme per esprimere il tuo pensiero su un argomento che ha un’importanza relativa nella società stessa, a meno di volerne fare un mezzo di propaganda sociale.
    Una provocazione…ad esempio le donne usano il vibratore, anzi i vibratori, sempre più diversificati… mai sentito dire che sono MALATE o che hanno problemi sociali.

    Io non credo che il crimine subirà delle perdite economiche con l’avvento delle sexi doll come non credo che ci saranno delle riperscussioni sociali tali da migliorare la vita o peggiorarla, abbiamo già i socialnetwork che la fanno da padrone; io dico che si tratta solo di giocattoli come lo sono i vibratori niente di più e niente di meno.
    Ma solo il tempo ci darà le risposte che cerchiamo.

    Tu hai scritto la tua e io mi sono limitato a risponderti dicendoti la mia il resto è storia.

  • Federico, non so da quanto tempo ti occupi di questi problemi sociali, ma la storia non è “il resto”: la storia è che invece questi sono problemi sociali. Eviterò di postare una bibliografia in merito perché “tu hai scritto la tua”, e se ne deduce che non te ne frega poi molto. Dopotutto, l’attenzione con cui hai letto l’articolo si capisce dal paragone tra dolls e vibratori che ho esplicitamente messo a tema.
    Pazienza, tanto per te “sono giocattoli niente di più e niente di meno”. Come le opinioni, no?

  • Sono una di quelle persone che crede fermamente nell’utilità di questi oggetti. Non credo invece nel sex working: è la storia di una parte del femminismo ultra neolibertario che si arrende al capitalismo e ritiene che i corpi siano un capitale economico da sfruttare. Presto magari anche gli organi e il sangue, come in Thailandia. E, guarda caso, è un tema che trova d’accordo la maggioranza degli uomini, se non la loro totalità, soprattutto i non femministi, i misogini, i fascisti, chissà come mai: pronti a battersi il petto per rivendicare la ‘libertà’ di una donna di essere ciò che è sempre stata: una pu–ana. E se non lo vuoi essere lo sei comunque, oltre ad essere una nazifemminista. Mi spiace, ma ho raggiunto questa convinzione dopo anni di letture e riflessioni. Mi spiace, non voglio togliere parola ad altri femminismi, magari sono io una str–za, ma non mi riconosco in questo, e non posso farci nulla. O meglio, prima pensavo che fosse questo il mio femminismo, poi però, siccome ho il brutto vizio di leggere e informarmi, l’ho fatto… e ho trovato altro da ciò che pensavo. Ho letto tanto sul tema e ho comprato il libro che propone. Ho letto anche statistiche e le parole dell’autrice in altri articoli e, come immaginavo : – non ritiene sbagliata la recente sentenza della Consulta sulla validità della legge Merlin (che, ricordiamoci, vieta lo sfruttamento e non la prostituzione in sé, ha liberato e dato dignità alle donne in un periodo in cui vi era la massima espressione della dicotomia santa/pu–ana) – denuncia i problemi che la liberalizzazione per chi è forte (escort e gigolò) porterebbe a chi forte non è, in un effetto a cascata. Sulla percentuale del 3 % rido per non piangere. In paesi ‘civili’, come Germania e Olanda, l’esperimento è finito malissimo: ci sono studi che testimoniano come legalizzare porti ad aumentare tratta e abusi, oltre a cementificare la visione della donna come un oggetto, da abusare a piacimento perché tanto si è pagato. Legalizzazione che non è manco ciò che è chiesto dai collettivi di sex worker. Ho letto le storie, drammatiche, di tante donne, costrette da una miseria nerissima, che noi manco sappiamo, che vengono ritenute ‘volontarie’ perché la pistola fisica puntata alla testa non ce l’hanno. Quella metaforica, di fame e disperazione, non la vede mai nessuno. Ci sono studi che testimoniano il grado di violenza, abusi, disperazione che quel mondo comporta. E ci sono le testimonianze di chi quell’inferno l’ha vissuto, e io non posso ignorarle. Certo, c’è chi lo fa di sua scelta, perché la scelta può farla davvero. Se scelgo tra un lavoro d’ufficio con la paga giusta e un sito di escort, sto scegliendo. Se invece devo scegliere tra morire di fame, un lavoro malpagato, e prostituirmi… eh, forse tanto scelta non è. Ho letto anche le storie di tante donne trans, costrette da una società che le vuole solo in tale veste. Consiglio i documentari su Cielo, che ben rappresentano tutte queste realtà, se le si vuole vedere. E io ho scelto: ho scelto di stare dalla parte di chi non può scegliere. Non dubito vi sia chi si prostituisca per scelta, non giudico nessuno -perché dovrei farlo?- ma io sto dalla parte di chi non può scegliere, e credo che un regime dei paesi nordici, che punisca il cliente delle schiave, sia la strada da seguire. Con accorgimenti, ma credo che lì si debba andare a parare. E’ tempo che chi fa del male, chi si rende complice di abusi, chi crede che ‘siccome pago, posso fare ciò che voglio, perché tanto le donne sono tutte puttane, e quella che paghi meno è quella che paghi subito’ venga punito e rieducato, soprattutto. Ho letto i siti di recensioni di prostitute: vi ho trovato odio, misoginia, violenze, abusi di ogni genere. Dubito fortemente che tali uomini siano interessati a sofismi femministi, al concetto di consenso e simili. Senza contare che mi chiedo: un consenso che è dato perché è pagato, perché altrimenti non ci sarebbe, è un vero consenso? E che ne facciamo del rapporto paritario, anche occasionale, che può sorgere tra due persone libere? Davvero nel 2020 siamo ancora a questo punto? Dicono che la colpa è sempre delle donne, che rompono troppo i cog–oni, che non stanno zitte, che non stanno al loro posto, che non la danno abbastanza, che non stanno a disposizione. Mi chiedo quando finirà tutto questo. E io, umilmente, credo che queste bambole possano aiutare. Chi ha fantasie violente, potrà sfogarsi in questo modo. Senza trovare e pagare una poveraccia per riempirla di lividi. Magari verrà arginato. Inoltre, un tale oggetto -perché di questo si tratta- se ben modificato potrebbe dare vera e reale autonomia ai disabili. Certo, hanno ragione anche gli esperti, forse potrebbe portare chi ha strane idee a intensificarle, ma magari per altri potrebbe portare a non sentire più il bisogno di umiliare un essere umano in carne ed ossa. Chissà. Lo spero.

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