Articolo di Eugenia Fattori
Nell’era dei social network e delle testate online, ci sono due modi per misurare il successo di una serie TV: i dati di visione (siccome nell’epoca delle piattaforme streaming parlare solo di ascolti è riduttivo) e la quantità di conversazione online che riesce a generare dopo o durante la messa in onda, specialmente se si tratta di un appuntamento settimanale e non di un unicum da vedere facendo binge-watching.
Anche se spesso la produzione e il marketing ci provano, non sempre la conversazione online sui prodotti mediali può essere guidata, anzi spesso va verso strade che chi li ha creati non aveva neppure immaginato, come successe con “Game of Thrones” e i meme con lo screenshot del povero Joffrey morente durante il Purple Wedding, oppure con le tantissime citazioni in dialetto napoletano tratte da Gomorra che hanno popolato i social per anni.
Nel caso di “L’Amica Geniale” una promozione molto classica, basata quasi esclusivamente sull’appeal da melodramma in stile RAI e probabilmente pensata per il pubblico tradizionale del canale, è stata surclassata da discorsi critici che ne sottolineano la natura molto più complessa di affresco sulla storia italiana del Dopoguerra, visto da una prospettiva femminile e ritratto della napoletanità e del sud; un “Gomorra delle femmine” come la critica Marina Pierri l’ha acutamente definito. Una visione critica che ha molto in comune, ovviamente, col discorso che si è fatto sui libri di Ferrante su cui si basa la serie e che le hanno procurato già in partenza una fanbase informata e appassionata alla storia e alle sue protagoniste.
Ma se l’amore per Lila e Lenù è riuscito brillantemente a passare dalla pagina scritta al prodotto audiovisivo (anche grazie alle due giovani, ottime interpreti), così ha fatto anche l’avversione per altri personaggi, in particolare quello che anche quest’anno è riuscito a scatenare un odio social così viscerale che merita di essere analizzato: Nino Sarratore.
Se vivete in una bolla social appassionata di libri, per voi questa sarà notizia vecchia, visto che da quasi un decennio la rete ha visto prosperare community di donne votate a comunicare il proprio odio per il “love interest” delle due amiche (esiste persino un Tumblr, Fuck Nino Sarratore, totalmente dedicato alla riproposizione con commento dei suoi momenti peggiori nei romanzi), ma con l’arrivo della serie e il passaggio della storia al mondo delle appassionate di TV, di cui moltissime digiune dei romanzi, il fenomeno si è fatto enorme, transmediale e assolutamente esilarante.
A ogni messa in onda degli episodi e via via che Nino assume una maggiore importanza nelle vicende, Facebook e Instagram si popolano sempre più di status a tema “Nino Sarratore omm’e merda” con corollario di coloriti insulti rivolti a un personaggio che, a dispetto della sua apparenza innocua (rispetto agli uomini violenti di cui il mondo di “L’Amica Geniale” è abbondantemente popolato), riesce a incanalare su di sé le energie negative di un pubblico che si allarga ogni giorno.
È un po’ difficile parlare del perché Nino sia così odiato senza spoilerare futuri sviluppi dei libri: basti però sapere che il suo ruolo è cruciale nello sviluppo dell’amicizia e nel corso della vita di Lila e Lenù e la sua influenza negativa definente in molti momenti cruciali. Ma questo, naturalmente, non basterebbe a spiegare il livore verso quello che in fondo è uno dei maschi più innocui in una serie in cui la sopraffazione di genere, attraverso la coercizione e la violenza, è uno dei temi portanti: sembra impossibile avercela con Nino Sarratore in particolare quando Stefano Carracci picchia Lila con regolarità, il padre e il fratello la ingannano, i Solara sono camorristi e delinquenti e in generale tutto il comparto dei personaggi maschili sembra usare le donne come oggetti utili da maltrattare o blandire a seconda delle necessità, cercando costantemente di spegnerne le energie vitali e intellettuali per tenerle relegate a un ruolo ancillare.
Eppure è proprio Nino, quello che non picchia, che è intelligente, che guarda Lila e Lenù come persone e non come oggetti, ad attirarsi l’odio di moltissime donne contemporanee.
