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Persepolis: la donna iraniana raccontata in un fumetto
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Persepolis: la donna iraniana raccontata in un fumetto

Va bene, molti di voi probabilmente l’avranno già letto, molti altri, oltre ad averlo letto, avranno anche visto il film che ne è stato tratto. Però ci sarà sicuramente qualcuno che o non ha idea di cosa sia o, pur sapendolo, non se ne è mai particolarmente interessato. Ecco, io voglio scriverne per tutti, per avere un confronto con chi ci ha avuto a che fare, ma anche per farlo scoprire a chi non sa cosa sia e, chissà, magari riesco a far nascere un po’ di curiosità.

Sto parlando di Persepolis, il primo fumetto iraniano mai pubblicato.
Come recita la quarta di copertina della prima edizione integrale pubblicata da Edizioni Lizard “è il 2000, e in Francia sta per scoppiare il caso editoriale del decennio”. Già, perché questa graphic novel autobiografica disegnata e scritta in francese da Marjane Satrapi e pubblicata inizialmente in quattro volumi per poi essere riunita in un’edizione integrale solo in seguito, è stata oggetto di critiche e censure, per molti motivi diversi, ma anche di molte lodi.

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Ma partiamo dall’inizio: chi è Marjane Satrapi e perché ha deciso di scrivere un fumetto autobiografico? La Satrapi, nata e cresciuta per la prima parte della sua vita in Iran, a Teheran, appartiene ad una famiglia che porta avanti idee comuniste e quindi, ovviamente, considerate rivoluzionare e contrarie alla politica dello scià Mohammad Reza Pahlavi, che, accordatosi con gli Stati Uniti, stava cercando di rendere l’Iran la principale potenza del Medio Oriente. A causa del suo regime repressivo, tutti i partiti rivoluzionari si unirono sotto la guida dell’ayatollah Khomeini e con lui iniziarono le azioni di protesta, che portarono all’incarcerazione e alla morte di centinaia di rivoluzionari. Questo portò all’esilio di Khomeini, che però, una volta tornato, assunse di fatto il potere scatenando violente repressioni nei confronti dei membri del vecchio regime, fino a che non venne sancita la nascita della Repubblica Islamica dell’Iran, con il 98% dei voti favorevoli. Inutile spiegare come la cifra non fosse esattamente e veramente quella.

Continua così una vera e propria guerra civile che non risparmia vittime da nessuno degli schieramenti coinvolti, guerra civile che non può che incrudelirsi quando, nel 1980, i confini iraniani vengono attraversati dai soldati iracheni guidati da Saddam Hussein, portando così alla nascita di una nuova e sanguinosa guerra che stremerà il paese per otto anni.

È in questo clima politico che cresce e inizia a formare le sue opinioni la piccola Marjane, che frequenta la scuola francese della città. Formatasi sulle idee rivoluzionarie della sua famiglia, il suo è un atteggiamento prevalentemente di ribellione e indignazione, ma anche di smarrimento. Si chiede perché tutte le donne debbano portare il velo e coprirsi dalla testa a i piedi e non possano vestirsi come preferiscono, il regime le risponde dicendo che “i capelli delle donne contengono dei raggi che eccitano gli uomini”; si chiede se ci sia davvero una così grande differenza tra le classi sociali; inizia a chiedersi, in un periodo di proibizionismo e di quasi totale annullamento dei diritti delle donne, come farà in futuro a frequentare l’università, lei che voleva “essere una donna colta ed emancipata”, lei che aveva il pallino della scienza e voleva emulare Marie Curie.

