GENERE: “La condizione di essere maschio o femmina (tipicamente usata con riferimento a differenze sociali e culturali piuttosto che biologiche)”.
Se cerchiamo oggi la definizione di “genere” nei dizionari troviamo la descrizione di un concetto binario che prevede soltanto due opzioni rigidamente prefissate, maschio o femmina. Una rappresentazione statica e monolitica.
Dove vanno a finire gli altri generi, il gender spectrum e le diverse possibilità di rappresentare genere e sesso, in un modello di essere umano più autentico e variegato?
Sembra che non ci sia spazio per nessuna di queste altre rappresentazioni dei generi nei dizionari, finora.
“Bossy” potrebbe essere davvero utile per aggiornare i dizionari, e non solo per questo: è una piattaforma per creare uno spazio per riflettere, agire e interagire. Un mezzo per supportare un processo di cambiamento che parte dal basso.
Ma perché il costrutto di genere dovrebbe essere al centro delle nostre riflessioni, azioni e interazioni al giorno d’oggi? Non è già stato detto tutto quello che c’era da dire sull’argomento?
Crediamo che la discussione sia ancora aperta e che anzi, vada ampliata. Continuamente.
Perché? Ecco tre validi motivi:
1. È arrivato il momento di abbandonare una visione essenzialista del genere, che considera le categorie maschio/femmina come ‘fatti immodificabili’ e ‘la vera natura delle cose’, per abbracciare una visione del genere come costruzione sociale. Il genere è infatti un costrutto dinamico e in costante evoluzione, che si modifica attraverso i comportamenti delle persone, i loro atteggiamenti e le esperienze quotidiane. Le categorie di genere che conosciamo oggi, così come i ruoli di genere e le aspettative in base al genere, sono diverse da quelle che erano in passato, e di sicuro sono altro da ciò che saranno in futuro.
Le idee condivise rispetto al genere non cambiano solo nel tempo, ma anche in base alla cultura di appartenenza.
Attraverso l’identificazione, l’osservazione e il confronto delle idee che circolano rispetto al genere in periodi storici e paesi diversi, è possibile dare voce a modi differenti di essere uomini e donne, e offrire quella varietà di modelli di ruolo che a oggi scarseggia.
2. E’ tempo di abbandonare l’ideologia della “differenziazione” che considera uomini e donne essenzialmente diversi (posizione tradizionalista) e l’ideologia della “non-differenziazione”, per cui uomini e donne sono considerati sostanzialmente simili (posizione non tradizionalista), per abbracciare il concetto di “diversity”: riconoscendo che tutti gli individui sono diversi, unici e che, come tali, devono godere di pari diritti.
3. Quest’anno si è sentito parlare molto di femminismo, sia a favore, sia contro: dalle celebrità che si sono autodefinite femministe (come Beyoncé che cita Chimamanda Ngozi Adichie), al movimento “women against feminism“.
Come esperte di genere, riteniamo che la strada da percorrere sia ancora lunga.
E’ arrivato il momento di chiarire che parlare di genere non equivale a parlare solamente di donne e di problematiche femminili.
Significa invece parlare di donne, di uomini e delle 50 sfumature di genere che incontriamo nelle nostre vite.
Significa individuare le somiglianze e le differenze tra i generi e dentro ai generi.
Significa parlare di diritti umani.
Abbiamo bisogno di progetti in grado di supportare l’idea che il genere non è una “roba da donne”, ma un qualcosa che riguarda tutti e tutte ogni giorno, e che dunque, dovrebbe meritare l’attenzione di tutte e tutti.
Siamo sicure che un progetto come “Bossy” saprà proporre modalità diverse di essere uomini e donne, distanti dagli stereotipi che troppo spesso ci limitano nei nostri comportamenti, atteggiamenti e percorsi di carriera.
Anche voi però dovrete fare la vostra parte e iniziare a riflettere, agire e interagire.
So let’s be Bossy, together.
Elisabetta Camussi e Alice Gritti
[Elisabetta Camussi è Professoressa associata di Psicologia Sociale all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, dove insegna nel corso di “Psicologia Sociale delle differenze e delle disuguaglianze”.
Alice Gritti è una psicologa sociale specializzata in gender studies e cooperazione internazionale. Ha recentemente ottenuto un dottorato di ricerca in Psicologia Sociale presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
Insieme hanno collaborato a numerosi progetti di ricerca sul genere, tra cui progetti sulle storie di nascita, sulla rappresentazione del corpo femminile e sull’identità di genere nei/nelle bambini/bambine.]