Per spiegare il perché, è necessario fare una premessa: per quanto chi guarda oggi “L’Amica Geniale” si possa immedesimare in un’esperienza femminile di sottomissione forzata che nel corso dei decenni ha cambiato i suoi modi di esprimersi (ma non le intenzioni), la costrizione in casa, un certo tipo di violenza verbale e l’obbligo a una vita domestica per molte spettatrici sono un mondo lontano. Con l’eccezione di quelle che hanno purtroppo sperimentato queste cose sulla propria pelle, oggi questo modello di sopraffazione appare come qualcosa di superato, quantomeno in un contesto di relativo privilegio.
Probabilmente è questo uno dei motivi per cui Nino Sarratore è l’individuo che più ci sembra detestabile in uno scenario di uomini orribili, perché la sua sopraffazione è intellettuale, è subdola, avviene attraverso la manipolazione. Nino tratta Lila e Lenù apparentemente come proprie pari ma in realtà le usa e le manipola per ottenere ciò che vuole e non le rispetta davvero come esseri umani: basti pensare al modo in cui gioca con i chiarissimi sentimenti di Lenù e come approfitta del suo essere più giovane per manovrarla, come tradisce senza nessuna remora la fidanzata Nadia, come la profondità dei suoi sentimenti per loro e per Lila sia carta velina, pronta a cambiare ogni volta che intravede qualcosa di più interessante. Per Nino le femmine sono oggetti che brillano, da collezionare né più né meno che per gli altri maschi della serie, ma – mascherando questa tendenza sotto pretese intellettuali – riesce a travestire le sue intenzioni, passando per migliore solo grazie al fatto che tutt’intorno ci sono solo uomini peggiori.
La grande contemporaneità del personaggio di Nino per il pubblico di riferimento della storia si sviluppa ulteriormente nel corso dei decenni in cui Ferrante segue i suoi personaggi e Nino diventa via via l’emblema di una tipologia di maschio che conosciamo tutte: l’intellettuale opportunista, il “compagno” sessista che inneggia alla rivoluzione sessuale sostanzialmente per avere l’alibi per tradire, il professore marxista che va a letto con le allieve minorenni, il militante di sinistra che parla di parità e poi non lascia spazio alle colleghe, lo scrittore brillante che si avvantaggia del lavoro della moglie dietro le quinte.
Nino è la summa di un fantasma che ancora si aggira, con successo, nel mondo politico, professionale e intellettuale italiano spacciandosi per progressista ma in realtà rappresentando il peggio che la cultura patriarcale possa offrire nel contemporaneo.
O meglio, non certamente il peggio perché abbiamo già detto quanto la visione di chi lo odia sia privilegiata e parziale, ma certamente un peggio che vediamo ogni giorno e che chiunque di noi, prima o poi, ha sperimentato e magari scambiato per un vero compagno con cui avere un rapporto paritario.
Se la forza dei libri di Ferrante e della serie è anche altrove, nella possibilità di darci una prospettiva sulla storia italiana al livello (per ambizioni, e persino migliore per risultato) di “Novecento”, ma mutuata da un rinfrescante female gaze, certamente ha nel triangolo amoroso che si sta delineando in questa seconda stagione di “L’Amica Geniale” il suo fulcro narrativo. Ed è proprio attraverso questo fulcro che si manifesta la straordinaria capacità narrativa di Ferrante, esaltata nell’ultima coppia di episodi dalla regia di Alice Rohrwacher, capace di usare la relazione amorosa per raccontare in una prospettiva storica e sociale i rapporti uomo/donna, tirando fuori un affresco così universale che Nino Sarratore diventa tutti gli uomini che non solo in amore ma anche in amicizia, sul lavoro, in famiglia, hanno cercato di manipolare le donne che avevano intorno, di sfruttare la loro intelligenza, di soffocarle. Aggiungendo poi al danno la beffa del camuffamento e trovando il modo di rifiutarsi persino di prendersi la responsabilità della propria misoginia.
Fuck Nino Sarratore.
Complimenti all’autrice di questo articolo, molto ben scritto e argomentato.
Sono un intellettuale di sinistra, e lo sono stato alla maniera di Nino Sarratore. E non sono stato certo il solo.. Era così.. E spesso con consapevolezza. In sicilia ci si diceva che in verità non si era compagni femministi ma “fimminara”. E voglio che si consideri che li erano anche le radici delle degenerazioni del Partito Socialista. Di un partito pieno di Sarratore..