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Nel 1983, i genitori di Marjane decidono di mandarla a vivere a Vienna, nel tentativo di proteggerla e risparmiarle le crudeltà della guerra e l’ulteriore perdita di persone a lei care.
È così che a quattordici anni la Satrapi si trasferisce in Europa, dove trascorre gli anni dell’adolescenza tra tentativi di integrarsi, contatti con i personaggi più strani e disparati, uso di droghe e abuso di feste. Ma in tutto ciò Marjane inizia anche a fare qualcosa che a Teheran le era proibito dal regime: inizia a leggere, ad informarsi.
Legge quello che è il libro preferito di sua madre, Il secondo sesso di Simon de Beauvoir, legge Bakunin, legge Marx e ne rimane talmente colpita che l’indignazione per quanto sta succedendo nel suo paese diventa opprimente. Marjane cerca anche in Europa di rivendicare le sue origini, la sua patria, la sua provenienza, ma viene sempre in qualche modo repressa e delusa, proprio come le succedeva in Iran.
Così, dopo una serie di tentativi di integrazione falliti e di storie d’amore finite male, Marjane decide di tornare a Teheran. Però, pur sentendosi a casa, fatica a riconoscere le strade e le vie, ormai tutte intitolate ai martiri della rivoluzione. Ma il disagio non è solo suo: infatti i suoi genitori sono i primi a non riconoscerla quando la ritrovano in aeroporto, dopo anni di distacco. Lei è cresciuta, è diventata donna, si è in parte emancipata, ma tutto questo le serve a poco una volta tornata in Iran, dal momento che è di nuovo costretta a portare il velo, a piangere per chi si è immolato per la causa, a cercare amici che sono ormai morti o rimasti invalidi a causa della guerra.

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Una volta tornata, Marjane vorrebbe solo cercare di entrare all’università, fare quello che più le piace, ma anche questo ovviamente è un problema, dal momento che è donna e soprattutto è una donna con una mentalità diversa, più aperta, proprio perché ha conosciuto una realtà diversa da quella di tutte le altre ragazze che la circondano a Teheran.
La situazione sembra migliorare quando Marjane conosce Reza, una ragazzo maturo e responsabile con cui riesce a costruire un rapporto basato sulla reciprocità e sul rispetto, anche se pochi anni dopo, il loro matrimonio si concluderà con un divorzio, come il padre di Marjane aveva già previsto. Ma anche nel rapporto con Reza ovviamente non può non infilitrarsi quello che è lo strascico lasciato dalla guerra: prima di sposarsi, i due ragazzi non possono baciarsi in pubblico, non possono nemmeno camminare da soli in pubblico senza che delle guardie li fermino per sapere quale sia il loro rapporto di parentela.
Marjane si sente sempre più oppressa, non riesce più a far fronte a tutti i divieti e alle restrizioni che le vengono imposti ed è proprio quando riesce ad entrare alla scuola d’arte che il suo animo ribelle esplode in tutta la sua forza.
Per quale motivo io, in quanto donna, dovrei restare insensibile alla vista di questi ragazzi tutti curve e loro, in quanto uomini, dovrebbero invece eccitarsi per i miei cinque centimetri di velo in meno?”. E ancora, rivolta ad una sua compagna di corso: “Puoi spiegarmi perché sarei indecente a far l’amore con il mio ragazzo? Il mio corpo mi appartiene!

È così che Marjane decide di lasciare l’Iran, questa volta per sempre, per trasferirsi in Francia, dove risiede tuttora e dove lavora come illustratrice e scrittrice di libri per bambini. Ed è proprio in Francia che si è ingrandita la sua fama grazie a Persepolis.

Bene, a questo punto, direte voi, che gran barba un fumetto che parla solo di guerra e di repressione e di esplosioni e di mutilati e di morti.
E invece no. Perché la Satrapi ha saputo raccontare una storia tragica, la sua storia, con un tocco di freschezza e di ironia che lasciano sbalorditi e che permettono di leggere l’intero fumetto senza annoiarsi e sorridendo, a volte anche ridendo di gusto. I personaggi della nonna o dei compagni di stanza a Vienna danno un respiro in più a questo fumetto.
Questo non è un fumetto sulla storia dell’Iran, questo è fumetto che parla anche dell’Europa, che fa dei confronti, che rappresenta una donna che cerca disperatamente di sentirsi pienamente donna in qualsiasi parte del mondo si trovi, anche ascoltando musica proibita e seguendo sempre il consiglio della nonna:

“Nella tua vita conoscerai parecchi imbecilli. Se ti daranno dei dispiaceri pensa che è la loro stupidità che li induce a farti soffrire. Questo ti eviterà di ripagarli con la tessa moneta. Perché non c’è nulla di peggio a questo mondo che il rancore e la vendetta… Cerca di mantenerti sempre onesta e degna di te stessa”.

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