Giuseppe Cipolla
Il solito maschilista pieno di sé.
La regia non è di Alba ma del suo compagno Saverio Costanzo
Standing ovation
Questa serie mette solo tanta tristezza
Viscido,questo Nino Sarratore,molto più del padre,con l’aggravante(o l’alibi?) della giovane età.
Ho letto i libri e sto vedendo la serie. Ottima analisi di Nino.
Alcuni episodi sono diretti da Alice Rohrwacher
ciao @elena: gli episodi 4 e 5, cui ci si riferisce qui, non sono diretti da Costanzo ma da ALICE (non Alba, che è sua sorella, compagna di Costanzo e fa l’attricce non la regista) Rohrwacher. Dispiace un po’ che Rohrwacher, ottima regista e con più film all’attivo di Costanzo peraltro, non soltanto venga costantemente confusa dalla sorella ma invece di essere la showrunner di una serie che in mano a lei è sbocciata coi due migliori episodi di sempre, debba essere una guest star che in pochi notano. Comunque, è un errore molto comune!
@Giuseppe Cipolla il tuo è un commento che stupisce e fa piacere per autoanalisi. Mia mamma, sessantottina, dice sempre che in Italia (e non solo) si è fatta “la rivoluzione sessuale solo per i maschi”, e sinceramente concordo. Alcune cose non sono per nulla superate purtroppo, e l’intellettuale medio di sinistra è ancora un Nino Sarratore col botto, per fortuna ci sono anche tante eccezioni.
Sei bravissima!
Pienamente d’accordo: Nino è il personaggio più odioso della serie, molto più del padre che tanto criticava e degli stessi camorristi, i quali, pur non meritando giustificazione alcuna per il loro comportamento, sono tuttavia anche vittime del mondo violento cui appartengono, tanto che alla fine pagheranno con la vita le loro malefatte. Nino invece è colto, intelligente, apparentemente persino ingenuo, ma in realtà grandissimo arrampicatore sociale, manipolatore e stupratore psicologico, che usa le donne a suo piacimento, per sfruttare le sue voglie ma anche per arrivare alla scalata al potere. Bugiardo e senza pudore, mette in pericolo le persone, lascia figli dove capita, non si fa scrupolo alcuno a distruggere relazioni e matrimoni per poi fuggire ogni qualvolta deve assumersi qualche responsabilità. Esaminiamo le sue relazioni: si fidanza con Nadia perché di buona famiglia, facendola fanatizzare prima di tradirla e lasciarla; illude Lenu’, cui sentimenti nei suoi confronti gli sono ben chiari, per poi, di punto in bianco, volgere le sue attenzioni verso l’amica, fregandosene che è sposata, spingendola ad una fuga d’amore ed infine abbandonarla; mette incinta una donna a Milano senza riconoscere il bambino, sposa Eleonora, una donna che non ama solo perché ricca, che tradisce in continuazione; infine, non appena è diventata una scrittrice famosa (guarda caso) ricompare nella vita di Elena solo per rovinargliela. Il tutto intervallato da una miriade di altre relazioni sempre mirate ad uno scopo. Alla fine riesce nella sua scalata: entra in Parlamento, viene coinvolto in Tangentopoli, ne esce e continua la carriera politica come se niente fosse. Freddo e calcolatore, è moralmente un perdente, ma formalmente, purtroppo, un vincitore, perché alla fine la spunta sempre, a differenza dei Solara e company che, come detto in precedenza,poi pagheranno con la vita le loro malefatte. Anche per questo è insopportabile: perché non paga mai veramente per le Sue subdole e meschine azioni.
Chère Eugénia Fattori
Je comprend, dans les grandes lignes, votre condamnation de Nino Sarratore.
Mais on ne peut condamner Nino Sarratore sans détester les choix affectifs, professionnels, sociaux et politiques de Elena.
On ne peut détester les choix de Elena sans éprouver de la rage contre l’impasse individuelle dans laquelle s’est enfermée Lila.
Tel est le piège subtil et diabolique que nous tend Elena Ferrante où ne peut s’engager sans voir tomber les choses sacrées : la personnalité, l’amitié, l’école, l’art, l’intelligence…
L’histoire de « l’amie prodigieuse » est une condamnation du fait même de penser au monde sans en même temps vouloir le transformer.
Bien à vous
Michel